Vita da giovani (Parte seconda)

Terminato il ricco pranzo nel giro di dieci minuti, Orazio prova a chiamare il suo unico amico, che poi è suo cugino Pietro, detto Pedro, 30 anni, laureato all’ accademia di Belle Arti di Venezia e ora disoccupato da due anni, che poi sono quelli che hanno seguito la laurea. “Ehi! Allora?- disse Orazio- tutto a posto? Che fai?”. “Si dai, solito.. ehh…Ho appena finito di mangiare – rispose Pietro – e tu?” “Io? Io niente.. che facciamo? Andiamo a fare un giro? “Si può fare dai, ma dove?” rispose Pietro sempre con il suo solito tono da cane bastonato. “Che ne so, tu vieni e poi ci penseremo!” replicò Orazio come al solito infastidito da questo atteggiamento di costante precarietà esistenziale del cugino. 

Terminata la conversazione, il computer prende il sopravvento in attesa della imminente uscita col cugino. Orazio usava questo attrezzo oramai divenuto indispensabile nella vita di tutti i giorni, per guardare la mail, inviare qualche curriculum e per scaricare della musica che dopo non ascoltava nemmeno. Non andava sulle chat, su quei programmi che tutti, giovani e vecchi, usano per conoscersi e scambiarsi momenti diversi della loro vita decontestualizzati, attraverso foto personali e messaggi. No, a lui piacevano ancora le relazioni umane, anche se ne aveva sempre di meno. Terminata la solita ronda per la città con il cugino Orazio torna nella sua cupa stanzetta e lì come ogni giorno cominciano ad assalirlo i ricordi, i rimorsi per ciò che avrebbe potuto e dovuto fare, per non trovarsi in quella situazione di falso benessere e di estrema solitudine. Si, due pasti al giorno li aveva, non soffriva il freddo d’inverno, aveva la macchina se gli serviva, ma tutto ciò lo lasciava come in un vuoto esistenziale per cui soffriva ogni giorno la mancanza di una sana socialità e di persone amiche. Sarebbe stato facile per lui uscire e farsi degli amici, non aveva mai avuto problemi in questo, ma lì, in quella terra, tutto era cambiato, la gente era come se non lo volesse, era strana, malata, aveva abitudini che non gli piacevano e neppure Orazio voleva farsi delle amicizie in questo oscuro luogo del mondo. Le solite frasi di conoscenti anzi sembravano rimproverarlo quando esprimeva le sue opinioni a riguardo del luogo in cui era costretto a vivere e gli dicevano “il mondo è paese caro mio..” tirando il solito sospiro di rassegnazione. Orazio non ne poteva più e non sapeva come fare per andarsene. Soldi non ne aveva abbastanza per poter permettersi una stanza e per poi pagare le bollette; lavoro non ce n’era e anche se ci fosse stato Orazio avrebbe dovuto passare l’intera giornata con gente che avrebbe odiato a priori. Era un vero incubo da cui non riusciva a svegliarsi da ben sette anni. Non era riuscito ancora a trovare una soluzione. Era disperato, indebolito, non aveva più le forze per lottare, stava per arrendersi al destino di rimanere in quel dannato posto. Avrebbe persino preferito vivere in un posto isolato e senza nulla pur di non stare in quella tanto odiata città. Era una sofferenza continua, ogni cosa lo infastidiva, non riusciva più a relazionarsi con gli altri, ed aveva sempre più il sospetto di essere divenuto come quella gente che tanto odiava. Il solo pensiero lo logorava. Addirittura non portava più fuori nemmeno il cane pur di non incontrare qualcuno del posto che avrebbe potuto rovinargli la giornata, come in passato accadeva quotidianamente. Una volta ricordo che Orazio stava andando in una biblioteca del centro, presso l’università di legge, per accompagnare un conoscente a restituire un libro. All’improvviso un vecchio ubriaco gli sfiora la giacca in bici, si ferma e bestemmiando rischia di cadere per terra. Orazio e l’altro ragazzo cominciarono a deriderlo, anche perché erano solo le 9 del mattino… Il vecchio al passaggio dei due ragazzi afferrò Orazio per la gola e lo minacciò di tirargli un pugno in faccia. Orazio che fino a quel momento era stato abituato a rispettare la gente più vecchia, non ebbe una reazione ben precisa, rimase incredulo a quella situazione e non fece nulla, scostandosi dal vecchio e proseguendo la sua strada deridendolo. Il vecchio non li seguì, perché forse aveva capito che le avrebbe buscate se avesse insistito. Da quel giorno Orazio tolse il suo rispetto anche per le persone anziane di quella città. E di avvenimenti così ne capitarono a bizzeffe, oramai ne aveva fatta l’abitudine, ma voleva semplicemente andarsene. 

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