Il Medio Oriente, una polveriera. Tensione in Egitto, si combatte in Siria

ROMA – La primavera araba è scoppiata e non è mai finita. Anzi, la situazione in Medio Oriente negli ultimi mesi è addirittura peggiorata.

Neppure la decisione di ammettere come stato non membro la Palestina alle Nazioni Unite non è servita a placare i rancori che aleggiano perennemente tra lo Stato di Israele e il movimento di Hamas. Proprio quest’ultimo, oggi, ha accusato i suoi avversari di aver violato la tregua aprendo il fuoco su sei palestinesi nelle vicinanze del confine, ovvero la cosiddetta zona di esclusione, come la definisce Israele. Uno di questi è rimasto gravemente ferito e oggi è deceduto per le ferite riportate. Diversa la versione di un portavoce dell’esercito israeliano, il quale ha raccontato che i manifestanti avevano intenzione di aprire una breccia nei reticolati e non si sono fermati all’altolà del militare come impongono le procedure.
Dopo la tregua continua il drammatico bilancio causato da otto giorni di scontri e bombardamenti. Questa volta i numeri arrivano dall’Unicef, il primo organismo a rispondere ai bisogni delle vittime più indifese, ovvero i bambini. Di questi 1.200 hanno avuto un genitore ucciso o ferito, mentre le abitazioni dove vivevano 4.800 bambini  sono andate distrutte dai raid aerei.  

Egitto a rischio guerra civile

Intanto nel vicino Egitto, continuano gli scontri. Da un lato l’opposizione laica e liberale, che prosegue il suo sit-in a Piazza Tahir contro il decreto costituzionale con cui il neo presidente Mohammed Morsi lo scorso 22 novembre ha blindato i suoi poteri. Dall’altra i suoi sostenitori composti da molti gruppi islamisti capitanati dai Fratelli musulmani e da alcune formazioni politiche salafite, come il Partito Nur e Gamaa al-Islamiya.   Per evitare che le due fazioni entrassero in contatto oggi gli islamisti hanno manifestato a piazza di Nahda (del Rinascimento), vicino all’università del Cairo, a Gira,  per dimostrare il loro appoggio a Morsi e richiamare e all’approvazione di una nuova Costituzione, che si richiami ai principi della sharia. Insomma, una situazione che potrebbe precipitare da un momento all’altro.

La Coalizione Nazionale Siriana prepara governo ad interim

In Siria, invece la situazione è già precipitata da mesi. Le notizie per tre giorni sono arrivate a singhiozzo per via del blocco di internet e delle linee telefoniche. Blocco, che si pensa lo stesso regime avrebbe volutamente interrotto per non far filtrare nessuna notizia su quanto sta accadendo. Il solito escamotage per nascondere all’opinione pubblica i danni inflitti alla popolazione civile, come denuncia ormai da mesi l’Osservatorio siriano per i diritti umani. Per questo il collettivo hacker Anonymous schierato apertamente contro il regime di Bashar al Assad, ha rilanciato  una serie di iniziative per protestare contro il blackout internet imposto nel Paese. “Attacchiamo Assad per lo stop al web, non a favore dell’Esl”, si precisa in un comunicato del gruppo, che ha messo in rete centinaia di mail
confidenziali del ministero degli Esteri siriano. Già in passato, come ad esempio per il blackout in Egitto, il gruppo aveva facilitato in vari modi l’aggiramento della censura.

Intanto, nonostante le poche notizie giunte in Italia,  i caccia siriani continuano a bombardare alla periferia di Damasco. L’obiettivo sarebbe quello di rompere la cintura dei ribelli che ormai cinge la capitale.
Gli attivisti comunicano che sono ancora i corso bombardamenti su Daraya, un sobborgo di Damasco, con l’impiego dell’aviazione siriana  e sulla periferia sud di Idlib, dove si registrano aspri combattimenti tra ribelli e truppe governative.  Ieri, riferiscono i Comitati locali di coordinamento sono morte già 138 persone. Di queste 13 bambini erano bambini.

Oggi gli attivisti sono comunque riusciti a mettere in rete i video relativi ai bombardamenti, anche se non è riscontrabile la loro autenticità. Immagini atroci in cui si vede addirittura il cadavere di una bambina probabilmente di 4-5 anni. Altre immagini mostrano corpi di uomini e donne avvolte nelle coperte. E anche oggi sarebbe 73 il numero delle persone rimaste vittime delle violenze in Siria, di cui sette bambini. Numeri provvisori diffusi dai Comitati locali di coordinamento.

Sul piano diplomatico il prossimo 10 dicembre  si terrà a Rabat, capitale del Maroccco, un vertice della recentemente costituita Coalizione Nazionale Siriana, il cartello delle formazioni che si battono contro il regime di Bashar al-Assad. Si discuterà della creazione di un  governo provvisorio che andrà ad insediarsi  nelle zone già liberate della Siria
settentrionale, nella provincia di Idlib o in quella vicina di Aleppo.

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