Crisi economica. Ogni due giorni e mezzo un suicidio

Alcuni cittadini presentano un esposto-querela ipotizzando “l’istigazione al suicidio” da parte delle istituzioni

ROMA –  Nel 2013 sono state 149 le persone che si sono tolte la vita, rispetto agli 89 casi registrati nel 2012 per via della crisi economica. E’ quanto emerge dal recente studio pubblicato da Link Lab, il Laboratorio di Ricerca Socio-Economica dell’Università degli Studi Link Campus University.  Si tratta di suicidi tutti di natura economica, che, dati alla mano, si registrano ogni due giorni e mezzo. 

Un suicida su due è imprenditore, ma in un anno è raddoppiato anche il numero dei disoccupati suicidi. Il fenomeno inoltre sembra sia andato man mano uniformandosi. Non c’è più, infatti, una grande distinzione tra Nord e Sud Italia, a conferma che la disperazione non conosce confini, visto che i motivi sono per tutti gli stessi: mancanza di risorse economiche, mancanza o perdita di lavoro, mancanza di speranza nel domani, fallimento, sovraindebitamento, impossibilità a pagare tasse e cartelle esattoriali. Per molti questi pesi sembrano diventare davvero intollerabili e insormontabili. Si tratta insomma  di suicidi dai contorni ben definiti.  Non si parla infatti propriamente di persone ‘vittime di se stesse’ o di un malessere dovuto a una specifica patologia. Sono persone costrette, probabilmente in piena coscienza, a gesti estremi a causa di una miseria umana, dettata da condizioni sociali che le hanno totalmente deprivate di quella dignità che è il sale della vita stessa.  

Effettivamente i dati dei suicidi consumatisi negli ultimi anni sono davvero inquietanti. Anche la Cgia, la confederazione degli artigiani di Mestre, ha rilevato recentemente dati molto preoccupanti su questo scottante argomento: solo tra il 2008 e il 2010, secondo l’associazione veneta, il numero di persone in difficoltà economica che si sono tolte la vita è cresciuto di oltre il 24%, da 150 a 187 all’anno, mentre il tentativo di suicidi è passato da 204 a 245. 

Insomma, quelli snocciolati sono i numeri di un vero dramma, di una guerra combattuta spesso in solitudine, silenziosa,  perché avvolta da una generale indifferenza, dettata quasi da una sorta di ‘assefuazione’ e accettazione. Se inizialmente un gesto disperato di questa portata poteva indurre a sentimenti di preoccupazione, rammarico, incredulità, sembra quasi che con il tempo il tutto si sia ridotto a una sterile conta dei ‘caduti’. Mentre dietro a ogni suicidio ci sono fatti da analizzare, cause concrete da considerare e sarebbe troppo facile derubricarli come semplici suicidi ‘fisiologici’. 

E’ all’indifferenza che si sono opposti un gruppo di cittadini che, già  da un mese si sono uniti su facebook dando poi vita a una class action, che li ha addirittura spinti a depositare un esposto-querela alle varie procure, per stabilire se vi siano responsabilità, da parte delle ultime legislature, ipotizzando addirittura “l’istigazione al suicidio” art. 580 c. p.. 

In sintesi, si richiede una assunzione di responsabilità da parte della politica, considerando le persone suicidatesi, non come vittime di se stesse, ma anche dello Stato.

E’ di pochi giorni fa la notizia che la procura di Padova ha accolto tre dei numerosi esposti presentati da imprenditori. L’esposto recita: “Governo e Parlamento non hanno messo in atto provvedimenti,  anche in forma assistenziale, tali da impedire che si succedessero i suicidi a causa della perdita del posto di lavoro, a causa della crisi economica, che ha colpito duramente i piccoli artigiani, commercianti agricoltori, colpa dell’esasperante pressione fiscale e di altro”.  Al contrario – continua l’esposto –  invece di perseguire i gestori delle slot machine o quelli che continuano a detenere ricchezze finanziarie italiane all’estero per mancato pagamento di quanto dovuto all’erario, li hanno graziati e condonati e, dulcis in fondo, finanziato con i gettiti erariali, banche private come Mps. Ma risorse finanziarie e programmi per tutelare la vita dei cittadini italiani rimasti senza reddito, giammai”. I querelanti accusano quindi i politici di non aver mai istituito, a tutela dei meno abbienti, dei disoccupati, di chi era in serie difficoltà, un fondo, con la supervisione dei prefetti “per dare un reddito e una dignità a tutti quei cittadini che si trovassero in crisi finanziaria”.

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