Istat e Svimez . Fermi lavoro e consumi. Il Sud a rischio desertificazione

ROMA – A riportare con i piedi per terra il nostro esecutivo oggi ci pensano Svimez ed Istat.

L’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, lo SVIMEZ, nel suo Rapporto 2012 sull’economia del mezzogiorno parla di rischio di desertificazione industriale e descrive un paese che sta letteralmente perdendo un pezzo. L’Istituto nazionale di statistica ha invece pubblicato i dati relativi all’andamento delle vendite al dettaglio nello scorso mese di luglio e sono dati che descrivono una crisi profonda e grave e che potrebbe continuare a durare infischiandosene delle luci in fondo al tunnel del nostro esecutivo.

 Nel Mezzogiorno   un salto indietro di 15 anni
“Se, come previsto, il Pil italiano fara’ registrare nell’anno una flessione del 2,5%, il Pil del Mezzogiorno tornerebbe ai livelli del 1997. Un salto all’indietro di quindici anni”.
A dirlo, nel corso della presentazione del rapporto 2012 sull’economia del Mezzogiorno di oggi, ci ha pensato Riccardo Padovani, direttore della SVIMEZ,.
Non è però solo il Sud ad uscire sconfitto visto che, continua Padovani, “le cronache di questi mesi dell’Ilva di Taranto, di Termini Imerese e dell’Irisbus, con tutta la complessa vicenda Fiat, sembrano confermare i rischi di una fuoriuscita dai comparti strategici, che presentano una concentrazione degli stabilimenti del Sud”.L’’Italia subisce quindi un grave impoverimento industriale che si concentra nelle regioni del Sud. per lo Svimez sarebbe necessaria una maggiore “efficienza delle amministrazioni nazionali e regionali nello spendere le risorse ancora disponibili dei Fondi strutturali e saperli orientare e concentrare su un piano di interventi industriali”.

Nel Sud  disoccupazione reale più del 25%
Il Rapporto Svimez 2012 disegna un quadro drammatico con una crisi dell’industria che al Sud è così grave da poter parlare di rischio di desertificazione industriale: i consumi non crescono da quattro anni e la disoccupazione reale supera il 25%, in una economia avvitata su sé stessa che amplifica i problemi nazionali.
Dal 2007 al 2011 nel resto del Paese l’industria ha perso il 5,5 per cento delle unità addette, ed il Sud ha perso 147 mila unita’ (-15,5%), il triplo del resto del Paese, con la conseguente ripresa della fuga verso Nord degli abitanti.
La recessione colpirà in maniera differente con il Sud ancora col segno meno mentre qualche segnale di ottimismo sembra arrivare dal resto d’Italia, il Sud nel 2013 farebbe infatti segnare, secondo lo Svimez, -0,2%, mentre l’Italia crescerà dello 0,1% e il Centro-Nord dello 0,3%. Ad aggiungere al danno la beffa ci pensano le manovre del 2010-2011 che pesano per 1,1 punti sul Pil nazionale, per 2,1 punti al Sud e solo 0,8 al Centro-Nord, contribuendo così al perdurare dello stato di crisi.
Nel 2012 il Pil del Mezzogiorno sarebbe quindi in calo del 3,5%, i consumi del 3,8% e gli investimenti del -13,5.
Da macchina del tempo i risultati nel medio periodo: dal 2007 al 2012, il Pil del Mezzogiorno e’ crollato del 10%, tornando ai livelli del 1997.
Da quattro anni i consumi nel Mezzogiorno non riescono a crescere ed il loro livello attuale è, in termini reali, inferiore di oltre 3 miliardi di euro rispetto al valore del 2000.

 Si disegna uno stato a due velocità

La debolezza dell’intera azione pubblica del meridione è stata uno dei temi esaminati dal Rapporto Svimez 2012 sull’economia del Mezzogiorno.
Secondo lo Svimez l’efficacia dell’azione pubblica nel Sud è fortemente condizionata dai ritardi strutturali della società, delle istituzioni e del sistema produttivo meridionale con una qualità dei beni pubblici essenziali, come giustizia, sanità, istruzione, trasporti, lavori pubblici, servizi locali, con ricadute rilevanti sulle condizioni di vita dei cittadini e sul funzionamento dell’economia mentre in alcune aree l’influenza delle attività criminali sulle relazioni economiche e sociali continua a essere pervasiva.
Ad impattare in maniera fortemente negativa è la giustizia ed in particolare i suoi tempi, eccessivamente lunghi in Italia, ancor di più nel Sud, tanto da rendere ipotetica la certezza del diritto.
La durata media dei procedimenti civili nei tribunali italiani è di 1.067 giorni nel 2010, in sensibile discesa rispetto al 2000 quando era intorno ai 1.134 giorni.
Nel Mezzogiorno la durata è intorno ai 1.247 giorni mentre al Nord è pari a 919 giorni.
Tutte le Regioni del Sud sono sopra la media nazionale, mentre al Centro-Nord solo l’Umbria ha una durata media dei processi elevata.


