L’Arte può salvare una vita? L’attivismo animalista nella pratica di Tiziana Pers

Abbiamo incontrato Tiziana Pers in occasione della mostra Caput Capitis II a cura di Pietro Gaglianò presso la aA29 Project Room a Caserta.

Il lavoro dell’artista – anche cofondatrice con la sorella, Isabella di RAVE,  Residenza per artisti nel borgo rurale in Friuli dove vivono gli animali che salva dalla morte – può essere espresso dalla domanda che lei stessa si pone sulla capacità salvifica dell’arte, aprendo questioni interessanti in ordine al ruolo e “funzione” sociale della artista, ma anche e soprattutto in ordine alla questione animale con le implicazioni relative alla libertà, alla scelta, alla identità, all’attivismo e oltre. Abbiamo scambiato una chiacchierata dopo la mostra e una pizza margherita per me, una zuppa di scarola e fagioli per lei.

Che cosa significa essere una artista animalista ed ecofemminista? Non pensi che a volte una pratica così estremamente legata a uno specifico tema/impegno possa tradursi, in arte, in un limite ?

Le definizioni di arte sono molteplici. Dal mio punto di vista si tratta di una possibilità che dal singolo si fa plurale, capace di attraversare nodi irrisolti e di dare forma a nuovi quesiti, più che fornire risposte. Larte si fa quindi sentiero e radice allo stesso tempo.

Nel mio caso non è stata affatto una scelta, quanto un percorso necessario, unesperienza continua per andare fino in fondo alle proprie ossessioni. Ero piccolissima quando vidi uccidere dei conigli a bastonate, nel cortile dei miei vicini di casa. Questo senso di orrore di fronte ad un atto contro il quale ero del tutto impotente non mi ha più lasciata. La frattura tra ciò che ritenevo giusto e il reale si era mostrata allimprovviso, in unimmagine. Il tentativo di provare a sanare la ferita, di continuare a curare uno squarcio inguaribile, iniziò forse molto prima che io riuscissi a comprenderlo interamente, quando salvai il primo animale dalla macellazione, alletà di cinque anni.

Solo molto più tardi, da adulta, compresi quanto il nostro rapporto di disequilibrio nei confronti degli animali non umani, alterità assolute, vada di pari passo con differenti situazioni di dominio: razzismo, sessismo, specismo, capitalismo, omofobia, colonialismo, violenza sugli ecosistemi, mostrano spesso i medesimi meccanismi, rafforzandosi tra loro allinterno di una serie di connessioni inscindibili.

Quindi, per risponderti, non lo vedo affatto come un limite, quanto come una straordinaria possibilità di guardare in modo differente la nostra contemporaneità, e di provare ad immaginare scenari ancora da tracciare. E questo ha molto più a che fare con larte che con lattivismo.

Concorde con te che larte possa solo (e non è poco) questionare e spingere a riflessioni, debbo però notare allo stesso tempo che questo, in qualche modo, si pone in disaccordocon la tua pratica di salvezza. Nelle serie Art _ History proponi delle possibili alternative alla cultura non animalista, di fatto compri animali destinati al macello o alla soppressione pagandoli con tue opere. Nella mostra Caput Capitis II a Caserta erano esposti anche gli atti di compravendita, incorniciati ed allestiti come opere in sé.

Elevi il baratto e la compravendita ad azione artistica fondendola inevitabilmente con lattivismo, non vedo cesura, né in questo una distanza dallattivismo anche dal punto di vista concettuale. Di fatto un attivista si batte e propone delle alterità possibili

Ogni gesto che compiamo non può essere scevro da contraddizioni che, di fatto, ritengo rendano la pratica stessa più interessante. Una posizione salvanon esiste, come non esiste la possibilità di astrarsi dal dato reale, di immaginarsi al di sopra delle parti, in una quotidianità asettica ed assoluta.  A maggior ragione quando il nostro agire si muove nellimmaginario artistico. Immergere le mani nel fango (metaforicamente e concretamente) risulta quindi necessario.

Per me però non si tratta di acquisto. Io immagino il gesto come lo scambio tra una vera vita (lanimale non umano) con un brano della mia vita (lopera). In sostanza il contratto va proprio a lavorare su quelle domande sulle quali mi interrogo: se sia possibile dare un valore economico a una vita, a unopera darte, e se larte possa salvare una vita.

Forse questo è il margine tra le due definizioni: se lattivismo ha già alcune risposte, larte invece si interroga sulle modalità e possibilità di mutamento.

