I bambini dicono sempre la verità? Quanti di noi sarebbero portati a dare un’istintiva risposta affermativa a questa domanda? Probabilmente tutti, o quasi. Soprattutto se si tratta di cose importanti o raccapriccianti, in pochi crediamo che i bambini, emblema della trasparenza e dell’ingenuità, siano in grado di costruire menzogne che noi adulti siamo convinti andare al di là della loro stessa fantasia.
Leggendo “Veleno”, il libro inchiesta di Pablo Trincia, edito da Einaudi, che racconta la vera storia dei cosiddetti Diavoli della Bassa Modenese, ci siamo resi conto che a volte gli “ingenui”, se così si può dire, siamo noi, gli adulti, nonostante i bambini non abbiano colpe.
Tra il 1997 e il 1998 in due paesi della Bassa Modenese, Mirandola e Massa Finalese, piccoli centri di provincia separati da pochi chilometri di campagne, sedici bambini furono allontanati dalle loro famiglie, accusate di aver costruito una vera e propria organizzazione che abusava dei suoi stessi figli coinvolgendoli in rituali satanici nei cimiteri e nelle case abbandonate e perfino in omicidi di altri bambini tenuti prigionieri. A capo di questo gruppo di genitori pedofili e satanisti ci sarebbe stato un prete molto conosciuto e molto amato nella zona. In pochi mesi, da quando i bambini erano stati allontanati dalle loro case e avevano iniziato a raccontare le atroci sevizie a psicologi e assistenti sociali, intere famiglie vennero accusate e in alcuni casi arrestate e poi portate a processo, anche se, oltre alle parole dei bambini, nessuno sembrava aver mai sentito, né visto nulla.
Inizia così il racconto di uno dei più incredibili casi di “contagio psicologico” che la cronaca nera italiana degli ultimi anni ricordi. O meglio, che dovrebbe ricordare, visto che, dopo i titoli altisonanti dei giornali in quei primi anni di indagini, poco si è detto sugli errori madornali che seguirono e che hanno segnato per sempre la vita dei vari protagonisti della vicenda, bambini inclusi, visto che la realtà dei fatti è stato dimostrato essere ben altra.
“Veleno” è un titolo davvero adatto a racchiudere tutta questa faccenda. Proprio come il veleno di certi serpenti si propaga in modo estremamente veloce nel corpo di chi è stato morso lasciando poco scampo, così quei paesi tranquilli della Bassa Modenese sembrano essere stati colpiti da un morbo fatto di sospetto e incredulità che ha distrutto numerose esistenze nell’arco di pochi mesi, facendoli balzare sulle pagine della cronaca nera nazionale, per poi ricadere nel dimenticatoio della provincia.
A raccontare tutto, prima in un podcast di otto puntate su Repubblica.it, assieme alla collega giornalista Alessia Rafanelli, e poi in questo libro toccante e coinvolgente, ci ha pensato Pablo Trincia, con un registro sentito, ma lucido e un’onestà professionale e intellettuale che si evince sin dalle prime pagine. È con grande umiltà, infatti, che l’autore, noto per la forza e quasi l’irruenza che hanno caratterizzato molti dei suoi servizi televisivi, prima di iniziare a interessarsi a questo caso di cronaca, ha dichiarato di stare attraversando un periodo di “crisi” del suo mestiere. Quell’insicurezza strisciante di chi ha visto tutto e, assuefatto alla violenza, non riesce più a raccontarla con la commozione e la partecipazione che si conviene a un vero professionista, solo apparentemente distaccato. La voglia di far luce sulle vicende che segnarono la Bassa Modenese alla fine degli anni Novanta ha restituito a Trincia la grinta che lo contraddistingueva, dandogli la possibilità di raccontare una verità forse scomoda, ma che resta l’unica verità degna di essere raccontata.
Non lo fanno certo con la malizia e la cattiveria degli adulti, ma anche i bambini mentono in modo complesso e creativo, non sono sempre attendibili e sono facilmente influenzabili e impressionabili. E certe menzogne, come capitò in quegli anni, possono spazzare via in un lampo la vita di decine di persone il cui destino è rimasto marchiato per sempre dalla superficialità di chi, probabilmente, avrebbe dovuto indagare più a fondo e non infatuarsi di una tesi per poi cercare solo prove atte a dimostrarla, ignorando tutto il resto.
Attraverso una ricostruzione scorrevole e limpida, Pablo Trincia racconta in modo molto lineare tutte le indagini, i processi e ciò che ne scaturì anche successivamente, dando voce alle speranze di rinascita di tutti coloro che ne furono coinvolti e dimostrando una capacità di analisi profonda e appassionante, senza mettere in discussione la buona fede di nessuno, ma semplicemente ponendo e ponendosi delle domande, non avendo la presunzione di rispondere a tutte.
L’oblio è un diritto riconosciuto a tutti, ma spesso può essere una pena senza fine. È per scongiurare questa condanna che occorre raccontare anche storie che ci fanno rabbrividire e vergognare. Storie di cui tutti potremmo essere involontari protagonisti, nonostante non ci faccia piacere ammetterlo, ma la cui divulgazione potrebbe far sì che certi sbagli non si ripetano e che anche le vite, uniche e irripetibili, di coloro che apparentemente hanno perso tutte le speranze possano davvero ricominciare. È con queste solide premesse che Pablo Trincia si mette a nudo davanti ai suoi lettori, riuscendo a stupire e perfino commuovere col suo primo libro che è un degno inno al valore della presunzione d’innocenza di tutti, oltre ogni ragionevole dubbio, e al diritto di essere riabilitati nella società se l’innocenza è dimostrata anche quando tutto sembra perduto.
Editore: Einaudi
Collana: Einaudi. Stile libero extra
In commercio dal: 9 aprile 2019
Pagine: 296 p., Brossura
Cartaceo: Euro 18,50
Ebook: Euro 9,99