Continua la lettura “on air” di David Foster Fallace a Radio Rock

IL Dj Emilio Pappagallo coinvolge gli ascoltatori in un’interessante operazione culturale

ROMA – Chi ha detto che una Radio debba solo diffondere musica e pubblicità senza cercare un’interazione con il proprio pubblico? Chi ha detto che una Radio debba avere un solo orizzonte e non avere una visione più ampia, a 360° gradi dove cultura, arte, attualità, politica, momenti di discussione, musica non possano convergere e fornire spunti differenti, ugualmente accettabili, di confronto e di riflessione sulla realtà che ci circonda? Emilio Pappagallo, deejay storico di Radio Rock, con la sua lettura in diretta del monumentale romanzo di David Foster Fallace “Infinite Jest” (1996) ha voluto dimostrare che un altro modo di “fare radio” è possibile, cercando di agganciare alla normale programmazione musicale e di informazione, un’ esperienza di riflessione culturale che va al di là degli steccati ideologici, toccando anche temi scomodi e poco trattati dalla Cultura di Massa. Leggere un romanzo così impegnativo e fuori dagli schemi, coinvolgere il proprio pubblico nella lettura, lasciando il microfono aperto agli ascoltatori è un’operazione non solo coraggiosa, ma che rende affascinante l’avventura della scrittura e della lettura, oltrepassando una concezione che si è imposta in questi ultimi anni, colpa anche un’inesorabile decadenza dei costumi che appartiene alla nostra contemporaneità, che essere persone di cultura equivale solo a “fare spettacolo, fare soldi e essere famosi” senza magari averne poi né la preparazione, né la sensibilità.

 

Emilio Pappagallo apre la Radio a chi vuole condividere con lui un’esperienza unica nel suo genere che non ha ritorni di immagine, che non vuole soddisfare ambizioni personali, ma che intende stimolare differenti emozioni. Offre un microfono davanti al quale leggere pagine che possano arrivare diritte al cuore non solo del lettore ma anche di chi ascolta e magari, perché no, tentare di cambiare anche un certo modo di vedere le cose, modificare la propria prospettiva e mettere in discussione certezze che credevamo inamovibili. Del resto è lo stesso libro di David Foster Fallace ad imporci un’analisi spietata di noi stessi in quanto il suo tema principale è la “dipendenza”, il vuoto che lascia dentro di noi una società come la nostra, tutta proiettata verso l’apparenza e l’appiattimento delle menti e del modo di esistere. E’ il libro della dipendenza, della depressione, della fuga, del disagio, della necessità di liberarci dai sogni irreali che intossicano la nostra anima, di prendere contatto con la realtà con le sue infinite sfaccettature, piuttosto che fuggire in una cinica e comoda visione dell’esistenza che ci ottunde la mente e ci permette di non vedere l’altro, solo perché non appartiene ai nostri clichè radical-chic, alla nostra ricerca del “bello fine a se stesso” senza pietà o comprensione per niente e per nessuno. Una lettura importante che trasmessa per Radio ogni mattina vale la pena seguire. Un’operazione che andrebbe ripetuta anche con autori italiani di spessore e non dello star system attuale.

Un estratto dal libro di David Foster Fallace “Infinite Jest”:
Sentire che non ce la fai e devi farcela per forza, in una cella. Una gabbia del Penitenziario di Revere per 92 giorni. Sentire il dolore di ogni secondo che passava. Vivere un secondo alla volta. Suddividere il tempo in tante micro-unità. L’astinenza. Ogni secondo: si ricordava: il pensiero di sentirsi come si sentiva in questo secondo per altri 60 di questi secondi – non poteva farcela. Non poteva farcela. Doveva costruire un muro intorno a ogni secondo per sopportarlo. […] Poteva accovacciarsi nello spazio tra due battiti del cuore e fare di ogni battito un muro e vivere là dentro. Non permettere alla sua testa di guardare sopra il muro.”
( p. 1147)

 

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