Italia. Il paese dei cachi, regno di calcio, gnocca e cibo

ROMA – Descrivere l’Italia e gli italiani non è poi così molto difficile, almeno per gli osservatori che risiedono al di fuori dei nostri confini, dove è quasi impossibile che i loro pensieri siano influenzati da perverse ideologie rivoluzionarie.

Anche questa settimana come le altre che l’hanno precedute è giunta al suo termine. E tutto è rimasto immutato, esattamente come prima, nonostante le miracolose ricette  che ci hanno propinato per uscire da questi giorni funesti che caratterizzano il nostro vivere quotidiano. L’Italia è un paese fermo, immobile, e non solo sul piano economico, ma soprattutto su quello sociale, sulla mancata consapevolezza del momento che stiamo vivendo e di come uscirne con terapie salvifiche che, ahimè, finiscono per toccare palesemente l’opportunismo di chi le propone.
Eppure di problemi ce ne sono, ormai fin troppi, tanto che per molti sono diventati “cazzi amari”, scusate il francesismo. Disoccupazione, cassa integrazione, lavoro nero, sottosviluppo, stipendi da fame, e la lista potrebbe continuare all’infinito per molti, ma non per tutti.

Perfino il grande “esodo” del 15 ottobre, ovvero giornata degli indignati  verrà ricordato per gli scontri e le violenze gratuite  e non per l’incazzatura planetaria, motivo per cui era nata.
E di  gente quel giorno  ce n’era veramente tantissima. Ma dove siano finiti quel mezzo milione di italiani rimane un mistero degno della trasmissione televisiva “Chi l’ha visto”.
Si potrebbe ipotizzare che gli incazzati siano rientrati quatti, quatti nei loro angusti sgabuzzini, nella cui porta è stata ricavata una finestrella per passargli la razione giornaliera. Al suo interno, sulla piccola parete campeggia un grosso poster con il potente di turno che ti guarda sempre fisso negli occhi, in stile Gioconda, mentre una nuvoletta riporta a caratteri cubitali la parola “stronzo!”. Nell’altra parete uno schermo sempre acceso, 24 ore su 24, da dove passano immagini e parole che ti ricordano le falsità, le prepotenze i privilegi di coloro che avrebbero come compito principale, quello di garantire una vita dignitosa per tutti, proprio come sancisce la nostra Costituzione.
E’ un modo molto efficace per tenere l’incazzatura ad un livello accettabile, così il giorno della manifestazione, del corteo o di un ipotetico presidio si potrà finalmente uscire e sfogare la propria rabbia con successo,  prima di far ritorno nell’ermetica dimora, da dove non uscirà più nulla, nemmeno il rantolo di un piccolo lamento.
Per tutti gli altri la vita procede allo stesso modo nel bene o nel male, senza grosse novità. Certo le incazzature rimangono, e ogni luogo, ogni incontro sono motivo di animati confronti. Dall’abituale bar dove spesso anche le lunghe amicizie possono terminare di colpo, dalla parrucchiera tra un giornale di gossip  e un altro  che propone la piega perfetta, alle sale di attesa del medici, alle interminabili file alle poste o agli sportelli di qualche ufficio della pubblica amministrazione.

I “vaffanculo” e i “cazzo” si sprecano tra pacche sulle spalle, gestualità alterate e sguardi minacciosi dove spesso all’interlocutore gli s’ingrossa così tanto la vena giugolare da temere che possa “schiattare” da un momento all’altro. Ne volano di parole grosse, così tante, ma così tante che spesso sembra di rivivere i moti carbonari del Mazzini, che se fosse ancora vivo sarebbe  fuggito all’estero da un pezzo. Insomma la rivoluzione delle coscienze è alle porte, ma poi si finisce sempre con le gambe sotto il tavolino e il ferro del mestiere che inforca gli spaghetti fumanti. Ed è qui che scatta l’ora X. L’incazzatura è diventata una sorta di “moda” che accomuna giovani e vecchi e anche il pretesto per iniziare o concludere una qualsiasi futile discussione. In mezzo ci sono le tre tematiche che vivono in sintonia perfetta con la vita degli italiani. A prescindere dall’estrazione sociale, politica e religiosa: calcio, gnocca e cibo, e in ordine di importanza.
Certo anche l’economia fa la differenza, perchè oggi il cibo viene sondato nel rapporto tra quantità e prezzo, per evitare con cura le cosiddette “mazzate” dei conti salati.

L’italiano può essere costretto a stringere la cinghia ma il modello televisivo si è insinuato così bene nella materia cerebrale che il rinunciare ad essere come gli “altri” è diventata una strada impossibile. Quando si tratta di mangiare poi si potrebbero scrivere dei veri e propri trattati culinari. Stesso dicasi per il gentil sesso, dove l’italiano sforna una conoscenza approfondita dell’oggetto del desiderio che si potrebbe scrivere una tesi di laurea fin troppo particolareggiata.
Mora, bionda, rossa, culo alto, basso, gambe lunghe, caviglie strette, sguardo assatanato e la lista anche qui potrebbe continuare. L’italiano sa tutto o almeno crede di sapere tutto. E’ capace di osservare attentamente un’avvenente signorina per strada e farle una radiografia con un cerino.
E non è un caso se il detto popolare  “tira più un pelo di fic*” che un carro di buoi” è così inflazionato , almeno nel bel Paese.

E poi c’è lei, venerata, adorata come un dio, l’intoccabile e amata squadra del cuore per la cui bandiera si potrebbe anche morire da martire. Un ideale da difendere costi quel che costi che viene prima di tutto e di tutti. Che ha la priorità su ogni cosa visibile e invisibile di questo mondo.
Non è un caso se pochi giorni fa l’apertura di un negozio di elettronica,  che praticava  sconti incredibili, ha scatenato un inferno nella capitale. Strade bloccate, gente bivaccata nella notte con tende e sacchi a pelo per non perdere il posto acquisito nella lunga fila, spintoni, pugni e calci per essere tra i primi ad acquistare a prezzi stracciati anche i televisori LCD all’ultimo grido, che serviranno per guardare  la prossima partita di calcio. Chiaramente l’evento era stato preventivamente bandito ai bambini e ai portatori di handicap. E non era uno scherzo. Insomma episodi più unici che rari che ci riempiono di quell’orgoglio tutto italiano. Dall’estero intanto ci guardano, un po’ perplessi un po’ sgomenti. I cittadini, quelli con un po’ di sale in zucca questa volta, che hanno uno sguardo sulla nostra vita politica e sociale si chiedono ancora com’è possibile che l’Italia sia scivolata così in basso. Si chiedono ancora il perchè vige quella mentalità un po’ mafiosetta dove si va avanti, ma solo se conosci l’uomo chiave altrimenti “ciccia”.  Si domandano ancora perchè   un Presidente del Consiglio, ovvero il Capo del governo racconti barzellette ai suoi elettori, faccia festini hard e debba rispondere di favoreggiamento alla prostituzione minorile. Si chiede ancora perchè questa opposizione dice di fare ma poi finisce inghiottita dalle sabbie mobili della mediocrità e della rassegnazione nell’incapacità di prendere posizioni comuni.
E non sorprendetevi se qualcuno azzarda sul premier la solita considerazione: “Beato lui che tromba”.
Evviva l’Italia del cambiamento.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe