Indovina chi riscende in campo? Settimana dal 19 al 25 novembre

ROMA – Dilemmi della settimana: chi vincerà le benedette primarie del centrosinistra e, nel contempo, riusciremo mai a liberarci dell’ometto del destino, del consunto dal Signore ridotto ormai alla statua di cera di se stesso? E` quello che vorremo sapere presto. A tal proposito, a livello di folklore, facciamo una rapida corsetta a ritroso nella settimana.

La parodia dell’eterno ritorno: da Nietzsche a Berlusconi.
Il Cavaliere ci ha (per l’ennesima volta) ripensato. “Torno in campo”. Allertati gli studiosi delle patologie dell’invecchiamento ed esaminati per prudenza i componenti chimici del Viagra.
L’ex premier: Angelino ti avevo avvertito, non mi fido di chi volta le spalle (a meno che non siano le mie ragazze… ) La spinta finale gliel’ha data la decisione di giovedì di Angelino Alfano, incalzato dagli ex An, di fissare al 16 dicembre le primarie, contro la sua volontà e – così almeno l’ha recepita lui – quasi «a dispetto». La grinta per rompere gli indugi subito, è arrivata poi da quella dichiarazione del segretario che ha vissuto come una coltellata: «Non mi candido alle primarie se ci sono degli indagati».
“Non sia mai! Di questo passo le nostre liste si svuoteranno!” deve aver pensato l’ex premier e così vuole tornare in pista e lo ha comunicato ufficialmente al pupazzo Alfano, il quale naturalmente si è affrettato a dire che stava scherzando e se torna lui le primarie sono inutili. The Patetic Parthy. D’altra parte è risaputo che le primarie sono pratiche comuniste…
“Ma quale padre padrone, padrone e basta”. Ha puntualizzato concludendo il mago Hintinì ai microfoni.

Altro episodio della sit-com. In settimana ha tenuto banco una buffa (o goffa) vicenda dalla dubbia sceneggiatura, sempre legata a Berlusconi: il ragioniere e i banditi, tutti i misteri di un rapimento, ovvero lo strano sequestro del ragionier Giuseppe Spinelli, l’uomo che pagava le donne. Di un altro.
Qualche interessante istantanea ci viene dall’analisi di Massimo Giannini su “la Repubblica”: “… è solo un altro capitolo della trama infinita e oscura del berlusconismo, dove niente è mai ciò che sembra. Dove tutto appare incerto tra la verità e la manipolazione. Dove lo Stato di diritto è sospeso e vige l’azione parallela di un ex premier miliardario che paga carissimi i suoi vizi, ricattato e circondato da un manipolo di famigli fedeli e trafficanti di dossier, avvocati senza scrupoli e poliziotti privati, professionisti dell’estorsione e procacciatori di escort. La buia vicenda di “Spinaus” (uno dei suoi servitori più discreti e preziosi che da anni gestisce a libro paga 42 “Olgettine” con un fisso mensile di 2.500 euro ciascuna più extra da 8.900, 10 mila o anche 20 mila euro) riassume l’intera parabola della macchina del potere di Silvio Berlusconi. Una macchina costruita per viaggiare sempre border-line. Tra il lecito e l’illecito. Tra la funzione politica e l’interesse personale.
…in questo anomalo rapimento, gli “esteti” cantori del Cavaliere vedono solo luci, buone soprattutto a depistare l’attenzione: “Strepitoso, sublime, fantastico”, si sdilinquisce Giuliano Ferrara, trovando “meraviglioso” che i rapitori abbiano recitato il rosario sul divano insieme ai coniugi rapiti, o che il solerte ragionier Giuseppe abbia riconsegnato il passamontagna ad uno dei suoi aguzzini che, andandosene, lo stava quasi per dimenticare. I legulei azzeccagarbugli del Cavaliere, per contro, non vedono ombre: le “ricostruzioni dei giornali oscillano tra il risibile e l’assurdo”, mentre i fatti “sono del tutto chiari e lineari”, dice Niccolò Ghedini.
…persino i quotidiani di famiglia come Il Giornale e Il Foglio si spingono a parlare di “dettagli incongruenti”, di “tasselli mancanti”, vuol dire che i conti non tornano. C’è qualche verità nascosta, che i magistrati dovranno provare a far emergere. C’è un elenco di stranezze e di contraddizioni – nell’incrocio tra i fatti, i verbali e le interviste del giorno dopo – che merita di essere ricostruito. Ma che lascia intravedere, sullo sfondo, la collaudata ragnatela del Cavaliere, che oggi come negli ultimi vent’anni abusa del suo potere pubblico per difendere e nascondere il suo universo privato. Imbarca lenoni e mascalzoni sulla sua macchina del fango per passare le serate e schiacciare gli avversari, e finisce per esporsi al ricatto sistematico di veline e manutengoli…”.
Purtroppo non è la trama di un filmaccio di serie b, ma le risibili gesta private di un signore smisuratamente ricco alle prese con problemi psicotici e giudiziari, che vengono date in pasto al popolo, pensando – è questo sì che è davvero offensivo- che si sia davvero rimbecillito del tutto. D’altra parte la strategia di medio-lungo periodo mirava esattamente a questo e loro non fanno altro che ripercorrere il canovaccio.

