Obama parla all’Onu dopo Ahmadinejad, il bastone e la carota

ROMA – Barack Obama si rivolge all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Quasi certamente, salvo imprevedibili crisi internazionali, si tratta del  suo ultimo discorso da Presidente degli Stati Uniti. O sarebbe meglio dire, l’ultimo discorso del suo primo mandato, almeno per come stanno andando i sondaggi preelettorali. Ma questa è un’altra storia.

Terreno insidioso, quello dell’emiciclo del Palazzo di Vetro a New York, in particolare per un presidente USA. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, infatti, è la valvola di sfogo dei piccoli Paesi, tutti ovviamente accomunati ai grandi dal medesimo diritto di parola e di voto.
Niente a che vedere col direttorio ristretto del Consiglio di Sicurezza, dove tutti siedono a rotazione ma in cui contano solo i cinque grandi – USA, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia -, che vi siedono sempre di diritto e che, soprattutto, hanno lo strumento-principe di azione e coercizione che è il diritto di veto.
Un organo a dire il vero desueto e fondato su rapporti di forza attuali all’indomani della Seconda Guerra Mondiale ma ormai in parte privi di significato.
Fuori dal salotto del Consiglio di sicurezza, dunque, Obama affronta i delegati di tutto il Mondo. E lo fa con la tecnica del bastone e della carota.
Fonti della Casa Bianca  avevano anticipato che il tema dell’instabilità e delle rivoluzioni nel Mondo arabo sarà centrale nell’intervento del Presidente, che ribadirà l’impegno degli Stati Uniti per una transizione pacifica e democratica di quei Paesi e per una pace duratura a livello globale.
Obama parla di speranze comuni, di obiettivi comuni, sottolineando l’empatia del cosiddetto “Mondo occidentale” con quello arabo e la sua voglia di riscatto sociale e sviluppo economico.
Per Obama sarà comunque anche una sorta di ulteriore tribuna elettorale in vista delle presidenziali di novembre, in cui verranno delineati i progetti e gli approcci della sua politica estera futura.
Con molta probabilità, alla carota dell’impegno per la pace e la stabilità e della comprensione e vicinanza con le popolazioni arabo-mediorientali, seguirà il bastone per l’Iran.
Obama ribadirà la posizione USA sullo sviluppo del programma nucleare iraniano: un secco no alla dotazione di armi atomiche all’Iran, con minacce più o meno velate di possibili interventi per far rispettare tale divieto.
Un divieto che poggia su condivisibili valutazioni di opportunità rispetto alla non proliferazione delle armi nucleari, ma che agli iraniani – e non solo – non può non apparire arbitrario, visto che orami numerosi altri Paesi hanno una tecnologia in grado di sviluppare tali armamenti e lo hanno già fatto.
All’Assemblea Generale parlerà anche il Presidente Iraniano Mahmoud Ahmadinejad, e il confronto a distanza preoccupa non poco il Segretario generale dell’ONU Ban Ki Moon, che ha invitato i leader politici a non alzare i toni della discussione.

Sergio Vasarri

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