Renzi a Porta a Porta con la scuola non ci azzecca

ROMA – Ieri notte ennesimo teatrino mediatico di Matteo Renzi a Porta a Porta. Basta dare la parola all’ex sindaco di Firenze, magari senza interromperlo mai, invitare due editorialisti o direttori di testate fin troppo moderati e il gioco è fatto. Renzi può così nuovamente fare la sua propaganda, esattamente come ha fatto per anni Silvio Berlusconi.

Ma ieri ci hanno pensato tre docenti scolastici a smontare gli ottimismi e le promesse del premier, il quale ci sta sempre più abituando alla solita litania di una riforma che solo il suo governo è in grado di fare. Insomma Renzi ci ricorda sempre più il cavaliere, quando ci raccontava la fiaba dei biglietti aerei esauriti e dei ristoranti pieni zeppi di clienti affamati.

Sulla scuola, però, Renzi non ci ha affatto azzeccato. Tante parole e basta, questa è la costante che mette in luce la poca conoscenza del premier su un argomento così importante. A nulla è valsa l’esperienza e le problematiche riportate dai tre docenti ospiti della trasmissione di Bruno Vespa. A partire dalla vicenda di una scuola, la Visconti di Roma per l’esattezza, completamente restaurata grazie al solo aiuto e impegno dei genitori degli alunni, senza che le istituzioni abbiano dato il loro supporto concreto. Non è bastata la storia, una come tante purtroppo, della docente che denuncia il blocco degli scatti di anzianità e critica la cosiddetta meritocrazia sulla quale Renzi ha puntato per rendere, a sua detta, più efficace il corpo docente.

E a Renzi non sembra essere utile neppure l’ennesimo professore che ribadisce che la Cgil ha presentato un piano alternativo al Parlamento proprio sull’organizzazione scolastica, di cui però lo stesso premier non sembra esserne neppure a conoscenza.  Il premier non fa neppure una smorfia quando gli viene detto che le scuole vanno avanti anche e soprattutto per quel contributo volontario fatto passare come una sorta di tangente che i genitori sono costretti a pagare all’inizio dell’anno scolastico, pena la discriminazione del figlio. La storia del giovane di Parma emarginato dalle lezioni perché i genitori non potevano pagare quello che, ripetiamo, è un contributo volontario, sembra non indignare nessuno, mentre il governo tace.

Per non parlare della messa in sicurezza degli edifici scolastici, per i quali, secondo il premier ci vorrebbero almeno 3 miliardi di euro. Ripartiamo dalla scuola, era il motto renziano, riassunto nelle 136 pagine della “Buona Scuola”. Un testo che voleva diventare la linea guida per una scuola all’avanguardia. Tuttavia sarebbe il caso che il premier invece che apparire nelle trasmissioni televisive, si mettesse a tavolino con docenti, personale Ata e studenti. Magari finirebbe per capire che questo mondo così tanto sconosciuto è prima di tutto un bene comune su cui bisogna investire e non tagliare e, soprattutto, un argomento sul quale la solita vecchia e inflazionata demagogia politica non paga.

 

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