Una chiazza nera e densa si aggira per l’Europa

ROMA – Di fronte alla crisi che sta squassando il Vecchio Continente, è inutile, anzi direi che è profondamente ipocrita, sorprendersi se i cittadini, esausti per i tagli ai servizi e per le continue vessazioni che sono costretti a subire, appena si presenta loro l’occasione, si gettano fra le braccia di formazioni politiche populiste e dichiaratamente anti-europeiste.

Non possiamo chiedere un voto “responsabile” all’operaio che ha perso il lavoro, al cassintegrato, al ragazzo precario che si vede obbligato ad emigrare all’estero perché nel suo paese la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli allarmanti o al pensionato che fruga di nascosto nei cassonetti o va a rubare qualche genere alimentare al supermercato perché la sua modesta pensione (in molti casi, meno di mille euro al mese) non gli consente più di vivere dignitosamente. A tutto, insomma, deve esserci un limite e le istituzioni europee,  spiace dirlo, quel limite lo hanno superato da tempo.
Non stupisce, dunque, che gli ultimi sondaggi prevedano nei prossimi mesi una netta avanzata delle suddette formazioni: un’ondata di populismo ed euro-scetticismo che rischia di travolgere non solo l’Unione Europea ma il concetto stesso di Europa, i suoi valori, i suoi ideali (sempre che ce ne sia ancora qualcuno), il suo modello sociale e culturale e, non ultimo, la sua attuale rappresentanza politica che verrebbe sostituita da partiti e movimenti il cui obiettivo dichiarato è quello di tornare agli stati e alle valute nazionali.
E non stupisce nemmeno che questo sarà, con ogni probabilità, l’argomento fondamentale da qui alle prossime Elezioni europee: quelle che, secondo noi, dovrebbero gettare le basi per la costruzione degli Stati Uniti d’Europa, a cominciare dall’elezione diretta del Presidente della Commissione Europea, ma che rischiano di trasformarsi invece nel successo di partiti estremisti come l’UKIP di Farage nel Regno Unito, il Front National di Marine Le Pen in Francia, il Vlaams Belang (Interesse Fiammingo) in Belgio e molti altri ancora, compreso il terribile Jobbik ungherese le cui idee, purtroppo, stanno iniziando a fare scuola, diffondendosi con preoccupante rapidità in un Continente oramai in ginocchio e non più disposto a credere alle promesse di una politica che troppe volte ha tradito.

Il volto razzista e xenofobo di partiti e movimenti
È, pertanto, una macchia di petrolio quella che i progressisti devono fronteggiare nei prossimi mesi: una chiazza nera e densa che si espanderà a vista d’occhio e cercherà in ogni modo di inquinare il dibattito pubblico, raccogliendo una messe di consensi ogni volta che uscirà allo scoperto (a dire il vero, sta già avvenendo) su temi come l’immigrazione e l’integrazione, mostrando il proprio volto razzista e xenofobo e facendo propri, senza remore, gli slogan e le parole d’ordine di un triste periodo che speravamo di aver consegnato definitivamente ai libri di storia.
Perché è inutile nascondersi, far finta di niente o, peggio ancora, minimizzare: è questa la direzione verso cui stiamo andando, la strada che abbiamo intrapreso e non riusciamo ad abbandonare, l’incubo che dobbiamo combattere e anche in fretta, se non vogliamo correre il rischio di ritrovarci immersi in una dittatura soft, dai toni pacati ma dai contorni chiaramente visibili che, come prime azioni, anche per pagare il proprio pegno elettorale, rinchiuderebbe l’Europa nella gabbia dei nazionalismi e smantellerebbe lo straordinario valore aggiunto di una società integrata e multietnica, accogliente e capace di abbracciare e promuovere le diversità, componendo quel mosaico di rispetto e tolleranza reciproca dal quale non possiamo prescindere se vogliamo davvero competere con i giganti emergenti della globalizzazione.

Vergognosi insulti contro la ministra Kyenge

Per questo, non possiamo e non dobbiamo sottovalutare l’avanzata dell’estrema destra e dei partiti anti-Euro che stanno dilagando ovunque, persino nella ricca Germania che un tempo si riteneva erroneamente al riparo.Per questo, in Italia, non possiamo e non dobbiamo sottovalutare gli insulti vergognosi di cui è stata fatta oggetto la ministra Kyenge, per il solo fatto di essere nera e di aver rilanciato la sacrosanta proposta di legge sul Diritto di cittadinanza per chi nasce nel nostro Paese da genitori stranieri. Così non possiamo e non dobbiamo sottovalutare le continue sparate di quel gaffeur di professione che è il ministro delle Finanze tedesco Schäuble, il quale avrebbe accusato il presidente della BCE Draghi di voler fornire un “aiuto di Stato” all’Italia e un sostegno implicito al governo Letta solo per aver proposto alle banche di tornare a cartolarizzare i prestiti fatti alle imprese, garantendo loro che i pacchetti di crediti cartolarizzati verrebbero poi ricomprati dalla BCE e contribuendo così a sbloccare i pagamenti dei debiti della Pubblica Amministrazione.
Sarebbe una misura di puro buonsenso, contro la quale nemmeno Schäuble avrebbe nulla da ridire se non incombessero sulla testa sua e della cancelliera Merkel le elezioni del prossimo settembre e se non dovesse fare i conti, al pari di Cameron, con l’ultraconservatore ed euroscettico Bernd Lucke e col suo partito, Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania), che le intenzioni di voto attestano intorno al ventisei per cento e il cui obiettivo dichiarato è l’uscita della Germania dall’Euro.
A tal proposito, in conclusione, non possiamo esimerci dal ricordare a questi finti leader la distinzione tra un politico e uno statista tracciata da De Gasperi: uno statista che nell’Europa ci credeva davvero, al punto di considerarla una speranza, un progetto per il futuro, una promessa di libertà e di stabilità,  ma soprattutto un uomo che guardava al domani,  all’evolversi continuo della nostra comunità e che mai si sarebbe sognato di far morire la Grecia o di mettere a repentaglio il posto di lavoro e le prospettive di milioni di persone solo per competere con chi ha fatto della logica dello sfascio la propria ragione di vita.

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