Continuiamo a rimanere in tema: ammazzasentenze. Ormai è una tattica consolidata e un tantino (tanto) noiosa. Approfittando della crisi, della governabilità, dei mille problemi quotidiani, le falangine e falangette berlusconiane presenti in grande copia alla camera e al senato non dimenticano di fare quello per cui sono stati messi a libro paga (pagati da noi tutti si badi bene, essendo deputati) vale a dire fare gli interessi del Capo. Un giorno sì e un altro no, proseguono stolidi la loro road map non curanti di cosa accada fuori. Capita quindi, di inserire una norma, un codicillo o un emendamento dentro all’ultimo decreto legge come fossero candelotti di dinamite in una cava, con l’unico e persistente obiettivo, rallentare, minare, limare, distruggere provvedimenti che potrebbero dispiacere al Grande Ex.
Ma veniamo al dettaglio.
I roditori del Pdl ci riprovano e riformulano l’emendamento al dl Sviluppo (?) in modo ancora più incisivo: si potrebbe ricorrere contro le sentenze passate in giudicato nei due anni che precedono il decreto per “manifesta violazione della legge” nazionale e non solo per violazione del diritto comunitario per tutti i procedimenti penali e civili. Una sorta di ‘escamotage’ per riaprire tutte le sentenze e soprattutto per salvare gli interessi di Berlusconi. Uno degli effetti, infatti, sarebbe la sospensione dei 560 milioni alla di Cir di Carlo De Benedetti per la sentenza del Lodo Mondadori.
Naturalmente il senatore Franco Mugnai, capogruppo Pdl nella Commissione giustizia e candidato alla nomination “culoinfaccia” di novembre, che ha presentato l’emendamento, lo difende specificando “L’emendamento che ieri ho presentato al decreto Sviluppo non riguarda il giudizio circa la vicenda Mondadori-De Benedetti.”

Usciamo a prendere un po’ aria. Anche se non proprio salutare.
Occupiamoci del conflitto mediorientale e anche qui un dilemma: riuscirà mai l’uomo a evolversi e uscire definitivamente dall’occhio per occhio? Forse qualche istante prima della sua definitiva scomparsa?
Necessità della geopolitica si dirà in astratto, constatazione di un fallimento civile e/o etico nella realtà. Ma andiamo a vedere cosa è accaduto in settimana.
Dopo la tempesta la “tregua”.
Cessati i lanci di razzi palestinesi verso Israele e le incursioni dell’aviazione israeliana nella Striscia di Gaza.
Grazie al cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti e dall’Egitto, per la prima volta in nove giorni dalle due parti della linea di demarcazione la popolazione ha trascorso una nottata tranquilla (quasi). Infatti per essere precisi, anche se l’attacco di terra da parte di Israele è stato sospeso, non si sono mai fermati gli attacchi dell’aviazione, della marina e dell’artiglieria di Israele sulla Striscia.  Una tregua sui generis quindi. Un centinaio gli obiettivi colpiti, con almeno sei vittime (due bambini di 4 anni e di 18 mesi, a Beit Lahiya e due adolescenti di 15-17 anni a Rafah, vicino alla frontiera con l’Egitto). Secondo fonti mediche, è di 127 morti, 1100 feriti l’ultimo bilancio aggiornato delle vittime palestinesi, in maggioranza donne, bambini e anziani.

Poi missili mirati sui giornalisti. Tra i caduti di oggi anche tre giornalisti palestinesi. Israele ha ammesso di averli colpiti intenzionalmente. Operazione libertà di stampa o dalla stampa?
Inoltre nella spirale dell’orrore non mancano sospetti traditori massacrati. Un plotone di esecuzione di Hamas ha passato infatti per le armi sei palestinesi sospettati di “tradimento” e collaborazionismo con il nemico. La folla ha infierito sui cadaveri, mentre il corpo di uno degli uccisi è stato legato a una moto e trascinato per le strade di Gaza.

Per una volta segnaliamo però una novità: un attacco in modalità incruenta, gli hacker. Dall’inizio delle ostilità sono stati decine di milioni gli attacchi da parte di hacker a siti internet israeliani. Fino alla scorsa domenica, hanno rivelato fonti governative, sono stati contati 44 milioni di tentativi di intrusione in vari siti. I primi a prendere di mira le infrastrutture web del paese sono stati gli esponenti di Anonymous, a cui hanno fatto seguito altri gruppi. Il sito più bersagliato è stato quello del presidente israeliano, con 10 milioni di tentativi, seguito da quello del ministero degli esteri con 7 e quello del primo ministro con tre.

