Primarie a Genova. Tutti addosso al Pd ma nessun partito ha il suo coraggio

 

Francamente fanno ridere le prime pagine di oggi degli house-organ berlusconiani, “Il Giornale” e “Libero”, che sparano addosso a Pierluigi Bersani per la “sconfitta” subita dal Partito democratico alle primarie per la scelta del candidato a sindaco di Genova. Tali organi di stampa – ammesso che tali siano – dovrebbero volgere lo sguardo dentro casa loro, con l’incredibile vicenda di Bari, dove oltre 140 “iscritti” al Pdl sono risultati del tutto ignari di esserlo ed anche in altre amene località italiane, dove si perpetua il rito dell’iscrizione di cittadini senza alcun controllo da parte degli organi centrali del Pdl.

In realtà, la vicenda di Genova, così come successe nella scorsa primavera a Milano e in precedenza per la scelta del candidato a governatore della Puglia, è un titolo di merito per il Partito democratico, che si dimostra l’unica formazione politica che mette la faccia su competizioni aperte per la scelta di un candidato, rischiando in prima persona. Ma quale altro partito si comporta in modo così trasparente? Forse quello berlusconiano con i suoi Cosentino o i suoi Scajola, ras incontrastati del territorio che decidono vita, morte e miracoli dei candidati e delle liste? Gli house-organ di Arcore, come sempre, mistificano la realtà, disegnando il segretario democratico come un “ perdente”. E chi sarebbe, di grazia, il vincente, Silvio Berlusconi o forse Giulio Tremonti, che hanno portato il Paese ad un passo dal disastro economico in simil-Grecia?

Semmai, gli errori che si stanno cumulando nel Partito di Bersani non sono nella libera competizione delle primarie, vinte peraltro dai candidati supportati dalla segreteria in altre città italiane senza aver creato tutto questo clamore, ma nell’individuazione dei candidati. In altri termini, Bersani e il suo team non sempre sono in grado di percepire gli umori delle città, come successe a Milano con l’inopinata scelta dell’architetto Boeri, stracciato poi da Pisapia e questo, senza dubbio, è una colpa grave per una leadership politica che si candida alla guida del Paese. Ma, per favore, Sallusti e Belpietro, occupatevi di altro, perché voi fareste bene a coltivare la penitenza del silenzio.

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