Arriverà il giorno in cui gli storici saranno chiamati a raccontare ai contemporanei che cosa fu effettivamente il governo presieduto da Silvio Berlusconi e quali furono le numerose nefandezze da esso compiute. La riflessione andrà fatta soprattutto su provvedimenti riguardanti i lavoratori, oggetto di particolare crudeltà da parte di ministri come Maurizio Sacconi. Basti pensare alla cancellazione della legge del governo Prodi che impediva le dimissioni in bianco per le lavoratrici madri.
Una delle leggi più incredibili approvate da quel governo, per spinta del suo ministro del lavoro, è descritta oggi in un articolo di Milena Gabanelli sul “Corriere della Sera”. Si tratta della legge n. 122/2010, infilata nella legislazione di contorno della finanziaria di quell’anno. Essa ha previsto che tutti coloro che sono passati da un impiego pubblico ad uno privato, sia che lo abbiano deciso volontariamente o che vi siano passati forzatamente a seguito di una privatizzazione, debbano pagarsi il ricongiungimento dei contributi versati dall’Inpdap al Inps. Fino a quella data, infatti, il ricongiungimento era effettuato senza costi; con quella legge voluta da Sacconi, invece, tale operazione diventa a carico del lavoratore, con costi insopportabili. La sorpresa è arrivata a migliaia di pensionandi che, chiesto il ricongiungimento, si sono visti recapitare conti da 93 mila euro con una proposta di rateizzazione da 1.600 euro al mese per quindici anni. In pratica il costo del ricongiungimento risulta superiore alla liquidazione.
Ma perché un effetto così perverso? Ci spiega
A rimediare al disastro perpetrato da un increscioso ministro ci ha pensato una deputata del Partito democratico, Maria Luisa Gnecchi, che ha convinto colleghi di destra e di sinistra a firmare una mozione che spinga l’attuale governo ad abrogare gli effetti di quella legge scriteriata. Il problema ora, però, è che il gettito di quel provvedimento, cioè i soldi che il governo Berlusconi sperava di incassare con la legge n. 122/2010, sono stati iscritti in bilancio e abrogando il provvedimento si creerebbe un buco che occorre coprire.
Il bello è che, interrogato sulla incredibile vicenda il principale esperto di Welfare, Giuliano Cazzola, un passato a sinistra e ora deputato berlusconiano, ha affermato che il provvedimento non fu una svista o un errore, ma fu proprio voluto. Insomma, un attacco mirato contro i lavoratori, colpevoli soltanto di aspirare ad una pensione da 1.300 euro al mese. Questo e molto altro ancora furono il governo di Silvio Berlusconi e i suoi colpevoli ministri.