Libri. “Putin, una vita, il suo tempo”: monumentale, rivelatrice biografia dell’inglese Philip Short

Stalin non ebbe tutti torti a eliminare negli anni Trenta migliaia di avversari con le famigerate purghe che lo hanno fatto passare alla storia, Krusciov fu un ingenuo a “regalare” la Crimea all’Ucraina, Gorbaciov con la sua perestroika ha fatto un danno enorme alla Russia.

E oggi tocca a lui rimediare a tanti guasti. Vladimir Putin (sono suoi questi lapidari giudizi sulla Russia che ha ereditato e che da vent’anni governa con pugno di ferro) non ha dubbi sul ruolo al mondo che oggi deve svolgere il Cremlino, e lo sta dimostrando: restituire alla Russia la grandezza che aveva al tempo degli zar, combattere l’Occidente tutto, non solo Stati Uniti ed Europa, per entrare nella storia prima di finire il suo mandato politico. Solo se si hanno ben chiari questi presupposti si può capire perché Putin ha attaccato l’Ucraina e quanto ancora intende andare avanti con questa guerra camuffata da crociata. E’ quanto sostiene in una monumentale, spietata biografia del piccolo zar il giornalista inglese Philip Short, per molti anni corrispondente da Mosca per la BBC, in questi giorni in libreria: Putin, una via, il suo tempo, edita da Marsilio nella collana Specchi (pagg. 985, euro 34,00) fa il punto sull’uomo del Cremlino oggi al centro della più grave crisi mondiale dalla fine della guerra fredda. Short si chiede dunque: perché Putin ha aggredito l’Ucraina, tentandone l’invasione?  E quanto durerà questa guerra?  Il 24 novembre prossimo saranno nove mesi che l’Ucraina è sotto quotidiani bombardamenti, ma oggi sembra che qualcosa si stia muovendo nei sotterranei meandri della diplomazia internazionale. Ma come si è arrivati a tanto?

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L’attacco all’Ucraina del 24 febbraio scorso è il proseguimento di una politica d’aggressione che la Russia di Putin aveva cominciato nel 1999 attaccando la Cecenia per rintuzzare le velleità indipendentiste di una regione che mal sopportava il potente vicino. Spento nel sangue ogni focolaio di rivolta a Grozny, la capitale, Putin mise al potere un suo uomo che oggi è fra quelli che lo appoggiano nell’aggressione all’Ucraina. E dopo qualche anno, nel 2008 la stessa sorte toccò alla Georgia, dove i carri armati russi entrarono per stroncare le aspirazioni indipendentiste di una larga parte della popolazione di origine ucraina. Un intervallo di pochi anni, e nel 2014 è la Crimea a subire lo stesso trattamento: dopo l’arrivo dei carri armati oggi è una provincia della Russia che l’Ucraina inutilmente rivendica. Tutto questo è avvenuto nella quasi totale indifferenza dell’Occidente che in tutte e tre le occasioni non ha ritenuto di dover intervenire per fermare la mano di Putin. E siamo al 24 febbraio del 2022, quando il piccolo zar, evidentemente convinto di potere ancora una volta farla franca, ha attaccato l’Ucraina, con quella che ha eufemisticamente definito non una guerra ma un’”operazione militare speciale”, dopo aver dato un significativo preavviso con le repubbliche autoproclamatesi indipendenti del Donbass e cogliendo di sorpresa le segreterie occidentali. Era già la seconda volta che il Cremlino guardava all’Ucraina con cattive intenzioni, dopo che un presidente fantoccio di Mosca era stato messo a capo di quel Paese fieramente indipendente che un giorno era riuscito a rovesciarlo. Al suo posto c’è oggi Zelensky, un osso duro evidentemente sottovalutato dagli strateghi di Putin.Tutti questi passaggi sono scrupolosamente documentati da  Philip Short, ottimo conoscitore della Russia post-sovietica e del suo tenebroso presidente. Il libro, aggiornato fino al 26 aprile scorso, è quanto mai attuale. E’ un’analisi equidistante di una situazione che sta dividendo il mondo in due parti diseguali: tutti contro Putin, meno la Cina, l’India, parte del Medio Oriente, la Corea del nord, la Turchia di Erdogan.

