Quirinale. Chi può puntare alla conquista del Colle?

Nonostante manchino ancora due anni alle elezioni presidenziali, Bersani ha già prospettato a Casini l’obiettivo cui lo stesso leader dell’Udc aspira. Condizione essenziale: archiviare per sempre Berlusconi

ROMA – Anche se non se ne parla perché è troppo presto, il gotha politico sta già affilando le armi per quella che sarà, fra poco più di due anni, la “battaglia” per il Quirinale. Il mandato di Giorgio Napolitano, infatti, scade nella tarda primavera del 2013, unitamente alla XVI legislatura (sempre che non ci sia uno scioglimento anticipato). Come noto, il Presidente è eletto dal Parlamento riunito in seduta comune e da tre delegati dei Consigli regionali (uno per la Valle D’Aosta). Si tratta quindi di un collegio di poco più di un migliaio di “grandi elettori”. Nelle prime tre votazioni è necessaria una maggioranza di due terzi, mentre dalla quarta votazione in poi è sufficiente la maggioranza assoluta.

Paradossalmente il berlusconismo, con i suoi attacchi all’impianto costituzionale e la massa di “leggi ad personam” che ha introdotto nel nostro ordinamento, ha fatto emergere il ruolo fondamentale di garanzia che il Colle svolge nel sistema politico italiano. Sia Scalfaro, sia Ciampi e Napolitano hanno dovuto sovente arginare le derive dell’attuale Presidente del Consiglio, riuscendo a bloccare i testi normativi più impresentabili. Nel 1994, subito dopo la prima vittoria del centro-destra, Oscar Luigi Scalfaro impose a Berlusconi lo spostamento di Cesare Previti dalla Giustizia alla Difesa. Fu lungimirante, perché il legale di fiducia della “Fininvest” sarà condannato  per “corruzione in atti giudiziari”. Ciampi e Napolitano, a volte accusati di essere “firmaioli”, hanno pure posto paletti e confini alle intemperanze berlusconiste, a dimostrazione di quanto sia stato lungimirante il disegno apprestato dall’Assemblea Costituente ed incentrato su una figura che deve garantire non soltanto l’unità del Paese ma anche la stabilità democratica del sistema.

Da ciò si comprende agevolmente come la più grave iattura per l’Italia sarebbe vedere salire al Colle Silvio Berlusconi. Nonostante gli infiniti scandali cui ha dato luogo l’attuale premier (che impedirebbero a chiunque soltanto di poter pensare di avere una “promozione” simile in qualsiasi altro Paese del mondo), infatti, il suo proposito di concludere in questo modo la sua “carriera” politica è sempre molto vivo. E d’altronde, proprio la potenza finanziaria di questo aspirante al Quirinale (denunciata perfino da Gianfranco Fini) potrebbe giocare un ruolo fondamentale in un Parlamento diviso e con orde di deputati attratti da questioni meramente materiali.

Per questo motivo le diplomazie delle forze politiche si stanno già muovendo, per ora disegnando soltanto scenari. Il Pd è partito di anticipo, consapevole della posta in gioco ed ha prospettato a Pierferdinando Casini un’ascesa al Colle che potrebbe avere più di una chance. Il piano tattico dei “democrats” consiste nell’arrivare ad una sorta di accordo politico alle prossime elezioni nazionali in base al quale Palazzo Chigi potrebbe andare ad uno di loro (lo stesso Bersani) per poi, con la maggioranza delle due Camere, portare alla Presidenza quello che sarebbe uno dei più giovani eletti al soglio della storia repubblicana (Casini nel 2013 avrà 58 anni, contro i 57 di Francesco Cossiga eletto nel 1985). D’altronde sembra evidente a tutti che il prossimo Presidente dovrà essere scelto fra i cattolici, dato che gli ultimi due (Ciampi e Napolitano) appartenevano allo schieramento laico. Casini è stato individuato come il migliore rappresentante possibile. Lontano dalle derive berlusconiane, preparato alla immarcescibile scuola forlaniana (da giovane diventò braccio destro del leader pesarese del partito cattolico), moderato ed equilibrato, in stretta aderenza con le gerarchie vaticane, è un candidato che potrebbe trovare ampio consenso nel Parlamento. D’altronde, anche nell’Udc nessuno nasconde che si punti alla candidatura del loro leader per il 2013.

Naturalmente la “condicio sine qua non” per mandare in porto questo progetto ambizioso è battere il centro-destra nel 2013 e la cosa non è affatto sicura. Già, perché i piani di Berlusconi sono di altra ispirazione. Vuole conquistare il Colle, insediando a Palazzo Chigi il suo delfino, Angelino Alfano. Oppure, in caso di impossibilità oggettiva (condanne penali o problemi fisici), il suo candidato preferito per la prima carica dello Stato sarebbe Gianni Letta, come più volte ha avuto modo di asserire.

Nell’un caso o nell’altro, il Caimano si assicurerebbe il futuro economico, perché con il Quirinale e Palazzo Chigi saldamente in mano, le sue aziende sarebbero in una botte di ferro e si ingigantirebbe a dismisura il suo già enorme conflitto di interessi. Uno scenario da incubo per l’Italia ed è proprio per questo che le forze di opposizione si stanno organizzando per tempo. Berlusconi al Quirinale significherebbe gettare nel cestino quel poco di credibilità e dignità che ancora l’Italia sa esprimere in ambito internazionale.

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