Fai riferimento ad altre forme di dominio, a partire da quello delluomo sullanimale come in qualche modo espressione di una attitudine umana allesercizio di un potere egemonico sullaltro. In quale modo questo pensiero però prende forma nella tua pratica artistica? In tal senso mi riferivo ad un possibile limite…

Nella prima delle due mostre consecutive, Caput Capitis I a cura di Gabriela Galati con un testo di Gabi Scardi, realizzata negli spazi milanesi della aA29 project Room, questi concetti si facevano più chiari.

Non si tratta ovviamente di sviluppare questo tipo di tematiche in modo letterale, quanto piuttosto di agire sui punti di contatto, provando a focalizzarsi su alcuni dettagli, fornendo al visitatore un tassello che non aveva considerato. E, forse, nemmeno io fino a quel momento.

La mostra si imperniava su un piccolo testo, Soccorsi durgenza al bestiame rurale, scritto durante il Ventennio. Nel libercolo veterinario si ripercorrevano alcuni punti cardine di quel momento storico: la necessità di prestare cure soltanto quando vi fosse stato un tornaconto economico, la macellazione immediata di quei corpi considerati imperfetti, e loggettivazione del corpo dellaltro come elemento primo di prosperità del singolo e soprattutto della nazione. 

Oltre al manuale veterinario, che avevo esposto così com’è, avevo serigrafato sulla parte superiore di un parallelepipedo di alluminio due facciate del testo. La scultura di alluminio si presentava monolitica, con il testo sottolineato, ma girandogli attorno per avvicinarsi allopera seguente (la foto Madri) si poteva vedere che il parallelepipedo era vuoto, e allinterno conteneva una serie di ganci da macello. Le Union Stockyards, i grandi macelli di Chicago, sono state le prime catene di (s)montaggio della storia, procedura alla quale Henry Ford si è ispirato per creare le catene di montaggio delle sue fabbriche. Da entrambe pare che Hitler abbia preso spunto per organizzare i campi di sterminio.

Mi hai raccontato lopera Madri specificando che in mostra aveva un senso fondamentale nei termini in cui poteva ritenersi lelemento cardine, consentendo la lettura di tutto il progetto in un doppio senso di percorrenza dellallestimento, il punto di fuga ma anche un nuovo inizio. La scelta allestitiva ha un nesso con il senso dellopera in sé?

La foto Madri ritrae un gruppo di vacche del medesimo allevamento da cui era stata salvata la mucca Ugola, uno degli animali protagonisti della pratica Art History. Le vacche, in qualsiasi tipo di allevamento, vengono ingravidate forzatamente e poi separate dai propri piccoli: i maschi quasi sempre vengono macellati, le femmine spesso sono invece destinate nuovamente alla medesima filiera della gravidanza / parto / separazione / produzione di latte.

Il latte di queste mucche non viene quindi destinato ai propri figli, quanto ai consumatoriumani. La linea capitalismo – specismo – sessismo qui risulta fin troppo evidente.

Nellimmagine il gruppo di animali mostrava la molteplicità dei corpi stretti in una spazio troppo umano. Al centro una madre mi fissava, mentre scattavo la foto.

Citi Ford, Hitlervedi un parallelismo tra le pratiche? Pur seguendoti sul tema della soppressione degli animali perché imperfetti ma immaginando fosse dettata dalla necessità di non poter mantenere un animale non produttivo durante una grande depressione economica (questione che avrebbe avuto delle indubbie ripercussioni sulla famiglia e i figli degli umani), e al di là della indubbia violenza a cui gli animali di allevamento sono sottoposti, non ritieni che la finalità dellalimentazione ponga una differenza sostanziale?  So che sei vegana, ma la scelta etica è appunto una scelta, quindi in effetti c’è anche chi non adotta lo stile di vita vegetariano

Da Ford a Hitler il passo è breve. E se appunto passiamo per i grandi macelli si delinea bene quella linea ininterrotta che preferiremmo non guardare, e che possiamo riassumere esattamente nella definizione non produttivo.

Qui forse stiamo lasciando più ai margini la percezione delle forme tramite i sensi, per addentrarci nel cuore della questione etica. Credo che ciascuno abbia un proprio percorso, e possa, anzi debba, scegliere per se stesso o per se stessa. Ma ritengo anche che una scelta personale, per dirsi tale, non debba coinvolgere destini altrui. Scegliere di mangiare animali implica invece che altri muoiano. 

Poi è necessario soffermarci sul fatto che gli allevamenti (includendo tutta la filiera) costituiscono ad oggi la prima causa di cambiamento climatico, ed al contempo del disequilibrio nella distribuzione delle risorse: per produrre 1 kg di carne servono circa 10 kg di cereali (spesso prodotti nei paesi in via di sviluppo), per non parlare dellacqua, che si aggira tra gli 11.000 ed i 15.000 litri per ciascun kg di carne bovina. In buona sostanza noi come specie per poter sopravvivere su questo pianeta dovremmo convertirci prima possibile ad una dieta a base vegetale.

