Matthias Graziani, 43enne altoatesino è un autore poliedrico che conta al suo attivo già diversi romanzi: dal fantasy al thriller, genere con il quale ha ottenuto sia il favore del pubblico che della critica, oltre alla stima del grande maestro del noir Andrea G. Pinketts.
Noi di “Dazebao News” lo incontriamo in occasione di “Più Liberi più Libri”, la fiera del libro della piccola e media editoria romana, mentre presenta il suo ultimo giallo: “La voce del crepaccio”. Occhi azzurri trasparenti come l’acqua sorgiva e sorriso aperto dal quale trapela un velo di timidezza: di bell’aspetto, curato ma casual, ci accoglie con disponibilità e curiosità.
Come possiamo definire “La voce del crepaccio”?
Inizierei col dire che non si tratta soltanto di “un thriller”. Nel libro prevale l’aspetto noir dell’indagine, ma è anche un vero e proprio viaggio nell’Alto Adige e nella sua cultura, sia a livello folkloristico che geografico, oltre che interiore. Non mancano accurate descrizioni delle vette innevate delle Dolomiti e allo stesso tempo, si racconta anche dell’evoluzione personale di Julian Spitaler – il ragazzo che sente le voci della montagna – trattandosi pure di un romanzo di formazione.
Com’è nato il Gletschmann, il mostro protagonista del romanzo?
Dal punto di vista narrativo, mi sono ispirato agli slasher movie degli Anni 80: “Venerdì 13” e “Non aprite quella porta”. Il mio scopo era: creare un assassino di quel tipo, ma che fosse anche radicato con il territorio, le sue leggende e il folklore dell’Alto Adige. Non a caso, il “Gletschmann” è anche un’antica maschera di Carnevale, frutto della tradizione altoatesina e rappresenta un “mostro” selvaggio che proviene delle montagne.
A indagare sul Gletschmann, viene chiamata una donna, il commissario Lara Boschi. Puoi dirci di più?
Lara Boschi è un personaggio completamente frutto della mia fantasia. L’ho creata ad hoc, perché ricercavo una figura che fosse estranea al contesto altoatesino: una donna matura, italiana e per di più lesbica, che si ritrova catapultata nelle dinamiche socio-politiche di un paesino “chiuso” dell’Alto Adige, alla fine degli anni 80. Un commissario donna che si ritrova a fronteggiare realtà scomode e un’accoglienza tutt’altro che pacifica, ma che non si lascia affatto intimorire, pronta a scavare a fondo alla ricerca della verità.
Ti rispecchi in questo personaggio?
In parte sì, essendo per metà altoatesino e per metà italiano dato che mio padre è originario di Ferrara. Anche io, a scuola, nei primi anni ’80 venivo chiamato “walschen”: italiano in senso dispregiativo, pur essendo bilingue. Una forma di discriminazione che ho vissuto sulla mia pelle, così come Lara Boschi, ma che è ormai è acqua passata: un atteggiamento che, per fortuna, non è più presente tra le nuove generazioni.
Hai definito “La voce del crepaccio” anche un country: puoi spiegarci meglio?
Questo romanzo ha una doppia anima. Una parte è frutto di un romanzo western ambientato in Arizona che avevo già scritto anni fa: ho ripreso queste pagine, riadattandole alla nuova ambientazione e ai nuovi personaggi e l’ho inserite all’interno di questo giallo. Il risultato è un romanzo con due trame diverse ma che collimano in un’unica alla perfezione.
Cosa puoi dirci, invece, della vicenda dei bambini della neve o Schneekinder?
Sono bambini che scompaiono improvvisamente: rapiti per essere venduti. Per ritrovarli si crea un gruppo ad hoc: una combriccola variegata guidata da Karl Kastner, un ex eroe nazionale e che include anche il sedicenne Julian Spitaler. I loro obiettivi erano: sia ritrovare i bambini, ma anche farsi giustizia da soli. Tutti a cavallo come cowboy alla ventura attraverso i valichi, alla ricerca del “cattivo fuggitivo”, secondo gli stilemi country- western. Una realtà che ben si conforma all’ambiente altoatesino, dove i cowboy – kuahbuabn – ancora esistono e sono i guardiani dei greggi.
Karl Kastner, che ruolo ha nel romanzo?
È una vecchia guardia forestale, ancora vigorosa, considerata nel paese una vera e propria leggenda vivente. Nel libro, si descrive un momento in cui Julian vedendolo passare, si ricorda di una storia che gli era stata raccontata e si immagina Kastner da giovane mentre affronta intrepido il generale fascista Graziani in un vero e proprio duello, a difesa della libertà dell’Alto Adige. Una sfida eroica in cui si fa esplicito riferimento ai gerani rossi – in tedesco brennende liebe ossia amore ardente – che rappresentano un simbolo indissolubile dell’attaccamento degli alto-atesini per la propria terra, impossibile da abbandonare.
Chi sono invece gli anti-eroi?
Fink detto Andreas Hofer, per la sua somiglianza fisica con l’eroe storico tirolese, ma che nel libro è un “poeta criminale”: non un vero cattivo a “tutto tondo”, ma un uomo che ha capito che per cavarsela in questo mondo bisogna “sapersi addentrare nell’ombra”. Poi c’è Frieda, che più che un antieroe è un vero e proprio psicopatico, dedito solo al profitto, che traffica in droga e persone, senza alcuno scrupolo; e infine il “Gletschmann”, che in realtà è una vittima di certe dinamiche “distorte” del Paese.
A chi consiglieresti “La voce del crepaccio”?
Non soltanto a chi è appassionato di gialli: questo romanzo non è puramente investigativo, ma è anche di avventura e di formazione. Il male stesso che emerge nel romanzo viene vissuto attraverso il punto di vista di più personaggi e ciò favorisce il maggiore coinvolgimento del lettore e l’identificazione con almeno uno di essi.
Come ti definiresti brevemente?
Una persona poliedrica: sono sia razionale che istintivo e rifletto questo mio modo di essere nei miei libri, che non aderiscono, infatti, a un unico genere. Pur non credendo nell’astrologia, rispecchio alcune caratteristiche del segno della bilancia, spesso alla ricerca di un equilibro tra gli opposti, che non è sempre possibile.