ROMA – A non pochi osservatori viene da ridere a pensare alle “primarie” nel Pdl. Il marchingegno che i gerarchi berlusconiani – così come la nuovissima poltrona da “segretario” – hanno studiato per recuperare il consenso elettorale. Essi cercano di far assomigliare quello che è effettivamente un “ramo di azienda” ad un “partito” o a qualcosa che possa sembrare più vicino ai cittadini e alla democrazia. Le considerazioni degli analisti su questa ennesima mistificazione dei berlusconiani possono essere riassunte dal pensiero di Piero Ignazi, direttore scientifico della rivista “Il Mulino” e docente universitario a Bologna: “È il classico annuncio a effetto, l’ennesimo ossicino da dare in pasto ai media. Tra una settimana, un anno, ci sentiremo dire che abbiamo frainteso, capito male”.
IL PARTITO COREANO. In realtà il Pdl è un partito coreano, dove Kim Il Sung regna incontrastato con la forza del suo potere economico e mediatico. Le “primarie” sono uno strumento democratico – che funziona perfettamente in America, dove non sono mai esistiti partiti organizzati sul modello italiano, francese, tedesco – che consente agli iscritti di quella formazione politica di scegliersi il proprio leader, che poi andrà ad esercitare la funzione di governo, in caso di vittoria elettorale. Per comprendere la mistificazione dei berlusconiani sarebbe sufficiente notare come il Pdl non abbia mai celebrato un congresso, cioè un’assise in cui si sono confrontati una maggioranza e una minoranza, con documenti congressuali elaborati e discussi in pubblico e diffusi sulla stampa e sulle televisioni. Ogni decisione ed ogni funzione e perfino la creazione del partito, sono stati originati da un atto del suo proprietario, in un luogo privato e perfino molto angusto, come il predellino della sua auto. Parlare di “primarie” in un contesto del genere o è una barzelletta (cosa ovviamente non estranea alle abitudini del suo creatore) o è un modo per sottolineare la stoltezza di chi crede, come il “Corriere della sera”, a simili storielle o come il leader di Sel, il quale, commentando l’ilare notizia, ha dichiarato: “Tutto ciò che capovolge la tendenza oligarchica della politica va bene, è benvenuto, è benedetto dal cielo”.
IL PARTITO DELLE MISTIFICAZIONI. Una informazione veramente libera e democratica avrebbe il compito di denunciare le mistificazioni che, a getto continuo, i gerarchi berlusconiani seminano sulle loro televisioni e sui loro giornali. Ora, invece, perfino a sinistra, si accredita l’ennesima fuffa del Cavaliere, per gettare in pasto agli ignari l’idea che una parvenza di democrazia si stia insinuando perfino nel partito coreano. Salvatore Vassallo (Pd), che insieme a Walter Veltroni è autore di un progetto di legge che vorrebbe istituzionalizzare per legge le primarie, loda l’iniziativa pidiellina: “Se fosse una vera scelta strategica – afferma – allora dovrebbero confrontarsi in Parlamento con la nostra proposta di legge che codifica e rende trasparente questa modalità di democrazia interna”. Nessun dubbio lo sfiora che, molto semplicemente, le “primarie” siano uno strumento incompatibile con la figura stessa di Silvio Berlusconi; è come se le si adottasse in “Fininvest” o in “Mondadori” per eleggere l’amministratore delegato o il presidente. Insomma, siamo ancora alle prove tecniche di inciucio, ai proclami sull’affidabilità democratica di una classe dirigente, quella pidiellina, che fino a questo momento è esistita principalmente per tutelare gli interessi economici e penali del suo leader e capo indiscusso.
IL PARTITO DELLA DESTRA. Non è un caso che Gianfranco Fini, nel suo per ora infruttuoso tentativo di fondare una destra democratica e non plebiscitaria, sia dovuto passare sotto le forche caudine di una rottura traumatica con il partito coreano, avendo ben compreso che una via democratica e riformatrice dal basso, nel ramo di azienda berlusconiano, è semplicemente improponibile. Come dice ancora Piero Ignazi, un reale cambiamento si potrà avere soltanto quando “Berlusconi se ne andasse alle Bahamas, lontano, fuori di scena”. Ipotesi altamente auspicabile ma, ora come ora, difficile da prevedere.