Monti scopre il simbolo nascosto sotto un drappo rosso. Esibizione di pessimo gusto

ROMA – Una esibizione di pessimo gusto quella di Mario Monti che ha presentato il simbolo della lista che porta il suo nome quasi fosse un’opera d’arte.

Nascosto sotto un drappo di broccato rosso  in una sala dell’Hotel Plaza, un albergo romano in  cui Gianni De Michelis, ministro craxiano  aveva stabilito il proprio quartier generale. Una sala e un alb ergo che non portarono bene al ministro, duramente contestato. È stato tenuto  ben coperto  finché il professore non è arrivato, in ritardo, accompagnato da una piccola claque che si è mischiata ai giornalisti. Era stata annunciata una conferenza stampa  ma non vi è stata. Forse il premier dimissionario era affaticato da una ennesima riunione tenuta in un luogo segreto nel corso della quale si è discusso ancora una volta delle liste e della loro composizione. O , è questa l’ipotesi più probabile, ha voluto evitare di rispondere a domande che potevano essere imbarazzanti  dopo le intimazioni rivolte a Bersani perché “silenzi” Fassina, Vendola, la Cgil, la Fiom e tagli le ali estreme. Il professore  si è attirato le critiche da ogni parte politica, anche dall’interno del suo schieramento, vedi l’ex presidente delle Acli, Olivero, il quale ha affermato che “con il partito democratico occorre un confronto serrato, non certo lo scontro”.

Il professore  si autosilenzia

In ogni caso non bisogna pregiudicare la possibilità di una collaborazione dopo il voto. Mentre Monti si “silenziava” Pierferdi Casini, il piccolo dux,  ancora bersagliava Bersani, ripetendo che se prende la maggioranza sia alla Camera che al Senato farà il presidente altrimenti  se lo levi dalla testa. Un chiodo fisso del leader dell’Udc, quasi non vi fosse altro cui pensare. Lo stesso fa Monti. Prima di scoprire il prezioso simbolo ha detto poche parole per lodare se stesso. Ha ricordato che per “salire” in politica aveva chiesto il sostegno alla sua  “agenda”. Lo ha ottenuto, ampio, con tanti consensi, un risultato eccellente, straordinario. Dimentica che proprio oggi nuovi sondaggi   classificano i “ montiani” al quarto posto con un 12% dal quale non si schioda, dopo la coalizione di centrosinistra, al 40%, una eventuale alleanza Berlusconi-Lega al 24%, Grillo al 16%. Per un presidente del Consiglio sia pure dimissionario, che si ritiene il salvatore dell’Italia e dell’Europa  non sembra cosa esaltante. Non solo ha presentato il prezioso simbolo con scritto  “Con Monti per l’Italia (grande). Scelta civica (piccolo), in un giorno dove non c’è proprio niente di cui sorridere. Inflazione che sale, cassa integrazione oltre il miliardo di ore, consumi che vanno ancora  più giù, saldi  che non si risveglieranno grazie al simbolo montiano. Se è vero che con Monti l’Italia ha ritrovato credibilità lo è altrettanto il fatto che i provvedimenti presi dal governo, malgrado le correzione apportate dal Parlamento, per iniziativa del Pd in particolare, non hanno affrontato il grande problema che si chiama “questione sociale”, dal lavoro  all’uguaglianza . A Monti devono essere fischiate le orecchie perché mentre lui osannava se stesso dalle gerarchie vaticane  arrivavano  inviti  alla diverse “agende” ad affrontare i problemi del lavoro e del welfare. Un segnale che dopo il sostegno incondizionato, anche in al di là del Tevere qualche riflessione viene fatta. Di “agende” ve ne è una sola, le parole degli alti prelati non pooitevano che essere rivolte al professore e ai montiani.

Tre liste con ben visibili i nomi dei leader

Un’ultima annotazione.  Monti, Casini e Fini, più volte si sono detti contrari a lista personali. Il leader dell’Udc, se ben ricordiamo, aveva tolto il suo nome dal simbolo. Dice il professore il cui nome  è ben visibile  “immagino che vi siano i nomi di Casini e Fini sulle rispettive liste”. Dove quell’ “immagino” è tutto un programma. Dimenticavamo: il professore ha fatto riferimento alla questione della candidabilità. Niente di rilevante. Solo che ha accennato a due deroghe per quanto riguarda le singole liste. Una cattiveria, ma quando ci vuole ci vuole: per l’Udc le deroghe forse riguardano il presidente  Buttiglione e il segretario Cesa.

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