Monti. In economia allievo di Tafazzi?

ROMA – Che la ricetta iper rigorista imposta dall’Europa sia profondamente sbagliata lo hanno capito davvero tutti. E a darne l’ennesima dimostrazione, laddove ancora ci fosse qualcuno che ne avesse bisogno, sono arrivati oggi i dati che Eurostat ha rilasciato in relazione all’andamento del Pil in Europa nello scorso trimestre.

Il Pil del nostro Paese si è infatti contratto dello 0,8% nel primo trimestre dell’anno rispetto ai tre mesi precedenti e dell’1,3% su base annua. E’ il terzo trimestre consecutivo che fa segnare il segno meno, dopo il -0,2% del terzo trimestre del 2011 e il -0,7% del quarto trimestre 2011, è il peggior dato dal primo trimestre del 2009, quando si registro’ un calo del 3,5% sui tre mesi precedenti.
L’economia italiana nel confermarsi in recessione va ben oltre le non rosee aspettative del Governo, il  Documento di Economia e Finanza (DEF) prevede per il 2012 una riduzione del Pil pari all’1,3 per cento. Ma tale dato, visto soprattutto che la crescita acquisita per il 2012 è già pari a -1,3%, potrebbe rivelarsi peggiore ed anche di molto, rendendo di fatto impossibile il raggiungimento degli obiettivi di indebitamento e di debito per l’anno in corso e per il 2013.

Dalla spirale rigore, recessione, squilibrio, rigore in cui appare chiuso il nostro Paese si deve e si può uscire ma bisogna spostare il carico del rigore sui redditi più elevati e sui grandi patrimoni.
Sostanzialmente il punto della questione, il piccolo aspetto economico da valutare, si chiama propensione al consumo e la differenza tra operare sui grossi redditi e sui grossi capitali oppure decidere di intervenire sui piccoli può essere riassunta, con qualche semplificazione, così.

La propensione media al consumo è la quota del proprio reddito che un individuo spende. Tale quota, e così la propensione al consumo, decresce al crescere del reddito. Se guadagno 1.000 euro al mese li spendo tutti (ho una propensione al consumo pari ad 1) , se guadagno 2.000 metto qualcosina da parte (avrò, ad esempio, una propensione al consumo di 0,95), se guadagno un milione al mese ne spenderò si e no la metà (con una propensione al consumo di 0,5).

La propensione marginale al consumo è invece la quota aggiuntiva che spenderà un individuo in presenza di un aumento di reddito. Chi guadagnava 1.000 e passa a 1.100 spenderà tutti i 100 euro aggiuntivi. Chi guadagnava un milione non si accorgerà nemmeno dei 100 euro in più.

Ciò che sta avvenendo in Italia ed in buona parte dell’Europa ha molto a che fare con la propensione marginale al consumo poiché le scelte dei governi europei si sono indirizzate ad un iper rigorismo che ha colpito tantissimo i redditi più bassi. Le pensioni più basse e più tardi, la riduzione del salario minimo, la precarizzazione del rapporto di lavoro, l’innalzamento della  pressione fiscale sia diretta sia indiretta, sia attraverso una maggiore tassazione dei redditi che attraverso una maggiore tassazione dei consumi, la riduzione dei bilanci statali anche attraverso l’introduzione dell’obbligo di pareggio, sono passati dall’essere una soluzione all’essere un problema, anzi “Il Problema”.
Una riduzione di 100 euro che grava su di un reddito basso, ad esempio attraverso un aumento delle tasse, comporterà infatti un effetto sul Pil che sarà un multiplo di quei 100 euro, ci saranno infatti 100 euro in meno spesi nei negozi della zona, e poi rispesi e poi reinvestiti. Gli stessi 100 euro di riduzione imposti ad un reddito particolarmente elevato avranno come unico effetto che varierà la cifra stampata su di un estratto conto.

Pensare di risanare il bilancio dello Stato tassando i consumi, imposizione da cui sono più colpiti i redditi bassi che hanno una propensione al consumo più elevata, tagliando in maniera acritica il bilancio e tenendo sostanzialmente esenti i grandi patrimoni è sbagliato perché si rischia, ed in molti paesi europei tra cui il nostro sta già succedendo, di avvitarsi in una pericolosissima spirale; si rischia cioè di tagliare 1 miliardo di spese e di veder poi scendere il proprio Pil di 1,5 miliardi così da far peggiorare il rapporto tra debito e Pil e rendere ulteriormente necessario un ulteriore taglio delle spese. La recessione che segnala oggi Eurostat in Italia, nonostante il risultato sia davvero pessimo, potrebbe essere solo la prima avvisaglia di ciò che potrebbe succedere in termini di riduzione dei consumi dopo che le famiglie avranno pagato la prima e la seconda rata dell’Imu, dopo che l’IVA sarà salita di altri due punti ed in generale dopo che la spinta estremamente recessiva della gestione Monti si sarà abbattuta sul Paese.
E’ quindi assolutamente necessario prendere coscienza del fatto che da questa spirale si può uscire solo con un allentamento della ventata rigorista, un recupero a tassazione dell’evasione, una maggiore partecipazione, ovvero una maggiore tassazione, dei redditi più elevati ed una completa rinegoziazione e riscrittura delle norme di funzionamento della BCE.

A partire dal perverso divieto di acquisto dei titoli del debito pubblico dei paesi partecipanti che ha causato la folle distorsione di una Banca Centrale che ‘regala’ soldi a banche private tramite prestiti al tasso dell’1 per cento per poi sperare che queste facciano le banche, finanzino i Paesi e le imprese.

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