“Anche in Europa c’è crisi,ma mai come in questo anno c’è stato un soprassalto, la volontà di costruire insieme”. Mario Monti non aveva ancora terminato di pronunciare queste parole al meeting di Comunione e Liberazione che il suo ottimismo veniva smontato. Cgil, Cisl, Uil, lo ritenevano del tutto infondato, poi arrivava la Bundesbank e ci metteva del suo.Come si dice l’occasione fa l’uomo ladro e il meeting di Cl sta diventando l’occasione di una passerella di ministri, ieri Passera e Clini, nel nome della “grande alleanza” che i dirigenti di Comunione e liberazione auspicano in modo aperto come ha fatto Giorgio Vittadini oggi presidente della Fondazione per la sussidiarietà mentre in altra sede il presidente della Provincia di Trento, Dallai, già Margherita, lavora per costruire la “ Cosa bianca”, dall’Udc e pezzi di Pdl, nel nome di De Gasperi. Non è un caso che proprio Monti abbia più volte richiamato gli insegnamenti dell’uomo che guidò la dc a partire dall’ìmmediato dopoguerra
Bloccata la Bce sull’acquisto di titoli dei paesi in difficoltà
Quando il presidente del Consiglio ha preso la parola aveva informazioni di prima mano che gli facevano tirare un respiro di sollievo. Un autorevole giornale tedesco , lo “Spiegel”, dava notizia della possibile decisione della Banca centrale europea di un fissare un tetto per lo spread per quanto riguarda i paesi in difficoltà. Superato questo tetto la Bce avrebbe potuto acquistare titoli. Non ci sarebbe stato più bisogno di una richiesta dei singoli paesi e della accettazione di condizioni poste dalla stessa Bce, di fatto un commissariamento. Per questo Monti a più riprese aveva affermato che l’Italia non aveva bisogno di aiuti e anche la Spagna prima di avanzare richieste attendeva lumi dalla Bce. “ La Repubblica”, più montiano dello stesso Monti diffondeva ampi particolari sul possibile intervento della Bce. Sarebbe stato tenuto segreto il limite stabilito per lo spread per i singoli paesi in difficoltà onde evitare che gli speculatori facessero i loro giochi. Monti ,ovviamente era a conoscenza del lavorio in corso, i suoi contatti con il presidente della Bce, Mario Draghi, sono pressoché giornalieri . La notizia del progetto “antispread” data dai giornali era una conferma di quanto si stava preparando e aveva preso tutto per buono e portato a casa. Non aveva tenuto conto che lo “Spiegel” aveva anticipato diffuso la notizia non per fare un favore a Monti, all’Italia e alla Spagna. Proprio il contrario. Il presidente del Consiglio non aveva ancora finito di parlare che partiva il tam tam tedesco. Non c’era nessun intervento da parte di esponenti del governo e della Bundesbank,. silenzio di tomba. Che contava più delle parole. Si pronunciavano però i portavoce. Pollice verso. La grande banca che conta quanto e forse più di Anghela Merkel faceva sapere che se fosse stata approvata la decisione del tetto per comprare titoli dai paesi a rischio ci sarebbero stati “rischi significativi” per tutti i paesi dell’eurozona e che solo governi e parlamenti e non le banche potevano condividere tali rischi.
Tutte le Borse andavano in picchiata. Una nuova giornata nera
Faceva eco il portavoce del ministro delle Finanze tedesco che definiva “ molto problematica” la possibilità di intervento da parte della Bce. Era un segnale preciso ,un avvertimento per la Bce, uno stop senza sé e senza , chiamando in causo lo stesso Draghi, anche senza nominarlo. Del resto la reazione immediate dei mercati non lasciava spazio per andare avanti. Tutte le Borse, tranne Francoforte, che erano partite bene andava in perdita. Lo spread fra titoli italiani e quelli tedeschi che era sceso sotto i 120 punto risaliva a 126. Così arrivava da Francoforte la frenata della Bce. Parlava un portavoce il quale se la prendeva con lo “Spiegel” ma, di fatto, annunciava la marcia indietro. Affermava ,infatti ,che “era assolutamente fuorviante riferire su decisioni che non sono state ancora adottate e anche su posizioni individuali che non sono ancora state discusse dal Consiglio direttivo della Bce” Partita chiusa. Passera quando ha preso la parola al Meeting di Cl sapeva che c’era da essere ben poco ottimisti ma ha fatto buon viso a cattiva sorte e se l’è cavata dicendosi d’accordo con Monti sulla via uscita dalla crisi però con una precisazione: dipende da come ci si muove. E parla di necessità di “coesione sociale”.
Cgil, Cisl,UiL. Del tutto infondato l’ottimismo del premier
Ottimismo non alberga nelle sedi dei sindacati, alle prese tutti i giorni con i probleli reali del Paese, dei lavoratori e dei pensionati.. “Noi non vediamo l’uscita dal tunnel, anzi ci aspetta un autunno molto difficile-sottolinea Elena Lattuada, segretaria confederale della Cgil -faccio fatica – a comprendere dove vedano l’uscita dalla crisi. I dati in nostro possesso, ma anche quelli di Confindustria, ci dicono tutto il contrario. Sii prospetta un autunno nero:” La Cgil –conclude Lattuada-torna a chiedere una vera politica industriale che manca all’Italia”.
“Non vedo spiragli positivi, dire che ci sono è una manifestazione di ottimismo necessaria ma assolutamente infondata” annota il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti: “Il numero dei disoccupati rischia di crescere così come il numero delle imprese che chiuderanno,si prevede una recessione peggiore del 2012, peggiore anche delle stime che il governo aveva fatto”. “Sarà “un autunno per nulla piacevole Il Paese sta andando allo sfascio”. Raffaele Bonanni,segretario generale della Cisl, si augura che “Monti abbia ragione ma il Paese-afferma- è in una situazione disastrosa. La fine della crisi la vedremo solo quando tutti tireranno da una sola parte per affrontare i nodi che abbiamo di fronte. Ma non c’’è un progetto di popolo che coinvolga tutti”.