Il crollo dei consumi come un bollettino di guerra

 Crollano i consumi. Un vero e proprio bollettino di guerra i dati relativi all’andamento delle vendite al dettaglio nello scorso mese di luglio quandosono calate dello 0,2%. Nella media del trimestre maggio-luglio il calo è stato dell’1% rispetto ai tre mesi precedenti. 
A essere colpiti più duramente sono i piccoli esercizi, l’Istat  registra infatti flessioni del 2,3% per le vendite delle imprese della grande distribuzione e del 3,8% per quelle delle imprese operanti su piccole superfici.
Nella grande distribuzione le vendite segnano una variazione tendenziale negativa sia per i prodotti alimentari (-0,9%) sia per quelli non alimentari (-3,5%).
La stessa tendenza si è manifestata nel settore delle piccole superfici, con una diminuzione sia delle vendite di prodotti alimentari (-3,6%), sia di quelle di prodotti non alimentari (-3,9%).
A luglio di quest’anno, tra le imprese della grande distribuzione sono state registrate diminuzioni tendenziali del 2,1% per gli esercizi non specializzati e del 3,6% per quelli specializzati.
Con riferimento agli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, si registrano diminuzioni in tutte le tipologie: -3,1% per gli ipermercati, -1,1% per i supermercati e -0,1% per i discount.
I settori in maggiore crisi sono risultati quello di giochi, giocattoli, sport e campeggio (-5,6%) e mobili, articoli tessili, arredamento (-5,2%); quelli che hanno accusato meno il colpo sono invece la gioielleria ed orologeria (-1%) ed elettrodomestici, radio, tv e registratori (-3%).


Confcommercio. La crisi perdura e peggiora

Allarmato il commento dell’Ufficio Studi Confcommercio ai dati sulle vendite al dettaglio diffusi oggi dall’Istat: “Al di la’ del permanere di uno stato di accentuata difficoltà’ dei consumi delle famiglie, preoccupa il fatto che, alla luce dei dati di settembre sul clima di fiducia delle famiglie arrivati, ormai, ai livelli minimi, é prevedibile il protrarsi di questa situazione anche nei mesi autunnali; ma preoccupa anche la progressiva estensione della crisi a tutti i beni considerati, con punte particolarmente gravi per l’abbigliamento, le calzature ed i mobili, e che questa estrema sofferenza dei consumi coinvolge in misura significativa non solo le imprese di minori dimensioni, ma anche la grande distribuzione che nella media dei primi sette mesi del 2012 segnala un calo dei valori del venduto pari a 2 decimi di punto”

Confesercenti.  A rischio 60 mila posti di lavoro
Anche Confesercenti commenta amaramente i dati Istat.
‘L’uscita dal tunnel della crisi ancora non si vede; anzi, il percorso per uscirne si sta allungando’.
Secondo l’Associazione ‘La flessione registrata sia nel no-food sia nel comparto alimentare rappresenta un indicatore dell’aggravarsi della crisi, che spinge gli italiani a stringere la cinghia anche in occasione dei saldi di luglio. E a soffrire non sono solo le piccole superfici’.
A preoccupare sono poi le prospettive, secondo Confesercenti “Il crollo del mercato interno sta mettendo a dura prova il tessuto imprenditoriale italiano, come testimonia il saldo tra chiusure e aperture di imprese nel primo semestre 2012, che risulta negativo per piu’ di 13mila unita’ e ha gia’ portato alla perdita di oltre 33mila posti di lavoro. Numero che, senza un’inversione di tendenza, potrebbe raddoppiare entro la fine dell’anno’.
Non andrà meglio nel 2013, quando, secondo le previsioni di Confesercenti, ci sarà una ulteriore flessione dei consumi dello 0,4%. 
Amarissima è poi la conclusione di Confesercenti ‘L’Esecutivo non puo’ concentrarsi solo su singole grandi aziende, aprendo tavoli ad hoc; in pericolo c’e’ anche un settore di primaria importanza come quello legato ai consumi interni, le cui difficolta’ stanno producendo pesantissimi danni sul piano sociale ed economico. Il Governo apra urgentemente il confronto con le parti sociali, per definire interventi che ridiano fiato a imprese e famiglie. A partire dal taglio del cuneo fiscale e dalla riduzione delle aliquote, utilizzando la locomotiva della delega fiscale’.


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