La Protezione Civile è materia tecnica? Noi crediamo di no!

Parte I –  Ai fini dell’attività di Protezione Civile (PC) gli eventi emergenziali, siano essi calamità naturali, catastrofi o altri eventi calamitosi, naturali o causati dall’attività antropica, sono stati classificati, in funzione della capacità di fronteggiamento degli Enti preposti, nelle tre tipologie comunale (A), provinciale/regionale (B) e nazionale (A) dalla Legge 225/92, la legge fondante della Protezione Civile italiana.

Nel tempo sono stati giudicati equivalenti eventi di magnitudo differente e con una resa al suolo anche molto diversa in termini di effetti e di perdite di vite umane. Un esempio? Il sisma di San Giuliano incontrovertibilmente di tipo A per la comunità scientifica e per chi quotidianamente svolge attività di protezione civile di prossimità (come ad esempio i VVF), per effetto dell’incidenza della variabile aleatoria “crollo di una scuola elementare” è diventato di tipo C, quindi uguale all’Irpinia con i suoi 3000 morti.
Dunque non sono solo i parametri fisici dell’evento (magnitudo del sisma, area alluvionata, etc…), cioè quelli tecnici, a dettare il giudizio e dunque la classificazione di un evento nelle tre tipologie, ma il giudizio dipende anche da parametri politici, giuridici, economici, sociali, istituzionali e mediatici che a loro volta sono determinati dalla cultura anche di governo presente al tempo dell’evento.
Ma se il giudizio di un evento calamitoso non è tecnico, allora qual’è la sfera di competenza e l’area di pertinenza della PC? E perché la PC viene considerata materia tecnica?
Per tentare una risposta occorre fare una breve premessa. Storicamente le culture gestionali che hanno caratterizzato la PC italiana sono state di tre tipi: militare, in auge negli anni ’80 e nella prima metà degli anni ’90; di tipo tecnico/tecnicistico nella seconda metà degli anni ’90 fino al 2000, e infine di tipo politico affaristico a partire dai primi anni del 2000. Tutte e tre gli approcci hanno prodotto dei risultati a volte postivi e a volte non.
Se si fa un analisi degli eventi passati non si è in grado di individuare alcuna funzione matematica che correli in modo deterministico i parametri complessivi dell’evento al suo giudizio/classificazione, con buona pace della ortodossia tecnicistica. Dunque non esistono tabelle di corrispondenza certe a cui gli amministratori possono far riferimento per giudicare la severità dell’evento nel momento che viene dichiarato lo stato di emergenza. Stato che, invece, di per sè, spalanca le porte all’approccio politico affaristico, salvo poi riferirsi, nei momenti di “confusione”, all’imprinting del piglio marziale che non è mai tramontato, basti dare uno sguardo alla “maglietta”, alla “divisa”, alle parate e via e via, presenti, ancora oggi, nel settore della PC.
Dall’analisi degli eventi passati si deduce pure che non è esistito e non esiste, un unico approccio metodologico, una sola modalità nell’avvicinarsi, nell’affrontare e nel conoscere l’evento ma anch’esso è fortemente dipendente dalla cultura di governo del momento, oltre a seguire comunque un approccio tipico delle fasi di apprendimento di tipo “trial and error”.
Nel tempo si è passati, infatti, da modalità di tipo teurgico dove l’evento è considerato una punizione divina o dovuto a fattori esterni imprevedibili quali il caso, la fortuna o il destino, a modalità di tipo reattivo dove lo Stato/amministrazione si attiva solo a fronte di un evento conclamato e la sua azione è espressa dal trinomio «Catastrofe => Soccorso => Ricostruzione» cioè, nel tempo di latenza o d’intervallo tra un fenomeno e l’altro, chi amministra si limita ad aspettare gli eventi ai quali risponde sempre nello stesso modo sequenziale: nomina di un commissario delegato al quale si affidano “poteri straordinari”, invio dei soccorsi, aiuto alla popolazione superstite e infine ricostruzione.
Quest’approccio è proprio di una società che tende a delegare al politico e di una cultura di governo centralista che tende a considerare il cittadino e il territorio quali elementi passivi tant’è che il Sindaco, quale autorità di PC e quale politico più vicino al cittadino, è considerato il primo cittadino da soccorrere.

… segue

 

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