Fiat. I ministri incontrano i sindacati. Ma avranno ben poco, quasi niente da dire

ROMA – Ma di cosa hanno discusso per cinque ore Monti,Passera, Fornero, Barca, Marchionne, Elkann?  Il premier smentisce che  si sia parlato di cassa integrazione straordinaria, di incentivi.

Addirittura dice che se Fiat li avesse chiesti  avrebbe avuto una risposta negativa.  Unica certezza la convocazione per martedì sera di Cgil, Csl, Uil al ministero del Lavoro.  Fra i lavoratori Fiat, in fabbrica o in cassa integrazione, l’esito dell’incontro ha accresciuto  preoccupazione,  protesta, rabbia. La Fiom ha annunciato una assemblea fuori da cancelli di Mirafiori ed ha chiesto di poter informare le tute blu all’interno dei luoghi di lavoro. “ La montagna ha partorito il topolino- dice Sergio Airaudo – segretario Fiom e responsabile del settore auto. L’incontro  fra governo e Fiat? Un’occasione mancata”.   Da questa valutazione discende lo scetticismo sull’incontro, pure richiesto dai sindacati con il governo. Il segretario generale della Uil, Angeletti, non attende niente di buono. Non ci verrà detto niente  di più di quanto scritto nel comunicato congiunto. Solo parole. Il timore è che si parli solo di cassa integrazione. “In tutta  questa vicenda è la spregiudicatezza dei comportamenti a colpire – sottolinea Airaudo – il fare disinvolto della proprietà e con essa, appunto di Marchionne”.

Airaudo: decisivo che si torni a parlare con i lavoratori

“E’ decisivo – continua il dirigente della Fiom- che si torni a discutere tra di noi,tra i sindacati, tra i lavoratori”. Già Marchionne.  A Diego della Valle che ne aveva criticato di nuovo l’operato manda a dire: “Smetta di rompere le palle”, da vero gentliomo qual dice di essere. A  Susanna Camusso  fa la lezioncina: “ Parla molto di diritti e poco di doveri”.  E ai tedeschi che vorrebbero rilevare l’Alfa  Romeo dice di farla finita con le i “ spacconate”  Lui, il grande manager,  non ha sbagliato un colpo. Anzi per una volta ammette di aver fallito. Per otto anni ha cercato un partner straniero e non lo ha trovato. Non gli passa neppure per l’anticamera del cervello che  ci sia qualche responsabilità anche sua. No, rivolto al governo intima: “Deve rimuovere quelle zavorre che stanno ancorando il nostro Paese al passato”. Giudica “soddisfacente” l’incontro con il governo. “Abbiamo messo sul tavolo la situazione. Capiscono benissimo- dice-le condizioni di mercato e credo ci sia un livello di comprensione perle scelte che dobbiamo fare: nessuno può investire in un mercato che perde”. Da cui si evince che il governo non ha battuto ciglio a fronte del ritiro del piano “Fabbrica Italia”.

L’arroganza di Marchionne che bussa a incentivi per l’export
“Non esiste alcun amministratore delegato – ha detto – che, considerato lo stravolgimento che c’è stato nell’economia e nelle previsioni di mercato che stavano alla base del piano, l’avrebbe visto come un obbligo. Chiunque gestisce un’azienda, sa che gli indirizzi strategici devono essere modificati e adeguati ai movimenti dei mercati”. Lui non ci pensa su un attimo, da gran prestigiatore fa scomparire i venti miliardi di investimenti cui avevano creduto solo i dirigenti di Cisl e Uil e dal cappello esce la nuova strategia  con l‘obiettivo di “cercare di sfruttare le competenze che abbiamo la nostra conoscenza di prodotto e di processo, il livello tecnico dei nostri impianti  per aprici la strada, verso i mercati esteri.”  Oppure dobbiamo “ridurre la capacità produttiva e licenziare migliaia d dipendenti, con danni incalcolabili per la nostra economia”.  E bussa alle porte del governo, che deve sostenere  l’export. Non valgono le smentite di Monti. Tanto che il ministro Passera parla di possibili sconti fiscali sui prodotti esportati. Interventi difficilmente praticabili viste le regole che riguardano le aziende che operano in Europa. Non solo. Il trucco c’è ed è evidente. Meraviglia che un uomo come Passera non se ne accorga. L’operazione è tutta finanziaria. Dagli Usa e da altri Paese verrebbero inviati pezzi da montare negli stabilimenti italiani che poi  li rispedirebbero ai paesi da cui sono venuti. Per questo Fiat godrebbe di incentivi. Ma non è finita. Marchionne fa la vittima. “Fabbrica Italia – dice era un piano coraggioso, strategico, nuovo, di lungo periodo che aveva l’obiettivo di aiutare il paese,cambiando l’approccio e una serie di relazioni storiche che avevano ingessato lo sviluppo del nostro gruppo (cacciata degli iscritti alla Fiom –Cgil compresa ndr).

 
Fabbrica Italia non c’è più? Tutta colpa della Consob

E la Consob che fa?.  Invia “una raffica di richieste, tra aprile 2010 e ottobre 2011, 19 lettere in cui si chiedevano i dettagli finanziari e tecnici su Fabbrica Italia”. “Giunti all’esasperazione – prosegue – abbiamo emesso un comunicato, era l’ottobre scorso, ritirando Fabbrica Italia e indicando chiaramente che non avremmo mai più usato quella dicitura né fornito informazioni sull’entità degli investimenti o sui tempi. La ragione è semplice. Fabbrica Italia era nata con una prospettiva diversa. Era un progetto disegnato per contribuire alla soluzione dei problemi industriali dell’Italia e al suo futuro sviluppo”.  Insomma la colpa se il “Fabbrica Italia “non esiste più la colpa è della  Consob. Lui, poveretto, parla il linguaggio dell’innocenza, della vittima sacrificale. In realtà non solo il progetto era un bluff. Così come un altro bluff è l’annuncio che quando ci saranno “idonee” condizioni, nel 2014, ci sarà una  nuova versione  del progetto. Non è vero. Il Consiglio di amministrazione del gruppo che si riunirà il 30 ottobre si limiterà ad  esaminare i conti del terzo trimestre del 2012. Del futuro produttivo dei cinque stabilimenti italiani non ci sarà neppure un accenno. Con buona pace di Monti .

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