ROMA – La “Nuova Sinistra” si schiera ancora dalla parte di Bo Xilai.
In una lettera pubblicata sul sito “Cina Rossa” un corposo gruppo di sostenitori dell’ex segretario di Chongqing chiede all’Assemblea Nazionale del Popolo (ANP), sorta di Parlamento cinese, che il loro idolo politico non venga espulso; una mossa questa -secondo i firmatari- discutibile e motivata da interessi politici. Accusato di diversi crimini tra i quali abuso di potere e corruzione, lo scorso 28 settembre Bo era stato interdetto dai pubblichi uffici ed espulso dal Pcc, una decisione che, tuttavia, dovrà essere confermata durante il settimo plenum del 17esimo Comitato centrale del Pcc, previsto per il 1 novembre. Tra il 23 e il 26 di questo mese -riportava la settimana scorsa l’agenzia di stampa Xinhua- il Comitato permanente del Politburo, principale organo decisionale cinese, dovrà “rivedere lo status politico di alcuni membri del Pcc” e decretare l’espulsione di Bo dall’Assemblea Nazionale del Popolo. Tappa obbligata per la rimozione dell’immunità giuridica in previsione del processo penale.
Ma l’estrema sinistra non ci sta e punta il dito contro il “Parlamento” cinese a causa dell’infondatezza delle accuse mosse contro il leader caduto in disgrazia. “Qual’è la ragione dell’espulsione di Bo Xilai? Indagate sui fatti e sulle prove” recita la lettera “Fornite al popolo le prove concrete che Bo Xilai sarà in grado di difendersi in conformità con la legge”. Il compito dell’ANP è quello di promulgare e controllare le leggi, evitando di assecondare gli attacchi personali tra fazioni politiche, continuano i sostenitori di Bo.
In particolare i 300 firmatari, accademici e veterani del Pcc in pensione, mettono in discussione le circostanze legate all’omicidio del businessman britannico Neil Heywood, per il quale è stata condannata alla pena di morte sospesa la moglie di Bo Xilai, Gu Kailai, e nel quale sarebbe parzialmente implicato anche l’ex leader di Chongqing. Il procedimento penale a carico della donna lo scorso agosto aveva destato diversi dubbi per la mancanza di prove effettive e la rapidità con il quale si era concluso. “Non è forse una grande buffonata quella che stiamo mettendo in scena davanti al mondo intero, sostenendo di essere un paese in cui vige lo stato di diritto” si chiede la “Nuova Sinistra”, sottolineando come non sia stata concessa agli imputati la possibilità di difendersi adeguatamente. Da marzo Bo non è più apparso in pubblico e, sebbene non gli sia stato permesso di rispondere alle accuse mossegli contro, pochi giorni prima della sua sospensione aveva bollato come “sporcizie” e “insensatezze” le voci su di lui e la propria famiglia.
Ma, commenta la Reuters, l’impatto dell’appello dell’ultrasinistra sarà, probabilmente, minimo. Sin dall’inizio dello scandalo legato al clan dei Bo le autorità avevano provveduto a censurare i siti web nostalgici, quali “Utopia” e “Cina Rossa”, in quanto apertamente schierati dalla parte del funzionario fresco di epurazione. Negli ultimi tempi il pericolo di un rinnovato maoismo si è affacciato nuovamente alle porte di Zhongnanhai, quartier generale del Partito, in concomitanza con una serie di proteste nazionaliste in chiave anti-nipponica. In occasione della rivendicazione delle isole Diaoyu, contese con il Giappone, tra i manifestanti hanno fatto la comparsa immagini del Grande Timoniere e slogan in favore del rilascio di Bo Xilai. A ribadire come il Nuovo Mao -sino a pochi mesi fa in corsa per uno dei seggi del Comitato permanete del Politburo al prossimo Congresso- goda ancora di una certa popolarità.
Nominato nel 2007 capo del Partito di Chongqing, durante il suo periodo di regno nella megalopoli del sud-ovest Bo Xilai si è distinto per una controversa lotta contro la mafia e un populismo “rosso acceso”. Politiche, queste, che lo hanno reso inviso all’ala più riformista del Partito, per la “Nuova Sinistra”, vera artefice del suo tracollo politico.