Berlusconi affonda il Paese. Necessario cacciarlo via dalle istituzioni per sempre. Come i Savoia

 

Ogni volta che il premier italiano annuncia che potrebbe presentarsi ancora una volta come candidato a Palazzo Chigi nel 2013, ondate di vendite di titoli italiani fanno schizzare gli interessi, che ieri hanno raggiunto la pericolosa soglia del 6%. Gli analisti considerano quella del 7% la soglia-limite oltre la quale il peso del debito pubblico italiano diventerebbe insostenibile.

Eppure, nonostante dati così chiari ed oggettivi, ancora la sconsiderata destra berlusconiana si intestardisce, con il non-segretario Angelino Alfano, a ribadire la sua fedeltà ad un “leader” che in mille occasioni si è dimostrato soltanto un teatrante di pochade, del tutto privo di qualsiasi capacità intellettuale per governare un Paese complesso come il nostro. Ieri, di fronte ad un’assemblea confindustriale riunita per ascoltarlo, ha raccontato l’ennesima barzelletta a fianco di un Massimo Calearo che dovrebbe nascondersi per la vergogna di essere trasbordato dalle file del Pd a quelle della maggioranza, facendo strame dei voti elettorali.

Il problema del premier non è soltanto quello di una carenza assoluta di statura politica (ed anche fisica, ma questo incide poco, si pensi a Napoleone Bonaparte o a Cesare) ma di scarsa preparazione intellettuale. Ieri ha inopinatamente dichiarato che l’euro è una moneta poco credibile perché viene attaccata dagli speculatori, mostrando di non capire un acca di economia monetaria, dato che tutte le monete del mondo sono attaccate dagli speculatori in un regime di cambi flessibili. Il premier assomiglia molto da vicino a Vittorio Emanuele III. Basso come l’ultimo erede regnante di casa Savoia (se non si vogliono contare i 45 giorni di Umberto II), difetta delle stesse capacità di comprensione dei meccanismi complessi della politica economica, di economia sociale, di interessi comuni, di principi costituzionali, di relazioni internazionali. Ed esattamente come Vittorio Emanuele III sta gettando il suo Paese nel baratro. Per questo motivo sarebbe necessario non certo l’esilio ma una legge che ne vietasse l’eleggibilità a cariche di governo, perché anche il giorno in cui dovesse rioccupare gli scranni dell’opposizione, Silvio Berlusconi sarebbe sempre un pericolo per l’Italia, essendo capace di acquistare consensi parlamentari distribuendo prebende e distruggendo sul nascere una nuova maggioranza ed un nuovo premier.

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