Mario Monti a Porta a Porta. La politica dello “Yes man” vince sempre

ROMA – Il presidente del Consiglio Mario Monti arriva sul piccolo schermo. E da chi poteva andare, se non nel salotto del plastico di Cogne, quello arredato da poltrone bianche che hanno ospitato le chiappe più “brillanti” della politica italiana.

Non ci sono dubbi a riguardo, parliamo della nota trasmissione di Porta a Porta di Bruno Vespa, il noto conduttore, giornalista, scrittore che ha appena lanciato la sua ultima novella  “Questo amore”. L’inquadratura ci offre copione perfetto di “Yes man”, pronti a mettersi sotto vento, chi aspettando la gelida bora  della finanza  e chi calando le brache con il potente di turno. Il timore è che il risultato sia sempre lo stesso. E infatti, si parla di riforme, di equità, perfino di redistribuzione del reddito – slogan che fino a qualche anno fa campeggiava sui muri dei centri sociali – ,  che guarda caso puntano tutte, dritte, dritte al cuore delle classi meno abbienti, l’agnello sacrificale della lunga e appetitosa abbuffata mossa dalle speculazioni finanziarie delle classi privilegiate.

Si discute di crisi economica definendola una “perversa impercettibilità”, di fondi di investimento ai quali affaristi senza scrupoli hanno puntato miliardi e miliardi di dollari per trarre vantaggi personali. Operazioni che Monti, invece di condannare a pieno titolo, forse per paura di tradire l’establishment liberale di cui fa parte a pieno titolo, spiega come un evento del tutto fisiologico. Insomma, sarebbe stato più onesto intellettualmente dire che questo modello economico va cambiato, sta implodendo su se stesso. E di errori ne sono stati fatti tanti, troppi,  perchè si è agito senza pensare, mossi dall’ingorda avidità del denaro e  questa volta percettibile. “Nonostante il disorientamento le riforme alla fine saranno comprese”, dice Monti. Insomma, “gli italiani capiranno” assicura il professore della Bocconi. Più che altro bisognerà dire “subiranno”, perchè quando le cose sono poco chiare anche in televisione arriva sempre –  guarda caso – il buon Vespa, il quale nelle molteplici situazioni si è sempre distinto per essere  una spalla perfetta,  tant’è che  come un camaleonte riesce a trasformarsi in qualsiasi cosa pur di non irritare l’ospite d’onore. “La curva dello spread in diminuzione”, “inseguivamo la Grecia ma l’Italia è un paese forte”, e via dicendo. Un teatrino degno di un’epoca della quale qualcuno non vuole assolutamente disfarsi, altrimenti crollato il palco si potrebbero scorgere i veri attori dietro le quinte. Altro che cambiamento.

 

Ci sarebbero state tante cose da chiedere all’autorevole professore, classe 1943, quindi non proprio protagonista di primo pelo, che chissà dov’era e cosa pensava quando le banche fallivano mandando alla bancarotta milioni di famiglie. Forse avrebbero  dovuto farci  bere molto tempo prima questo olio di ricino firmato Monti, se ora siamo costretti a tirare l’Italia per i capelli prima che affoghi in quella melma dove solo una parte degli italiani affonderà le mani. Dopo i dovuti equilibrismi per placare le ire dei prossimi pensionati arriva anche la domanda finale dello spavaldo Vespa, che non è proprio una di quelle a trabocchetto che si usa fare durante un esame scolastico. “Come ha preso sua moglie la scelta di venire a Roma – chiede Vespa – in quegli appartamenti di Palazzo Chigi?”. Una domanda che non ci coglie di sorpresa. Era proprio quella che stavamo aspettando con una certa curiosità da quando i riflettori si erano accesi nello studio di Via Teulada. Peccato che il pollice, questa volta inavvertitamente,  guidato forse più dall’istinto che dalla ragione, sfiori il pulsante rosso del telecomando, quello con la scritta off. E d’imporvviso cala ancora il buio. Proprio lo stesso che c’era prima.

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