Alitalia, quando il sindacato vale due di picche

ROMA – La vicenda Alitalia Etihad continua ad avere dell’incredibile. Non ultima la lettera pubblicata sul Sole 24 Ore dal Segretario Generale della Cisl Raffaele Bonanni. Il noto esponente sindacale, parole testuali,  punta il dito sulle “contraddizioni e i ritardi culturali del sindacalismo italiano di fronte al cambiamento del nostro sistema economico”.  

ma non finisce qui: “Oggi più che mai – scrive sempre Bonanni – il sindacato è ad un bivio della propria storia: o sa accettare la sfida della economia globalizzata, oppure il paese si priverà dell’apporto prezioso anche di uno degli ultimi soggetti che in altre congiunture gravi ha garantito stabilità al sistema economico e sociale”.

Insomma, parole che suscitano un certo disorientamento considerando che se siamo arrivati a questo bivio la colpa è anche dei sindacati compiacenti i quali, ognuno a modo suo, danno sempre l’impressione di difendere i diritti dei lavoratori, ma alla fine non riescono nel loro intento. Sarà una triste fatalità? Se negli anni ’70 i diritti acquisiti fossero rimasti tali e non avessimo ceduto il passo a quella che Bonanni chiama economia globalizzata, ovvero deregulation, liberismo sfrenato, probabilmente le cose sarebbero andate diversamente. Economia che, grazie all’attacco frontale e continuativo contro il costo del lavoro, ha ridotto gli indifendibili lavoratori prima a schiavi. poi a cittadini senza potere d’acquisto e infine a disoccupati senza futuro.

E’ inutile che ora il leader della Cisl, che ricordiamo ha già firmato l’intesa assieme alla Cgil, voglia in qualche modo giustificare le scelte del suo sindacato, tirando in ballo addirittura modelli culturali, organizzazione e  capacità di rappresentare i reali bisogni della società italiana. Bonanni dovrebbe ricordare che anche grazie  al suo sindacato 10mila persone furono eliminate da Alitalia già nel 2008 e nel 2015 qualche migliaio di questi saranno disoccupati senza lavoro, senza pensione e senza speranze. Anche questa è una triste fatalità dell’economia gloabalizzata?

Insomma questa vicenda Alitalia, oltre agli investimenti esteri di cui molti si riempiono la bocca, additando le altre sigle non firmatarie come associazioni che per ragioni corporative difendono i loro interessi professionali o di bottega, porterà ancora i lavoratori a subire passivamente scelte scellerate.

Bisognerebbe chiedere e chiedersi com’è possibile che un sindacalista finisca per sdraiarsi come un tappetino di fronte, come dice Bonanni, “a investimenti importanti e cospicui,”, per i quali aggiunge, “un sindacato responsabile non può alzare continuamente l’asticella sul contratto di lavoro”. Ma in questo caso non si tratta di alzare l’asticella, bensì di perdere posti di lavoro, di stravolgere dei sacrosanti diritti, di rendere il lavoratore ancora più povero e privo di garanzie, addirittura per alcuni non ci sarà più la 13ma.

Ma è possibile che un sindacalista osservatore dei cambiamenti socio economici quale dovrebbe essere pensi ancora che questo modello economico sia in grado di funzionare con i suoi letali meccanismi, con le micidiali conseguenze sotto gli occhi di tutti? Forse i dati sul lavoro, sulla condizione economica e sociale che ogni giorno riempiono le prime pagine dei giornali non fanno più riflettere? Nel 2008 Guglielmo Epifani lanciò un appello che diceva: “il sindacato deve tornare a sporcarsi le mani”. Era un chiaro monito ai tanti che siedono ai tavoli delle trattative, che conoscono poco o hanno addirittura dimenticato il ruolo svolto dai lavoratori che rappresentano, ma per farsi belli sono subito pronti a firmare un contratto in nome del progresso e dello sviluppo che ormai fa acqua da tutte le parti. Insomma se anche un sindacato s’inchina davanti al potente di turno, non ha più ragione di esistere.

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