Il mondo della sostenibilità e dell’economia ecologica ha subito una grande perdita con la scomparsa di Herman E. Daly, avvenuta il 28 ottobre 2022 in Virginia all’età di 84 anni. Considerato il padre dell’economia ecologica e uno dei principali promotori del concetto di economia stazionaria, Daly ha dedicato la sua carriera alla critica del paradigma della crescita infinita in un mondo finito.
La sua visione, ancora oggi, sfida le basi dell’economia tradizionale e offre un’alternativa sostenibile per il futuro dell’umanità.
Una vita segnata dalla determinazione
Nato e cresciuto in Texas, Daly visse un’infanzia segnata da una grave malattia: all’età di sette anni contrasse la poliomielite, che lo portò a subire l’amputazione del braccio sinistro. Questo evento traumatico lo spinse a concentrarsi sulle sue capacità piuttosto che sulle sue limitazioni, un principio che guidò tutta la sua vita e carriera.
Appassionato sia di scienze che di discipline umanistiche, scelse di studiare economia alla Rice University, attratto dall’idea che potesse fungere da ponte tra le risorse biofisiche e le aspirazioni umane.
Tuttavia, rimase deluso nel constatare che l’economia dominante del XX secolo, di stampo neoclassico, ignorava le reali limitazioni ambientali e le dinamiche ecologiche. Ciò lo spinse a intraprendere una carriera accademica con l’obiettivo di riportare la sostenibilità e l’etica al centro del dibattito economico.
Le idee rivoluzionarie
Dopo aver conseguito un dottorato presso la Vanderbilt University, Daly insegnò per vent’anni alla Louisiana State University. Fu qui che iniziò ad approfondire le interconnessioni tra economia e ambiente, sviluppando il concetto di economia ecologica, una disciplina che considera l’economia come un sottosistema dell’ecosfera e non come un’entità indipendente.

Nel 1973 curò l’antologia Towards a Steady-State Economy, in cui propose una visione alternativa alla crescita illimitata, basata su un’economia che mantiene stabile il capitale naturale e umano, evitando il sovrasfruttamento delle risorse. La sua critica al concetto di “crescita sostenibile” come ossimoro divenne un punto di riferimento per il dibattito ambientale.
L’Impatto sul mondo accademico e istituzionale
Nel corso degli anni, Daly acquisì una crescente influenza nel dibattito economico e ambientale. I suoi studi vennero citati nel celebre rapporto The Limits to Growth del Club di Roma (1972), e nel 1988 fu invitato a lavorare come economista senior nel Dipartimento Ambientale della Banca Mondiale.
Qui propose tre principi fondamentali per la sostenibilità, ovvero l’uso sostenibile delle risorse rinnovabili in cui si richiede che il loro consumo non superi il tasso di rigenerazione. L’uso sostenibile delle risorse non rinnovabili impone che il tasso di consumo non superi il ritmo con cui si sviluppano alternative rinnovabili. E il tasso di produzione di rifiuti e inquinamento non deve eccedere la capacità della natura di assorbirli e neutralizzarli.
Questi principi, sebbene razionali, furono osteggiati all’interno della Banca Mondiale poiché considerati un ostacolo alla crescita economica. Dopo sei anni, Daly lasciò l’istituzione per insegnare all’Università del Maryland, dove continuò a formare una nuova generazione di economisti più attenti alla sostenibilità.
Il suo pensiero su popolazione e ambiente
Daly affrontò apertamente il tema della crescita demografica e della pressione esercitata sull’ambiente. A suo avviso, sia la crescita della popolazione sia l’aumento dei consumi erano responsabili del degrado ambientale, e sostenne la necessità di stabilizzare la popolazione attraverso politiche di pianificazione familiare volontaria e un controllo ragionato dell’immigrazione.
Nel 2016, in un articolo pubblicato sulla rivista Solutions, propose una serie di politiche per favorire la transizione verso un’economia stazionaria, tra cui il controllo della crescita demografica e l’applicazione di leggi sull’immigrazione compatibili con la sostenibilità ambientale.

Riconoscimenti e eredità
Nel corso della sua carriera, Daly ricevette numerosi riconoscimenti, tra cui il Right Livelihood Award (considerato il “Nobel alternativo”), l’Heineken Prize per la Scienza Ambientale e il Blue Planet Prize. Nonostante il suo straordinario contributo all’economia ecologica, molti ritengono che avrebbe meritato il Premio Nobel per l’Economia, riconoscimento che però non gli venne mai conferito.
Oltre ai suoi successi accademici e professionali, Daly era noto per la sua umiltà, integrità e profonda fede cristiana, che influenzò il suo impegno per una società più equa e sostenibile.
Herman Daly ha sicuramente lasciato un’eredità intellettuale e morale di inestimabile valore.
Le sue idee rappresentano ancora oggi una guida per chi cerca soluzioni sostenibili alle sfide globali, dall’esaurimento delle risorse all’emergenza climatica. Il suo lavoro continuerà a ispirare economisti, ambientalisti e politici in tutto il mondo, ricordandoci che il vero progresso non si misura con il PIL, ma con il benessere delle persone e del pianeta.