I timori di una crisi di governo gelano Piazza Affari. Mediaset perde 150 milioni

TRIESTE –  La settimana di Borsa conclusasi lo scorso venerdì ha confermato l’elevata volatilità dei listini, ancora alla ricerca di una qualche forma di normalizzazione dopo ben cinque anni di crisi finanziaria: bassi volumi e generale nervosismo non hanno giovato a Piazza Affari che, dopo cinque settimane consecutive di rialzi, ha chiuso l’ottava compresa tra il 19 ed il 23 agosto in calo dell’1,9%, riducendo così il progresso da inizio anno al 6,57%.

In particolare l’instabilità politica provocata da Berlusconi e dal Pdl ha avuto  riflessi negativi sui titoli della galassia Fininvest, che in 4 ore hanno perso 150 milioni.  Mediaset, addirittura è stata sospesa per eccesso di ribasso.  In attesa dei grandi “market mover” (eventi di importanza tale da influenzare i mercati) di settembre, la riunione della Fed sulle decisioni di politica monetaria del 17 e 18 e le elezioni politiche tedesche del 22, ci si interroga su quanto è stato fatto e quanto ancora si potrebbe fare in tema di politica monetaria.

Secondo Christine Lagarde, direttore generale del FMI (Fondo Monetario Internazionale), le politiche non convenzionali delle grandi Banche Centrali (Fed, BCE, Bank of Japan) «hanno portato a un punto di svolta» contro la crisi fornendo liquidità di supporto al sistema bancario, rifinanziando i debiti pubblici di Paesi che non sarebbero riusciti a trovare sui mercati le risorse necessarie e creando le premesse per iniziative di politica fiscale e riforme strutturali negli Stati più colpiti dalla crisi. Dal simposio organizzato dalla Fed a Jackson Hole ha poi invitato i banchieri centrali a non aver fretta nel ritirare gli stimoli, ammonendo nel contempo la politica a «non sprecare lo spazio offerto dalle misure di politica monetaria non convenzionali», di fatto un allineamento alle indicazioni della BCE (Banca Centrale Europea) di Mario Draghi, secondo il quale la decisione di frenare gli aiuti dipenderà dalla ripresa economica.

Un risveglio che, già iniziato negli USA ed in Giappone, sembra timidamente affacciarsi anche sull’Europa, creando scompiglio tra quanti vorrebbero lasciare aperte le porte ad un’ulteriore riduzione dei tassi per favorirlo e chi invece propende già da ora per un loro rialzo. 

Tra i fautori della seconda ipotesi si colloca Wolfgang Schaeuble, potente ministro delle Finanze tedesco impegnato al fianco di Angela Merkel nella campagna elettorale, secondo il quale «i bassi tassi sono soprattutto un’espressione di insicurezza sui mercati del debito; questo non può durare all’infinito, anche se rappresenta un beneficio per il bilancio federale tedesco».

Schaeuble ha anche recentemente commentato la necessità di un nuovo prestito alla Grecia, in difficoltà nel far ripartire un’economia schiacciata dai programmi di austerity imposti dalla Troika, «molto più contenuto» rispetto ai precedenti programmi di aiuto. Estremamente esplicita sull’argomento anche la cancelliera Angela Merkel: «metto in guardia con forza contro un taglio del debito» si legge sul settimanale Focus «potrebbe innescare un effetto domino che creerebbe insicurezza» ed azzererebbe nell’Eurozona la disponibilità ad investire dei privati.

A gettare acqua sul fuoco il ministro delle Finanze greco Yannis Stournaras che, dopo la visita ad Atene del membro del board BCE Joerg Asmussen, ha precisato che la Grecia non ha bisogno di procedere ad un nuovo taglio sul valore del debito e che «Se vi dovesse essere necessità di un ulteriore sostegno, sarà nell’ordine di circa 10 miliardi»; non ha inoltre escluso la possibilità di una nuova emissione obbligazionaria nella seconda metà del 2014, anche se non ha precisato l’ammontare dell’eventuale operazione.

Seduta positiva per i mercati asiatici, sul cui sfondo si continua ad agitare lo spettro del “tapering“, la riduzione del programma di stimoli pari ad 85 miliardi di dollari al mese; il dato negativo del comparto immobiliare a stelle e strisce registrato ad agosto potrebbe suggerire alla Federal Reserve di soprassedere in attesa di segnali di ripresa più convincenti, generando una positiva reazione nei mercati emergenti, le cui valute sono estremamente esposte alle prospettive di una riduzione della liquidità disponibile.

Tokyo ha chiuso a -0,18% una seduta molto volatile e dagli scambi ridotti, aperta in grande rialzo e poi ritracciata; positive invece le Borse cinesi (Shanghai +1,8%, Hong Kong -0,7%), che hanno beneficiato dell’ottimismo degli analisti e delle stime di crescita al rialzo per il terzo trimestre.

Debole avvio di ottava per le Borse del Vecchio Continente, orfane di una Londra chiusa per festività. A metà seduta prevaleva ancora il segno meno dettato dalla cautela verso i più recenti aggiornamenti dell’economia americana, capaci di spostare facilmente in una direzione o nell’altra il “sentiment” del mercato, come avvenuto oggi sui listini asiatici: finale debole per Madrid (-0,425), in sostanziale parità per la poco mossa Parigi (-0,06%) ed in Frazionale rialzo per Francoforte (+0,22%).

Pesante ribasso per Piazza Affari (FTSE Mib -2,10%, FTSE Italia All Share -1,97%) nella prima seduta della settimana, scossa dal nuovo clima di instabilità politica in Italia: il Pdl minaccia di sfiduciare il Governo Letta e ciò basta ad evocare il timore di un rinvio dei provvedimenti economici e fiscali oltre che lo spettro di nuove elezioni. A incoronare Milano maglia nera d’Europa i generalizzati ribassi dei bancari (Montepaschi -3,37%, Unicredit -3,50%, Intesa Sanpaolo -3,33%) ma soprattutto la debâcle di Mediaset (-6,25%), fermata in mattinata per un eccesso di ribasso e legata a doppio filo ai timori per una crisi di Governo: il calo odierno si traduce in una perdita di circa 266 milioni di capitalizzazione, 110 dei quali attribuibili alla quota di Berlusconi in virtù della quota del il 41,2% del Biscione in mano alla Fininvest.

Secondo Nouriel Roubini, economista statunitense noto per le sue previsioni sull’avvento della crisi finanziaria globale, un’eventuale crisi di governo in Italia potrebbe riportare lo spread tra BTP e Bund tedeschi a quota 300 punti in pochissimo tempo, non solo interrompendo il buon momento del mercato azionario italiano, ma mettendo anche a serio rischio i timidi e più recenti segnali di stabilizzazione dell’economia del bel Paese.

Sul fronte del debito sovrano lo spread, la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, ha catturato questi timori riportandosi a quota 249 Bp (Basis point, punti base) dai 239 Bp della chiusura di venerdì, incrementando il tasso del titolo italiano (Btp maggio 2023) al 4,38%, in deciso rialzo dal precedente 4,33%.

 In crescita anche lo spread tra i titoli con scadenza a due anni, ora a 166 Bp per un tasso dell’1,9%.

 

 

 

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