Il Brasile fa rivivere Keynes. Bocciato Boccia. La rivincita di Fassina

ROMA – Si riparla della Grecia fuori dall’ euro, ma anche di misteriosi piani di emergenza che verrebbero messi a punto per evitare che la moneta europea crolli. Niente di nuovo, non si avverte alcun cambio di rotta in una politica fallimentare, dentro una crisi che dura da ben cinque anni.

In altri Paesi, in altre parti del mondo, si punta al rilancio dell’occupazione come fondamento di nuna politica di contrasto al rallentamento dell’economia a livello mondiale. Il Brasile presenta un piano che prevede investimenti pubblici  Lo ha annunciato la presidente brasiliana, la socialista Dilma Rousseff. Sembra un altro mondo, forse lo è, rispetto a questa inconcludente Europa legata a politiche liberiste. C’è una riscoperta di Keynes, il grande economista, si  fa tesoro degli insegnamenti di Krugman, Stiglitz,  si entra in un circuito culturale che pare  estraneo alla vecchia Europa.

La presidente socialista: investimenti pubblici per 66 miliardi di dollar

Il piano prevede investimenti pubblici per ben 66 miliardi di dollari, per intervenire su bisogni fondamentali del Paese, dei cittadini, dei lavoratori, delle fasce di più basso reddito.

 Estraneo anche a esponenti di primo piano del partito democratico, come Francesco Boccia, coordinatore economico dei gruppi parlamentari del Pd, il quale   ha definito il keynesismo un residuo di una sinistra superata. Che ogni giorno se la prende con Stefano Fassina, della segreteria nazionale del Pd, responsabile del settore economia e del lavoro. “ reo” di sostenere  politiche che richiamano Keynes. Insomma  un bel problema per un partito, il Pd, appunto che vuole governare.  Così come non è secondario il fatto che il Brasile sia diretto da un governo socialista, parola in disuso in Europa, anche in ambienti che si definiscono progressisti, liberal. Nel vecchio continente invece tutto il dibattito ruota attorno ai piani di emergenza. Ora,rivelano alcuni giornali tedeschi,se ne starebbe discutendo uno per mettere in sicurezza l’euro . Ciò sarebbe possibile tenendo  conto del fatto che Anghela Merkel  sarebbe pappa e ciccia con Monti, avendo affermato di condividere le posizioni espresse dalla Banca centrale europea. O meglio gli annunci  di Draghi non ancora tradotti in interventi concreti. Condividere un annuncio non ci sembra poi una gran cosa. Ma questo passa ilo convento. Anche il ministro  degli esteri finlandese ha annunciato un piano per affrontare la possibile crisi dell’euro. Poi è stato sconfessato dal governo di cui fa parte, ma non vuol dire. In Europa si assiste a questo e ad altro.  L’unico fatto concreto è che la Grecia resta l’imputato numero uno di tutte le difficoltà della moneta unica dopo che la politica del rigore, della austerità, decisa dalle tecnocrazia europee e dai governi conservatori,  ha tartassato questo paese, spolpato, scorticato come peggio non si poteva. Il solo annuncio che il governo ellenico aveva  l’intenzione di chiedere se era possibile aprire una discussione, in via informale, su una eventuale dilazione nella restituzione del prestito,  i “falchi” e non solo quelli tedeschi sono insorti ed hanno auspicato ilo ritorno della Grecia alla dracma, “tecnicamente  e mettere l’euro in sicurezza. La Grecia affonda? Uno di meno.

Un vorticoso giro di incontri come al gioco dell’oca

Da qui, l’emergenza appunto, un vorticoso giro di incontri. Capofila Anghela Merkel che vedrà fra qualche giorno Hollande a Berlino, poil premier greco,Samaras, il 29  Mario Monti, quindi a Madrid per psarlare con Mariano Rajoy il quale non intende chiedere l’intervento della Bce senza sapere quali sono le condizioni. Sre cioè gli aiuti sono condizionanti , di fatto, ad un vero e proprio co0mm8issariamento oppure no. La prima ipotesi sarebbe quella più vicina alla realtà. Lo stesso Draghi lo ha fatto capire tanto che anche Monti si è affrettato a dire che l’Italia non ha bisogno di aiuti. Questo lo stato dell’arte. L’11 settembre, o giù di lì, la Commissione europea dovrà presentare  un progetto per quanto riguarda la vigilanza bancaria, cosa di non poco conto, anche perché la Germania non intende rinunciare ad un ruolo autonomo delle casse di risparmio e delle banche popolari cooperative.

L’Europa discute solo di politiche finanziarie

Come si vede da questo quadro ancora una volta l’Europa discute solo di politiche finanziare, non una parola sulla crescita, lo sviluppo, solo  rigore , austerità, tagli ai bilanci. Ma anche su questo versante sembra di assistere al vecchio, caro gioco dell’oca. Si va avanti finché non si incontra la casella maledetta, quella che ti fa tornare al punto di partenza. La realtà è che proprio il punto di partenza ti porta su una rotta sbagliata,  ti fa sbattere contro gli scogli, ti fa deragliare.

La crisi si affronta se si punta sulla domanda interna

Dal Brasile vengono indicazioni concrete. Una  cosa emerge: la crisi globale si affronta solo si su punta sulla domanda interna, i consumi delle famiglie. Gli investimenti pubblici brasiliani saranno indirizzati verso le infrastrutture, mettendo in moto meccanismi economici che fanno da moltiplicatori per gli investimenti privati. Si dirà: ma questi paesi hanno  risorse che  non ci sono in particolare in Italica, negli altri paesi europei gravati da debiti. Ma come ha fatto il Brasile a diventare la sesta potenza del mondo superando l’Italia? Le risorse vanno cercate, una riforma del fisco che punti ad una redistribuzione del reddito verso il basso può essere un punto di partenza. La partita nel mondo globalizzato si gioca fra chi punta alla crescita e finalizza l’investimento pubblico senza far venir meno il rigore nel controllo delle spese e chi, invece, pensa che dalla crisi esce solo con una politica di austerità. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.E una via di uscita, se non si cambia rotta, non sembra essere a portata  di mano. Perché  così la cura uccide il malato. E non se ne parla più

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