Quindi no, non è una scelta neutra. Ma oggi noi non abbiamo nemmeno più percezione di cosa significhi uccidere per mangiare, perché deleghiamo questo compito ad altri, spesso a persone che non possono permettersi di scegliere che lavoro fare per vivere. Ed in tanti casi il risultato sono dei traumi molto violenti (sindrome da shock post traumatico) anche per gli operai che hanno lingrato compito di disassemblarequei corpi, per renderli prodotti fruibili dai consumatori, ben esposti nei supermercati. 

Questo è anche il focus del lavoro che Igor Grubić ha sviluppato con noi a RAVE.

Nella tua ricerca sembrano prevalere la pratica del disegno e quella performativa (che nasce da unesigenza organizzativa, il salvare materialmente lanimale, ma che tu scegli di mostrare attraverso la documentazione video). Entrambe richiedono un tempo dilatato e una concentrazione particolare sebbene siano forse le prime forme di espressione delluomo fin da piccolo, quindi in certo modo potremmo definirle primitive. C’è una scelta precisa dietro questi mezzi espressivi? 

Hai colto molto bene: se lazione implica un dilatarsi nel tempo e nello spazio, il disegno ferma invece un attimo preciso. Oltre al disegno ed alla performance io lavoro molto con la pittura, linstallazione ed il video (e non solo come testimonianza del performativo). Di fatto il mezzo  che impiego emerge dal progetto, non lo scelgo a monte. Cerco di mantenere e seguire la naturalezza del processo anche nelle sue evoluzioni.

Credo di aver sempre percepito il rapporto con gli altri animali come un momento prezioso, capace da un lato di ampliare le possibilità di mondi, e dallaltro di rivelare qualcosa di più anche su di noi, e sul nostro zoppicare. E non mi riferisco a quello che può essere un nostro modo di nominare e classificare, una tassonomia, o una simbologia animale, quanto piuttosto al contrario io penso ad un incontro ancestrale, capace di farsi evento epifanico.

In fondo, per quanto ne sappiamo, gli altri animali hanno costituito i primi soggetti rappresentati nelle forme darte. E forse in questo preciso momento, nel quale percepiamo lincertezza del nostro futuro come specie, abbiamo necessità di ritrovare quel rapporto non oppositivo delle origini. O, meglio ancora, un rapporto ancora da capire, capace di ridefinire e immaginare con stupore lumanità che saremo. Se vorremo essere.

Tiziana Pers lavora con diversi media sui temi arte-animalità e sulle connessioni tra differenti forme di discriminazione. Ha conseguito una laurea e PhD in letterature comparate ed è co-ideatrice e direttrice artistica del progetto RAVE East Village Artist Residency

Tra le ultime mostre personali: CAPUT CAPITIS II, a cura di P. Gaglianò e G. Galati, aa29 Project Room Caserta,  CAPUT CAPITIS I, a cura di G. Galati e testo di G. Scardi, aA29 project Room Milano, EX WUNDERKAMMERN, con Regina José Galindo, a cura di M. Ferrand e R Baramov, National Museum of Natural History, Sofia (BG). Recenti performance e rassegne video: ART HISTORY_VUCCIRIA, Memoria Collettiva. Casa Spazio ospita Casa Sponge, a cura di L.Calamia e S.Ribaudo, Border Crossing  e.c. Manifesta12, Palermo; SCREENING AFTERNOON AT NEW YORK UNIVERSITY TANDON, EDRA50 Brooklyn, a cura di D. Mantoan e L. Gaeta, in collaborazione con Università Cà Foscari di Venezia.

Didascalie Foto

1 Tiziana Pers – The Broken Line – El toro Tame – 2018 grafite e inchiostro su carta cotone, courtesy l’artista e aA29 Project Room 

2 Tiziana Pers Art History Vucciria, 2018 foto Umberto Santoro, ourtesy l’artista e aA29 Project Room 

3 Tiziana Pers Sleepless Monkeys 3 – 4 Caput Capitis II, 2019, ourtesy l’artista e aA29 Project Room 

4 Tiziana Pers Soccorsi d’ugenza al bestiame rurale, 2019libro e mensola d’alluminio, cm 35 x 27 x 2, courtesy aA29 Project Room 

5 Tiziana Pers, Art History, Madri, 2016, fotografia, courtesy l’artista e aA29 Project Room 

6 Tiziana Pers, frame dal video Elephant Song, 2016, Museo di Storia Naturale di Trieste, courtesy l’artista e aA29 Project Room 

 

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