Tempo fa abbiamo avviato un osservatorio delle PM10, il particolato sottile monitorato dalle centraline dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Lazio (ARPA) nell’intera valle del Sacco. Oggi lo riproponiamo con i dati aggiornati, cercando di fornirne una lettura di inquadramento e, se possibile, trarne delle conclusioni.
PM10
Cominciamo con la quantità di superamenti del limite di 50 µg/m³ (microgrammi per metro cubo) giornalieri come da normativa nazionale. Ilgrafico 1 riporta mese per mese, da gennaio 2006 a dicembre 2015, quante volte è stato superato questo limite. I paesi presi in considerazione sono Colleferro, Anagni, Frosinone, Ceccano, Alatri e Ferentino, E’ evidente l’andamento analogo per tutti i siti, cosa che indica come la valle sia un sistema strettamente interconnesso. È altrettanto evidente l’andamento ciclico del numero di superamenti: in inverno si raggiunge il picco, arrivando a situazioni in cui il limite viene superato tutti i giorni del mese; in estate le cose migliorano.
I nostri amministratori sanno quindi perfettamente che, con altissima probabilità, a fine anno il problema si ripresenterà puntualmente.
Il grafico 2 riporta invece per ciascuna città il numero annuale di superamenti, sempre dal 2006 al 2015.
Si osserva che la situazione in generale negli anni è andata migliorando, ma rimane sempre molto critica, evidenziando che quasi tutti i paesi considerati hanno ampiamente superato la soglia fuorilegge di 35 giorni e in molti casi anche quella di tolleranza di 50 giorni ad eccezione di Anagni.
Infine, il grafico n. 3, mostra la media annuale del valore delle PM10 per ciascun paese dal 2006 al 2015. Si conferma il miglioramento della situazione che permane comunque critica: la media annuale deve essere infatti inferiore a 40 µg/m³, superata ogni anno dalle centraline di Frosinone e Ceccano, segno di cronicità.
Qualche considerazione
Ad esempio, quanto incide sul miglioramento la deindustrializzazione dell’area? Quanto pesa la presenza di impianti altamente inquinanti come cementifici, inceneritori e grandi vie di comunicazione? E il riscaldamento domestico? Sicuramente c’è una stretta correlazione con la situazione meteorologica, che in inverno spazza via le polveri in maniera meno efficace.
Sta di fatto che la nostra valle è un sistema strettamente interconnesso e che l’aggiunta di qualunque altra fonte di inquinamento dell’aria ad un sistema già così compromesso sarebbe estremamente pericolosa.
PM2,5
1) le sorgenti industriali e i riscaldamenti moderni emettono prevalentemente particolato fine inferiore a 2.5 micron;
2) le automobili emettono particolato fine dal tubo di scarico (a parte i vecchi diesel che emettono fumi di granulometria maggiore);
3) le auto emettono particolato anche per abrasione (gomme, asfalto, freni, frizione) e risospensione di polveri dal terreno. Queste emissioni non trascurabili indicate tecnicamente come “non-exhaust”, sono in parte grossolane (maggiori di 2,5 micron) e sono prodotte da qualsiasi tipo di veicolo, anche elettrico;
4) le combustioni all’aperto (fuochi agricoli, rifiuti etc) producono sia particolato fine che grossolano. Dal punto di vista tecnico, c’è sempre più convergenza nell’attribuire l’inquinamento delle piccole città dell’interno alla penetrazione della biomassa da riscaldamento, dal camino integrativo alle nuove stufe a pellets;
5) l’azione del vento risolleva polveri producendo particolato grossolano.
Il contenuto delle polveri dipende dalle emissioni locali ma anche dagli inquinanti secondari (nitrato, solfato, ammonio) che si formano in atmosfera.
Passando ai dati circa le polveri ultrasottili, le PM2,5, gli analizzatori su Roma offrono un quadro che andrebbe approfondito.
Verificando i bollettini settimanali si evince che sussiste un rapporto tra PM10 e PM2,5 e, aggregando i dati, si potrebbe concludere che il rapporto si attesta in media sul valore di 0,7, con un minimo di 0,6 sulla centralina di Villa Ada e un massimo di 0,8 sulla centralina di Corso Francia (Grafico 4 – Fonte Arpa Lazio).
Se abbiamo, ad esempio, un superamento di 100 microgrammi/mcubo per le PM10, il valore per le PM2,5 si attesta su 70 microgrammi/mcubo. Di fatto se il valore di 100 microgrammi/mcubo indica il superamento del doppio rispetto al limite consentito per le PM10 (50 microgrammi/mcubo), il valore limite per le PM2,5 (25 microgrammi/mcubo) verrebbe superato di circa il triplo.
Ribadendo che la correlazione necessita di studi approfonditi, riteniamo necessario che questa possa diventare elemento di discussione.
Non ci spingiamo oltre a definire quali possano essere i rischi per la salute in quanto a questi possono rispondere in maniera più competente le autorità e i professionisti sanitari.
Conclusioni
Il sistema della mobilità delle persone e delle merci deve essere ridisegnato, dando ampio spazio al servizio pubblico di qualità e realmente senza scopi di lucro, fattore quest’ultimo che rende qualunque discorso o iniziativa traballante e non incisivo. Non c’è altro tempo da perdere.
È in gioco la salute di tutti gli abitanti della valle: la sua difesa richiede un monitoraggio costante e capillare che si scontra con lo smantellamento in corso della rete dei servizi sanitari. Non sono sufficienti rimedi palliativi, e neppure misure d’emergenza. Come da anni andiamo ripetendo, e non da soli, è necessario ripensare un modello di sviluppo che è miseramente fallito.
Un tale cambiamento richiede la partecipazione attiva di tutte le componenti della società: sin da subito è necessario stabilire meccanismi di consultazione e di coordinamento tra amministrazioni, reti associative ed economiche per una progettazione di lungo periodo e per l’attivazione di tutte le misure, anche drastiche, da mettere in atto, tali da ridurre il danno nell’immediato.