ROMA – È di 350 la stima provvisoria delle vittime della terribile frana accaduta nella giornata di ieri in Afghanistan, precisamente nel villaggio di Aab Barik, che con il suo fango e detriti ha sommerso centinaia di abitazioni.
Ma l’emergenza non è ancora terminata, infatti i soccorsi sono ancora a lavoro per cercare sotto cumuli di terra i corpi delle povere vittime, con la speranza di trovare qualche sopravvissuto, anche se le probabilità sono molto remote. L’ ultima frana, quella di dimensioni più grandi, è stata preceduta di qualche ora da altre due di entità minore, che avevano procurato poche vittime e più feriti, ma la quest’ultima si è abbattuta sul villaggio proprio quando molte persone erano uscite dalle proprie abitazioni per contribuire agli scavi per la ricerca dei primi dispersi.
I soccorsi, già chiamati dopo il primo cedimento, hanno tardato ad arrivare a causa delle difficili vie di trasporto nel luogo in cui è accaduta la tragica rovina, e a questo si aggiunge anche l’inefficienza dei mezzi che i soccorritori hanno a disposizione per scavare nel fango.
Tutto ciò ha portato alla perdita di molte ore, tanto che ormai la speranza di ritrovare i propri parenti e amici in vita si è spenta del tutto, portando addirittura le autorità locali alla tragica decisione di fermare le ricerche degli scomparsi.
Lo stop ai soccorsi è stato dato poche ore fa, proprio perché anche le autorità si sono rese conto che i loro mezzi a disposizione sono scarsi e poca cosa a confronto dell’enormità dell’accaduto, ora l’immenso cumulo di fango che intrappola le migliaia di vittime diventerà una fossa comune, dove i pochi sopravvissuti al disastro naturale potranno andare a piangere i propri defunti.
Il bilancio delle vittime, al contrario di quanto è stato ipotizzato dall’ ONU questa mattina mediante un comunicato stampa, non è di centinaia ma di migliaia di persone e il numero preciso oscilla tra le 2100 e le 2500 vittime.
Ennesima giornata di lutto per una popolazione già travagliata dalla sofferenza della guerra e della povertà, alla quale oltre la sofferenza per i loro cari che non vedranno più si aggiunge il timore che ciò possa riaccadere, e che il fango questa volta si porti via proprio tutto anche le loro stesse vite.