Scrive Short: “Lungi dall’essere bizzarra, la decisione di invadere l’Ucraina è in realtà perfettamente coerente con il modo in cui Putin si è sempre comportato. Lungo tutto il corso della sua presidenza, ogni volta che si è trovato difronte ad una scelta esistenziale tra inimicarsi l’Occidente e difendere il proprio potere e la posizione della Russia nel mondo ha sempre prevalso questa seconda opzione”. Dopo la Cecenia, la Georgia, la Crimea, “Nel 2022 l‘invasione dell’Ucraina ha seguito lo stesso schema – scrive il giornalista inglese, una vera autorità in questo campo – anche il Pentagono era convinto che Kyiv sarebbe caduta nel giro di pochi giorni. Putin aveva immaginato che allora Zelensky sarebbe scappato, che il Cremlino sarebbe riuscito a instaurare di nuovo un governo fantoccio, e che l’Ucraina sarebbe stata neutralizzata dal punto di vista politico e militare. Ma non era l’unico obiettivo. Putin non solo puntava a far rientrare l’Ucraina nella sfera di influenza di Mosca, ma voleva anche dimostrare agli Stati Uniti che era inutile cercare di impedirlo”.  

Ha le idee chiare l’ex giovane ufficiale del KGB, (il temutissimo servizio segreto sovietico seguito allo storico Ghepeu staliniano e dal quale è nato l’attuale SVR) che oggi ha in pugno la Russia, un grande paese la cui popolazione non sa quasi niente di quanto accade nel mondo perché i mezzi di informazione sono controllatissimi dal Cremlino. E quello che viene fatto sapere è solo propaganda lontano dalla verità. A queste condizioni è illusorio pensare che l’attuale situazione bellica possa trovare una soluzione che comporti metodi drastici. Due le ipotesi: Putin sconfitto sul campo dagli ucraini (il che è improbabile) o detronizzato da una congiura di palazzo. Sarà, infatti, molto difficile scalzare un presidente che si è fatto rieleggere quattro volte, che non pensa di ritirarsi a vita privata e che può contare su una popolarità in aumento, nonostante la crisi economica ulteriormente aggravata dalle sanzioni, la brutta figura della mancata guerra lampo che avrebbe dovuto, nei piani dei colonnelli, conquistare l’intera Ucraina e far fuori materialmente il suo ostinato premier oggi stimato da tutto l’Occidente, e il generale insuccesso della spedizione armata.  

Fra le cronache più recenti, c’è qualche spiraglio di speranza: la ritirata dei russi da Kherson, che potrebbe indurre gli ucraini a rallentare la lenta ma costante avanzata delle loro infaticabili truppe, le sempre più insistenti voci di contatti riservatissimi fra mediatori di incontri fra americani e russi con il tramite del presidente turco Erdogan, l’imbarazzo del leader cinese Jinping ad  esprimersi con chiarezza sulle intenzioni di Putin dopo che il cancelliere tedesco Olaf Scholz gli ha esplicitamente chiesto di fermarlo, l’ammissione di Zelensky ad una disponibilità a trattare con l’invasore senza pretendere il ritorno alla situazione precedente il 24 febbraio scorso. Non sono proprio esplicite prospettive di pace, ma fanno ben sperare per uno sblocco della situazione in prossimità della fine dell’anno.

Se così sarà, Putin che fine farà?  Alla fine della seconda guerra mondiale molti ufficiali di Hitler trovarono rifugio in Sud America, particolarmente in Argentina. Sotto falso nome, con sembianze mutate, con una grande capacità di camuffamento ma soprattutto con la complicità di gruppi neonazisti alcuni criminali di guerra per anni sono sfuggiti al Mossad, il servizio segreto israeliano che dava alla caccia ai nazisti sfuggiti al processo di Norimberga seguendo le indicazioni fornite da Simon Wiesenthal, l’implacabile investigatore ebreo che dedicò la sua vita a questa missione di giustizia. Un analogo destino potrebbe toccare a Putin? Al recente vertice internazionale di Bali l’aggressione russa all’Ucraina è stata unanimemente condannata. E’ evidente che il mondo non vuole la terza guerra mondiale e non condivide le mire espansionistiche del nuovo piccolo zar. Resta da vedere se sarà in grado di fermarlo in tempo. Il libro di Short si chiude esprimendo questa speranza

Putin. Una vita, il suo tempo

Autore Philip Short

Marsilio Editore 

Uscita settembre 2022

Pag. 985 Euro 34
 

 

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