Cina. Da Du Fu e Lei Feng, gli eroi della Nuova Cina hanno almeno mezzo secolo

PECHINO (corrispondente) –  E’ morto da 1.300 anni, ma da qualche settimana a questa parte è diventato la vera star dell rete cinese.

Du Fu, uno dei poeti più celebri della letteratura d’oltre Muraglia, si è trasformato nell’oggetto di caricature e scarabocchi, che dai libri di scuola si sono riversati sulla piattaforma di microblogging Sina Weibo. Ed ecco che il rinomato pennello della dinastia Tang ( 618-907 d.C) viene declinato in molteplici manifestazioni, prendendo le sembianze di un motociclista o di un giocatore di basket, specie di Jeremy Lin d’altri tempi.

Diventata il nuovo tormentone della rete, “si dice che Du Fu sia un po’ occupato ultimamente” è la didascalia che accompagna gli irriverenti ritratti. Ma è opportuno ridicolizzare le icone culturali?
La domanda lanciata dal China Daily, organo di stampa in lingua inglese caro al Partito,  in pochi giorni ha già dato vita ad un acceso dibattito. 38% i si, 62% i no. Tra i molti indifferenti (della serie chi se ne frega se Du Fu indossa giacca di pelle e bandana o  canotta e scarpe da ginnastica), la maggior parte dei lettori ha gridato al sacrilegio.
“E’ un pericolo per la nostra cultura già danneggiata” scrive uno, “E’ immorale” dice un altro.
“Non rispecchia ciò che Du Fu è stato alla sua epoca, è ridicolo. E’ irrispettoso verso un grande poeta e ferisce le persone di cultura”, afferma un terzo.
“Respect”, “respect”, “respect!” Insomma, per gli affezionati del quotidiano cinese l’umorismo dei netizen è un vero insulto alla tradizione.

Ciò che il China Daily ha rivelato solo pochi giorni fa è che la parodia digitale del letterato Tang rientrerebbe in una sofisticata strategia di marketing volta a promuovere un museo il cui nome non è stato ancora svelato, come riportato dal Jiling Evening News. “La maggior parte delle immagini di Du Fu sono state realizzate e diffuse dal nostro team” ha affermato Xue Yongyu, esperto di strategie di mercato “E’ parte di un progetto che stiamo portando avanti per un museo nel tentativo di attirare attenzione su di esso”.
Che la febbre per il poeta cinese sia reale o meno, la reazione innescata nell’opinione pubblica la dice lunga sull’orgoglio culturale a tinte nazionaliste del Dragone.

La questione era già stata sollevata ai primi di marzo, seppur con esiti differenti, quando il Partito diede vita alla campagna Lei Feng, il soldato dell’esercito di liberazione divenuto simbolo di altruismo in seguito alla sua morte accidentale avvenuta nel 1962. Un’icona del socialismo vecchio stampo rispolverata dal Dipartimento di Propaganda in occasione del  50esimo anniversario della sua morte (5 marzo) e adattata ai tempi moderni. “Un tentativo di colmare un vuoto morale della società”, aveva scritto il South China Morning Post, attraverso la pubblicazione di articoli e libri aventi lo scopo di rendere Lei “più umano”, o se non altro meno demodé.

Risultato? Molti i dubbi, anche da parte della stampa ufficiale: una nuova società richiede nuovi valori, scriveva il China Daily, mentre le critiche più aspre sono giunte ancora una volta dal web. Ma gli strali più avvelenati non sono stati diretti tanto al compagno Lei, quanto piuttosto al tentativo delle autorità di imporre un modello incentrato su dei valori che i vertici del potere sono i primi a trasgredire.
” I tuoi figli li hai mandati all’estero e a me chiedi di imparare da Lei Feng e dalla Cina” è stato uno dei commenti più eloquenti apparso su Internet e firmato Notebook, blogger che vanta due milioni di seguaci.

Al timore di un progressivo degrado dei principi morali sempre più rimpiazzati “dall’etica dei bigliettoni”, si accompagna una crescente tensione che cova sotto le ceneri della società cinese.
Dai Qing, giornalista scandalistica ed ex membro del Partito caduto in disgrazia, ha affermato che il messaggio paternalistico lanciato dalle autorità ha offeso profondamente il popolo. “Dovrei aiutare un anziano o un bambino bisognoso? Certo che dovrei, ma non perché mi viene imposto dal governo” ha dichiarato Dai, “l’empatia è un requisito minimo di decenza umana, non qualcosa che va diretto dalla politica”.

D’altra parte, di questi ultimi tempi, Pechino si è sbizzarrito nello sponsorizzare le sue mascot. Tra gli uomini immagine della nuova società socialista cinese vanno annoverati “Iron Man” Wang (1923-1970), che ha mescolato alacremente chilate di cemento ai tempi in cui non vi era nessuna macchina per farlo; Shi Chuanxiang (1915-1975), spalatore di letame nelle ore notturne; e Wang Yiqing (?), genio dell’elettronica, che ha assemblato cinque milioni di pezzi di radio senza commettere un solo errore.
“La Cina ha avuto centinaia di questi modelli un po’ falsi, ma non funzionano perché non incarnano i valori giusti” ha commentato Li Chenpeng, scrittore e giornalista sportivo, in un’intervista telefonica al New York Times, “Lei Feng è un bravo ragazzo ma non ha spirito critico, non riflette sulle cose e si limita ad eseguire gli ordini.”

Ma nonostante i cori di critiche, ad un mese dal giorno commemorativo per la morte dell’eroe tanto caro a Mao, passi scelti del suo diario ancora difendono il loro posto sul sito del China Daily, mentre Pechino continua ad essere tappezzata di sue gigantografie. Peccato solo che per la pancia del Paese appare chiaro che il compagno Lei cominci a sapere un po’ di muffa.

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