Di fronte all’Ordine del Giorno dell’On. Pedoto il Ministero fa rispondere l’AIFA, non competente in materia
ROMA – Con l’Ordine del Giorno presentato il 19 novembre 2010 dall’On Luciana Pedoto (PD) e accolto dall’aula la Camera impegnava il Governo – tra i vari punti in questione – ‘a predisporre tutti gli strumenti economici e normativi necessari affinché vi sia un allargamento degli screening neonatale su tutti i nati, indipendentemente che il parto sia stato effettuato in strutture ospedaliere o a domicilio al fine di garantire una diagnosi precoce delle malattie metaboliche di origine genetica’. La richiesta non è affatto nuova, è contenuta, infatti, all’interno del DDL 52, documento largamente bipartisan ed elaborato anche insieme alle associazioni dei pazienti; un atto fermo da lungo tempo, in sostanza, sul tavolo del Ministro Tremonti che per questo non ha ancora trovato copertura.
La richiesta dell’allargamento degli screening viene oltre tutto considerata prioritaria da molti anche, eventualmente, al di fuori di quello stesso decreto. Tuttavia, nonostante questa diffusa richiesta, a fronte dell’ODG Pedoto il Governo non ha ritenuto di dare una risposta in prima persona. Ha invece ‘girato’ tutto l’ODG Pedoto all’AIFA, l’autorità italiana del farmaco, che – come essa stessa ha risposto e come era naturale in virtù delle sue stesse funzioni – ha semplicemente detto che questo punto, gli screening, esula dalle sue competenze. Se si somma questa risposta, girata il 16 giugno scorso dal Ministero alla Camera in un nota, a quella fornita proprio nello stesso giorno in aula dal sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, che aveva lasciato assai poco soddisfatte tanto le associazioni dei malati quanto le aziende farmaceutiche, se ne evince che su questo fronte non sembra esserci alcuna novità né intenzione di procedere.
Le cose, dunque, sembrano destinate a rimanere come sono: bimbi che con una semplice dieta avrebbero potuto avere una vita normale subiranno, invece, danni gravi e spesso irreparabili, o anche andranno incontro alla morte, solo perché nessuno ha potuto accorgersi in tempo della loro rara malattia. E, si aggiunga, ciò non avverrà ovunque allo stesso modo, i bimbi nati in Toscana – dove la Regione stessa ha autonomamente allargato gli screening, e dove proprio due giorni fa è stato presentato un nuovo test neonatale brevettato allo scopo di individuare le immunodeficienze congenite – avranno assai maggiori probabilità che alla nascita venga individuata la malattia, a differenza invece dei bimbi siciliani o calabresi. Gli uni verranno curati gli altri compromessi nel loro diritto alla salute. Inoltre mentre i test messi a punto dalle eccellenze itaiani della ricerca verranno ampiamente sfrttati all’estero in Italia o saranno solo in virtù delle scelte e possibilità di spesa delle singole regioni. Il problema, si dice, è economico, il che fa trasparire come si guardi agli screening solo nei termini di una spesa. Senza calcolare, però, il costo dalla loro mancanza, cioè quanto peserà sul SSN – oltre che a livello sociale – un bimbo, e poi in seguito un adulto, che dovrà vivere con un handicap fisico e/o psichico legato alla mancanza di un semplice esame. Ma su questo, di nuovo, sembra che nemmeno le istituzioni veramente competenti – e non certo l’Aifa – possano o vogliano dare una risposta.