Cgil. Assemblee nei luoghi di lavoro per costruire il futuro della contrattazione

ROMA – L’accordo sulla produttività siglato dalle associazioni degli imprese, a partire da Confindustria, Cisl, Uil e il governo che se ne era fatto promotore, resta un mistero per milioni di lavoratori. 

Le notizie le hanno apprese dai media, qualche  volantino generico dei sindacati firmatari.  Nessuna consultazione prima di siglare l’intesa. La Cgil non ha firmato quel testo e ha motivato al governo e alle altre organizzazioni la posizione che aveva intenzione di assumere. In particolare all’esecutivo e alle imprese aveva avanzato concrete proposte per  chiudere la trattativa Non vennero accolte. In particolare Confindustria  mostrava una gran fretta, questo è il documento prendere o lasciare. Il governo si limitava a dire che la Cgil poteva formare quando voleva. L’accordo era insomma aperto ma nessuna modifica sarebbe stata apportata. Si auspicava un “ ripensamento” della Cgil. Perché tanta fretta? C’era in ballo, si diceva, l’intervento del governo con la disponibilità allo stanziamento necessario  per detassare  il cosiddetto “salario” di produttività. Ma era una balla, quei soldi non sarebbero fuggiti. La realtà era che a Confindustria e a Cisl , Uil premeva chiudere perché era in corso la trattativa per l contratto dei metalmeccanici. Dal tavolo era esclusa la Fiom, il sindacato maggioritario, in quanto non firmataria del precedente contratto. E proprio questo era uno dei problemi al tavolo della trattativa  sulla produttività. La Cgil aveva posto il problema  delle rappresentanze sindacali, della libertà da parte dei lavoratori di scegliere il sindacato che volevano, delle libertà sindacali nelle aziende. Il governo se ne era lavato le mani dicendo che era problema delle parti sociali, quasi che una aperta violazione della Costituzione non fosse tema degno di essere affrontato e risolto. Il Pd più volte aveva posto il problema sottolineando la necessità di una legge  sulle rappresentanze sindacali che assicurasse diritti fondamentali dei lavoratori. Confindustria aveva fatto orecchie da mercante. Ed  è avvenuto che sulla falsariga dell’accordo sulla produttività è stato siglato il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, senza la firma della Fiom. Un accordo che ricalca  le testi di Marchionne, l‘ad della Fiat.

L’accordo sulla produttività indebolisce contratti e  coesione sociale

 I contratti che sono da rinnovare riguardano milioni di lavoratori  i quali hanno il diritto  di conoscere e discutere il problema della produttività, della contrattazione di secondo livello, della flessibilità, della rappresentanza sindacale.Insomma l’accordo separato sulla produttività  avrà riflessi sulla contrattazione nazionale. La Cgil non dà per chiusa la “ vicenda produttività” ma non nel senso di un “ ripensamento” per poi firmare  il testo. Ma ribadisce i motivi della mancato firma e porta nelle fabbriche la discussione con una campagna di assemblee che verrà avviata nel mesi di gennaio per “ stimolare un confronto aperto tra i lavoratori nella ridefinizione del ruolo della contrattazione”. Questo l’obiettivo della Confederaione di Corso d’Italia che definisce l’accordo sulla produttività “un’occasione persa, un’occasione da ricostruire”.
“Disoccupazione ai massimi livelli, imprese in crisi costrette a chiudere o a licenziare, riduzione del potere d’acquisto di salari e pensioni, sono questi i fattori che hanno portato il nostro Paese in uno stato di vera emergenza. Una situazione che- denuncia la CGIL nel volantino, che verrà diffuso in tutti i luoghi  di lavoro- è stata ulteriormente aggravata non solo dalle “politiche recessive e restrittive del Governo, con effetti devastanti sull’economia reale” ma anche dall’utilizzo di una parte delle risorse “per incoraggiare l’indebolimento degli strumenti di tutela dei lavoratori e delle lavoratrici a partire dai contratti nazionali di lavoro, determinando anche la divisione del fronte sindacale”.  La Cgil  afferma che non ha condiviso l’accordo “ per la mancanza di politiche di sviluppo; perchè destabilizza gli attuali assetti contrattuali; dà la possibilità di introdurre norme, come il de-mansionamento, che portano alla retrocessione professionale con conseguente riduzione salariale; non garantisce l’applicazione dell’accordo del 28 giugno in materia di democrazia e rappresentanza”. “Si indebolisce insieme al sistema contrattuale anche la stessa coesione sociale. la CGIL- è scritto nel volantino- è pronta “ad andare oltre” non rinunciando al proprio ruolo “presentando piattaforme e sottoscrivendo i contratti nazionali, sviluppando un’azione di contrattazione adeguata ai bisogni di tutti i lavoratori e le lavoratrici”.

E’  dovere del sindacato riunificare il mondo del lavoro
 A questo proposito per la CGIL si rende necessario un nuovo modello di contrattazione ‘inclusiva’, che non faccia distinzioni tra tipologie contrattuali e che assegni all’impresa committente la ‘responsabilità sociale’  per i lavoratori degli appalti, che rilanci la contrattazione aziendale e dia il giusto ruolo al contratto nazionale “cornice universale di diritti e salari”. Per discutere e approfondire con i lavoratori e le lavoratrici tutte queste questioni la CGIL sarà nei luoghi di lavoro , “per costruire insieme il futuro della contrattazione e il ruolo che dovrà esercitare nel lavoro che cambia”. Un confronto aperto che “un sindacato confederale ha il dovere di sviluppare per riunificare il mondo del lavoro”.

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