Della a serie chi l’ha detto che gli arabi non hanno il senso dell’umorismo, sentite queste: Hamas ha proclamato una ‘Giornata nazionale di vittoria’ in seguito alla tregua con Israele.
Per il vice ministro iraniano degli Esteri, Hossein Amir-Abdollahian, la tregua di Gaza è una vittoria di Hamas. “La resistenza ha dato una risposta schiacciante a Tel Aviv”, secondo il quale la reazione delle fazioni palestinesi ai raid ha tolto a Israele ogni possibilità di agire in modo “sconsiderato”. (127 morti e 1100 feriti palestinesi infatti sono stati frutto di una condotta misurata e saggia!)
Poi ancora; parlando con alle spalle un manifesto con la scritta “Gaza ha vinto” (?) e con la foto di Ahmad Jabari, il comandante delle brigate al-Qassam ucciso mercoledì in un raid israeliano, Haniyeh ha poi chiesto ai “mujahedeen di essere pronti a ripendersi Gerusalemme”. “Con la vittoria di ieri la minaccia israeliana di invadere Gaza è svanita per sempre”, ha proseguito il premier di Hamas, affermando che ora il “nemico ci penserà a lungo prima di coinvolgersi in un’altra guerra nella regione”.
Morale: come si dice in arabo “me ne ha date date ma non sapete quante gliene ho dette…”.
 
Comunque per Israele gli obiettivi dell’operazione sono stati raggiunti. Sì ma in fondo quali erano? Le elezioni interne a gennaio? Una specie di allenamento? Un test in vista di un possibile scontro con l’Iran? una “conta” di alleanze verso Hamas?
Chi vivrà (sempre se ce la farà) vedrà.

In mezzo al clamore rispunta un “ormai” vecchio classico. Eurogruppo, la Germania resiste; nessun accordo sugli aiuti alla Grecia.
Atene ha bisogno in tempi brevi che si sblocchi la tranche da 44 miliardi che il Paese dovrebbe ricevere per poter pagare stipendi e pensioni. – Niente accordo sugli aiuti alla Grecia che, per avere il via libera a ricevere i 44 miliardi di euro delle tranche in sospeso dovrà aspettare per via delle resistenze della Germania.
Duro il commento del primo ministro greco Antonis Samaras, che ha avvertito sul rischio di una destabilizzazione dell’eurozona: “I nostri partner e il Fondo monetario internazionale hanno il dovere di fare ciò che devono, non è solo il futuro del nostro Paese, ma la stabilità dell’intera zona euro a dipendere dal successo dell’esito di questo impegno dei prossimi giorni”.
Aiutare Atene a ridurre il debito, oggi al 170% del pil e in rapida ascesa, significa però per i Paesi creditori subire perdite sui titoli, dimostrando ulteriore “generosità” nei confronti di un Paese che sostengono finanziariamente dal 2010. Inoltre, non c’è accordo nemmeno sull’altro punto in discussione: i ministri non sanno come colmare il ‘gap’ di 15 miliardi che si è creato a causa della loro precedente decisione di concedere due anni in più sul rientro dal deficit.
E nuovi aiuti sono fuori discussione.
Cicuta, finestra spalancata, nodo scorsoio. A voi la scelta.

Primarie del Centrosinistra. Nonostante tutto il bailamme, la montagna rischia di partorire 5 topolini.

La peggiore della settimana: San Vittore, arrestato il cappellano “Violenze sessuali su sei detenuti” Don Alberto Barin è accusato anche di concussione nei confronti di sei detenuti del carcere milanese “Chiedeva sesso in cambio di shampoo e sigarette”. (si sono salvati solo i calvi non fumatori). Faceva leva sullo “stato di bisogno” dei detenuti, che si rivolgevano a lui per avere sigarette, shampoo, saponette o spazzolini, piccoli beni per vivere meglio in carcere, e poi appagava le sue “pulsioni” chiedendo in cambio favori sessuali. E quando uscivano dal penitenziario, a pena scontata, li invitava a passare da casa sua per altre prestazioni sessuali, facendogli pesare il fatto che i suoi pareri di buona condotta erano stati utili, a suo dire, per le scarcerazioni. Sono queste, in sostanza, le accuse mosse dalla Procura di Milano a don Alberto Barin.
Sentite comunque cosa diceva il sacerdote:  “Se io entro tutti i giorni a San Vittore è perché credo nell’uomo e nelle sue possibilità”. E ancora: “Dal mattino alla sera parlo con i detenuti e in ognuno di loro trovo estremi confini di male, ma anche estremi confini di bene. Il bene rimane: anzi, a volte fa riemergere il bene”.

Chiudiamo con la migliore della settimana. Viene da un cartello esposto dagli studenti verso le forze dell’ordine durante la manifestazione di sabato a Roma: “Semo venuti già menati”.
Chi ha detto che non esistono più gli autodidatti?

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