Ricerca. L’Italia quarta nell’Unione Europea per studi clinici

Il Bel Paese primeggia nella ricerca e conseguentemente alla salute e all’economia

A testimoniarlo, con un appello pubblico a investire nella sperimentazione clinica, e’ la Foce – Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi, che ha promosso a Roma il convegno ‘Valore della ricerca clinica in oncologia, ematologia e cardiologia’.

“In cinque anni il numero di nuovi studi clinici autorizzati nel nostro Paese e’ aumentato in maniera esponenziale: da 564 nel 2017 a 818 nel 2021, in un quinquennio sono stati 3403 – ha spiegato Francesco Cognetti, presidente Foce -.

Ogni anno in Italia sono circa 40mila i cittadini coinvolti nelle sperimentazioni. Due terzi dei trial interessano le neoplasie, le malattie ematologiche e cardiovascolari, che tra l’altro producono i due terzi della mortalita’ annuale”. “I vantaggi che derivano dalla ricerca sono a 360 gradi – ha aggiunto Cognetti -.

I pazienti possono beneficiare di terapie innovative con grande anticipo rispetto alla loro disponibilita’, ottenendo miglioramenti della sopravvivenza e qualita’ di vita. Le aziende sanitarie che ospitano centri sperimentali godono di un innalzamento dell’assistenza sanitaria e della crescita professionale del personale coinvolto. Inoltre, allo sviluppo di nuovi farmaci fa seguito una forte utilita’ sociale, per l’allungamento della vita media dei cittadini.
La ricerca clinica e’, pertanto, un motore di sviluppo economico e sociale per il Paese”.

Il convegno ha visto inoltre una lectio magistralis di Carlo Croce, professore di Medicina Interna alla statunitense Ohio State University. “Il progresso della ricerca contro i tumori negli ultimi 50 anni e’ stato incredibile – ha spiegato -. Mezzo secolo fa non sapevamo nulla della base molecolare dei tumori. Abbiamo poi scoperto che le neoplasie sono causate da alterazioni genetiche somatiche, che si verificano durante la nostra vita.

L’identificazione di queste mutazioni ha permesso lo sviluppo di farmaci mirati, le terapie a bersaglio molecolare. E l’ultima frontiera dell’immunoncologia, in alcuni casi, permette di cronicizzare malattie molto aggressive come il melanoma metastatico. Oggi, per sviluppare un farmaco anticancro innovativo, serve circa un miliardo di dollari.

Se le aziende farmaceutiche non riuscissero a recuperare questi costi, non investirebbero piu’ nella ricerca. La sfida e’ individuare il difficile compromesso tra l’impulso all’innovazione – ha esortato Croce – che sostiene lo sviluppo di nuove molecole, e le esigenze di sostenibilita’ dei sistemi sanitari. Un patto fra industria, clinici, istituzioni e universita’ e’ la via da seguire per dare nuovo impulso alla ricerca”.

Nel corso del convegno e’ stato ricordato come l’Italia si sia adeguata alla normativa comunitaria, attraverso i quattro decreti firmati dal ministro della Salute il 30 gennaio 2023. “Il nostro Paese ha rischiato di perdere il nuovo treno della ricerca clinica che era gia’ partito il 31 gennaio 2022, con l’entrata in vigore del ‘Clinical Trial Information System’ (CTIS), il portale unico continentale per le sperimentazioni, istituito dal Regolamento europeo – ha sottolineato Cognetti -.

L’Italia e’ restata ferma in una fase di transizione di un anno e, grazie alla decisione del Ministro Schillaci, siamo riusciti ad aggregarci al resto del continente.

In tre mesi abbiamo recuperato cio’ che non era stato fatto in otto anni. Oggi il nostro Paese e’ in quarta posizione in Europa per studi clinici aderenti al nuovo Regolamento europeo, dopo Francia, Spagna e Germania. Va recuperato il tempo perduto”. “Gli anni della pandemia ci hanno insegnato l’importanza di fare rete e fare squadra.

Quando c’e’ collaborazione tra tutti gli attori interessati ci porti a raggiungere il risultato, che e’ quello di mettere a disposizione della comunita’ le conoscenze terapeutiche” e’ stata la riflessione di Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanita’.

“Il settore della ricerca clinica e’ un’eccellenza del sistema scientifico ed economico in Italia e, da decenni, e’ un motore di avanzamento per l’intero Paese – ha evidenziato Guido Rasi, past executive director dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) e professore ordinario di microbiologia all’Universita’ di Tor Vergata di Roma -.

Questo ruolo, purtroppo, non e’ sempre percepito nella vastita’ della sua portata da tutti gli attori coinvolti e restano potenzialita’ inespresse. Vanno garantiti tempi e costi di avvio degli studi clinici compatibili con la competizione internazionale, capitalizzando l’esperienza maturata durante la pandemia Covid-19, e favorendo la collaborazione tra pubblico e privato”.

“E’ trainante il ruolo delle imprese del farmaco al finanziamento complessivo delle sperimentazioni – ha concluso Pasquale Perrone Filardi, presidente SIC (Societa’ Italiana di Cardiologia) -. Il sostegno pubblico in questo settore infatti e’, da sempre, sottodimensionato in Italia.

Inoltre, una parte della componente pubblica e’ comunque sostenuta attraverso contributi delle imprese agli studi indipendenti. Negli ultimi anni e’ aumentata la consapevolezza del valore della ricerca clinica da parte delle Istituzioni e dei cittadini. Ma servono piu’ risorse pubbliche. In questo modo, l’Italia potra’ aumentare la sua competitivita’ ed attrattivita’ come sede ottimale per lo svolgimento dei trial”.

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