Libri. Piccole e quindi grandi rivoluzioni

David fa molte assenze. Non che le faccia per intere settimane, ma ad intermittenza e con una certa costanza, sparse qua e là. Quasi non te ne accorgi. Il lunedì, ad esempio, è uno di quei giorni: quanto è difficile alzarsi alle 7 dopo il week end? Pure il mercoledì, con quelle due ore consecutive di francese che proprio non mi entra in testa, è un giorno no. Il giovedì, invece, c’è educazione fisica, via libera.

È così che David due anni fa è stato bocciato: due, tre assenze a settimana, a macchia di leopardo, e alla fine, a giugno, aveva superato il limite di assenze per la validità dell’anno scolastico.

-“Senti David, ti do questo quadernino. Dentro ci sono scritti i giorni di scuola da domani fino all’8 giugno. Da oggi deve essere questa la tua nuova sfida: non fare più assenze. Per ogni giorno di presenza metterai una firma nella casella accanto al giorno e di seguito ne metterò una anche io”.

-“Va bene prof.”.

È nata così una piccola routine, un semplice gesto, un rito e  un legame che ogni giorno insieme a David costruiamo e nutriamo. Lui viene a scuola, firma il taccuino e quando entro in classe me lo fa firmare. Ieri, dopo la firma, mi ha chiesto se volevo una caramella, una Halls gusto menta forte.

David dice che da oggi non farà più assenze. Forse ne farà ancora, forse no. Quel taccuino e quella Halls sono la nostra piccola rivoluzione, è  il nostro “I care”, mi stai a cuore, mi interessi, avrò cura di te.

Si parla tanto, si parla spesso di riforme, di necessità di rivoluzione e di cambiamenti nella scuola. Ne parlano i ministri, nel loro inafferrabile susseguirsi, ne parla chi spesso ne è estraneo, opinionisti,  intellettuali, i vari Paolo Crepet e Paola Mastrocola in articoli e libri dal titolo roboante a uso e consumo dei tanti salotti televisivi. La rivoluzione nella scuola è possibile, auspicabile, realizzabile?

Il recente libro di Fernanda Fazio e Maria Rosaria Mallo, edito da Anicia, ha un titolo (e un contenuto) particolarmente calzante: “L’evoluzione del sistema scuola. Piccole e grandi rivoluzioni”.

Il taccuino di David e la sua Halls gusto menta forte non sono forse una piccola e quindi grande rivoluzione? Certo, non si risolverà così l’annoso e complesso  problema della dispersione scolastica in Italia, eppure se ogni ragazzo o ragazza che non vuole più andare a scuola potesse avere uno sguardo in più, un riconoscimento, un gesto di cura da parte di un prof? Cambierebbero le cose?

“A Barbiana non passava giorno che non s’entrasse in problemi pedagogici. Ma non con questo nome. Per noi avevano sempre il nome preciso di un ragazzo. Caso per caso, ora per ora. Io non ci credo che esista un trattato scritto da un signore con dentro qualcosa su Gianni che non si sa noi[1].

La sperduta, periferica, più che marginale scuola di Barbiana di Don Lorenzo Milani, di cui quest’anno ricorre il centenario dalla nascita, è un faro perenne che non dovremmo stancarci di guardare, rileggere, ripensare. È la testimonianza più concreta di quanto un cambiamento pedagogico, educativo, didattico e persino sociale possa schiudersi nel piccolo. Cosa è stata infatti Barbiana se non una piccola realtà in cui è fiorita la piccola rivoluzione di un uomo, emarginato e solo, che, attorno a un tavolo di legno, ha cominciato ad insegnare ad una manciata di ragazzi di montagna, piccoli, dimenticati e isolati dal mondo? Una rivoluzione pedagogica non teorizzata e non teorizzabile e che tuttavia aveva il nome e la faccia di Gianni, che oggi potrebbe chiamarsi David, che non vuole più venire a scuola, Gaia che sta sulla sedia a rotelle o Alì, che è arrivato 6 mesi fa dalla Tunisia.

Piccole e quindi grandi rivoluzioni. Nel libro di Fernanda Fazio e Maria Rosaria Mallo si intrecciano questi due aspetti: il filo lungo, articolato e “grande” della storia dell’inserimento, dell’integrazione e poi dell’inclusione nella scuola italiana e il filo sottile, spesso intricato se non invisibile, talvolta solo immaginato, intravisto e prospettato di tante e piccole rivoluzioni quotidiane, minori e sottotraccia e che pure continuano a segnare  il cambiamento, la riforma autentica e la centralità imprescindibile della scuola sempre, comunque, dovunque e nonostante tutto.

Evolve il sistema scuola, la normativa viene aggiornata, la modulistica modificata, le procedure riviste, le sigle e gli acrostici continuano a proliferare. E tuttavia è questa l’autentica evoluzione del sistema scuola, sembrano domandarsi/ci le due autrici? Sono le grandi riforme annunciate, mancate, incomplete o da venire la sostanza dell’evoluzione di un sistema complesso come la scuola?

Francesco e Carmelo da un mese sono i corrispondenti epistolari della mia classe. Sono due alunni, gli unici, della scuola media di Panarea. Dopo aver studiato in geografia le isole Eolie abbiamo deciso di scrivere una lettera alla piccola scuola media di Panarea. E ci hanno risposto. Dalle loro parole scopriamo ogni settimana quanto sia diversa la scuola su un’isola, la classe composta da due ragazzi. Come sono le interrogazioni? E le gite? E cosa vedete fuori dalla finestra? E le stelle di notte?  È tutto così diverso eppure allo stesso tempo è tutto incredibilmente uguale. Anche loro studiano i predicati verbali e il teorema di Pitagora, hanno le verifiche di grammatica e ogni tanto fanno caos in classe, pur essendo in due. Forse non ce ne siamo accorti o non ne siamo pienamente consapevoli, ma stiamo costruendo un ponte che collega Roma a Panarea, la capitale alla minuscola isola nel Mediterraneo. È un ponte più reale di quello sullo stretto di Messina perché davvero unisce, avvicina, apre orizzonti. E anche questa è la nostra piccola rivoluzione.

Che si tratti di un taccuino o di uno di scambio di lettere tra due scuole distanti, di un “dimmi, ti ascolto, sono qui”, di un “vediamo cosa non hai capito”, di un “prova a studiare così, con quest’altra strategia”, “vediamo se Valerio e Giulia così imparano meglio”, sono queste le piccole e, quindi grandi rivoluzioni. Non attendono ministri, PNRR o esperti, sono lì, a portata di mano di ogni docente, appena oltre la soglia della porta di classe, pronte ad essere accolte o ignorate. Hanno la faccia di Gianni, di David, di Gaia, di Francesco, di Carmelo…


[1] Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, 1976, p. 120

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