Kerry (Usa). Siria. Il tempo di Assad è finito. Aiuti diretti agli oppositori

A Roma il summit di 34  paesi per dare soluzione al conflitto  costato 70 mila vittime

 

ROMA – Il Segretario di Stato americano John Kerry è sbarcato a Roma per il summit che vede riuniti i rappresentanti di 34 Paesi impegnati a trovare una soluzione al conflitto siriano.
Conflitto sempre più duro, che da mesi sembra essere in una situazione di stallo, per cui è difficile intravedere una soluzione interna.
Il fatto poi che Bashar al Assad sia ormai accerchiato dentro e fuori del Paese, ma abbia ancora a disposizione risorse belliche e politiche superiori agli oppositori, determina uno stillicidio quotidiano in cui il prezzo più alto viene pagato dalla popolazione civile.
Anche se ormai, in un Paese immerso in un conflitto totale costato già 70.000 vittime, civile è un aggettivo che sta andando in disuso.
Già nei mesi scorsi avevamo sottolineato che la crisi siriana potesse avere riflessi ben più gravi e ampi di quelli solo interni. Il pensiero va innanzitutto al Libano, da decenni soggetto all’influenza siriana, dei baathisti di Assad, ma anche a Israele, con cui non sono mancate scaramucce, e agli altri vicini dello scenario più caldo del pianeta.
La seconda Amministrazione Obama sembra non voler più indugiare: il timore della Casa Bianca e dei suoi analisti è quello di creare un’altra situazione incancrenita e militarizzata come in Irak. Per cui a Washington il tempo degli Assad sembra terminato.
Su una nuova linea interventista gli Usa cercano adesso di incassare l’appoggio degli alleati europei, e non solo.
Kerry parla apertamente di sostegno diretto agli oppositori, e già questo è sufficiente per capire che molto si sta muovendo nella diplomazia internazionale. In questo caso parlare di aiuto diretto è quanto mai corretto, visto che indirettamente le intelligence americana e britannica, così come – anche se spesso verso destinatari differenti – quella saudita e qatariota, sono già da mesi sul terreno a dare man forte alle milizie ribelli.
Il problema rilevante, come spesso succede in situazioni simili, è scegliere i propri “amici” sullo scacchiere interno: di chi Usa e loro alleati possono fidarsi in Siria? Chi sostenere e rafforzare, pensando anche alla Siria del dopo-Assad?
Un nodo intricato da sciogliere, considerato che l’opposizione siriana, a quel che riportano la maggior parte delle fonti dirette, è perlopiù coagulata intorno a movimenti di ispirazione islamica sunnita in cui l’estremismo della rete di al-Qaeda ha già messo le sue radici.

 

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