Ambiente, il Ddl della discordia. Peacelink lancia una petizione

 

Inquinamento, processi e siti di “interesse nazionale”, la nuova proposta di legge e le reazioni delle popolazioni locali

“Costituisce disastro ambientale l’alterazione irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema, o l’alterazione la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali, ovvero l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza oggettiva del fatto per l’estensione della compromissione ovvero per il numero delle persone offese o esposte al pericolo”

Questa frase, contenuta nell’articolo 452-ter, ha letteralmente spaccato in due l’Italia. Una spaccatura che non segue apparentemente alcuna logica geografica o culturale nè era mai stata così evidente.

La frattura parte a Vado Ligure, scossa dai due filoni di inchiesta aperti dalla magistratura sull’attività di Tirreno Power, di cui uno per disastro ambientale. Arriva, dunque, a Brescia, città in cui oltre 200 ettari di terreno a sud della Caffaro risultano contaminati da policloro binefili e diossine. Dal 2002 il sito è tra quelli inquinati di interessi nazionale, ma nessuna bonifica è stata fatta.
La ferita ambientale è aperta anche in Veneto, precisamente a Rovigo per il disastro ambientale della centrale a olio di Porto Tolle, e in Friuli a Trieste dove i cittadini combattono contro le emissioni della ferriera.
Gli appennini portano l’Italia inquinata fino a Falcognana e poi giù alla Terra dei fuochi, a Crotone, a Melfi, a Brindisi, a Gela, a Milazzo e a Taranto. Questa è l’Italia dei siti di interesse nazionale poco interessanti che a quella frase guardano con paura, per chi ha indagini in corso, come a Rovigo, a Savona, a Taranto per il caso ILVA e per chi quelle indagini cerca di farle partire.


L’associazione Peacelink che da tempo si occupa dell’inquinamento a Taranto ha lanciato una petizione, avvalorata da interventi di autorevoli esperti di diritto ambientale. Prima di tutto, il disegno di legge 1245 stabilisce una pena per il reato di “disastro ambientale”, ma nel frattempo ne sancisce le caratteristiche come quelle di una “alterazione irreversibile dell’ecosistema”, senza definire i concetti di “compromissione” e di “deterioramento” dell’ambiente, lasciando così ampi margini di interpretazione. Resta inoltre estremamente difficoltoso (per fortuna) ritenere un danno ambientale “irreversibile”, data la stessa possibilità di bonifica del terreno.
Una seconda criticità è il vincolo del reato di disastro ambientale a violazioni di disposizioni legislative o amministrative ben esplicato dalle parole del procuratore generale di Civitavecchia Gianfranco Amendola, secondo cui:
“Fare addirittura dipendere la punibilità di un fatto gravissimo dall’osservanza o meno delle pessime, carenti e complicate norme regolamentari ed amministrative esistenti significa subordinare la tutela di beni costituzionalmente garantiti a precetti amministrativi spesso solo formali o a norme tecniche che, spesso, sembrano formulate apposta per essere inapplicabili”.

Il disegno di legge configura inoltre il disastro come reato di evento e non di pericolo concreto quale è il “disastro innominato” (art. 434 del codice penale, comma primo), finora utilizzato dalla giurisprudenza, che permette di punire chi commette “fatti diretti a causare un disastro” anche quando il disastro, come nel caso dell’amianto, non è immediatamente percepibile.
Una lettura molto interessante a tale proposito è quella del Dott. Maurizio Santoloci su dirittoambiente.net  


L’approvazione di questa legge potrebbe in particolare compromettere la validità del processo portato avanti nei confronti dei Riva, proprietari dell’Ilva di Taranto, per associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, proprio attraverso la dimostrazione della non irreversibilità del danno, lasciando come ulteriore accusa quella di avvelenamento di sostanze alimentari (un’accusa ad ogni modo, pesantissima, che prevede un minimo di 15 anni di carcere ed un massimo di ergastolo se l’avvelenamento ha causato morti).
Il senatore Felice Casson, toga autorevole in fatto di reati ambientali, ha già espresso la sua contrarietà a queste criticità presenti nel disegno di legge e ha annunciato emendamenti correttivi, così come il Movimento 5 stelle (che tuttavia era “caduto nella trappola” alla Camera, approvando il disegno di legge), ma il timore è che, ovviamente, non bastino.
Per questo Peacelink e altri vari comitati ambientalisti sul suolo nazionale chiedono di fermare immediatamente l’iter di questa legge e di formularne un’altra che utilizzi le norme previste dalla direttiva europea 75/2010 che sancisce il principio del “chi inquina, paga”.


FIRMA L’APPELLO

 

Antonio Caso

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