L’affare Petraeus: cronaca rosa o spy-story?

WASHINGTON – Il generale David Petraeus, icona dell’esercito americano nel Mondo e capo della CIA, si è dimesso venerdi in seguito ad uno scandalo rosa, che lo mette al centro di un triangolo extraconiugale.

Petraeus avrebbe infatti intrattenuto ben due relazioni parallele al suo matrimonio, con una collega del Dipartimento di Stato e con una ricercatrice che ha scritto un libro su di lui, Paula Broadwell. Proprio rispetto alle scappatelle con quest’ultima – la relazione con Jill Kelley è venuta alla luce solo nelle ultime ore – il generale ha voluto chiedere pubblicamente scusa e ha presentato le sue dimissioni dall’agenzia di intelligence più potente del Mondo.

Fin qui, niente di nuovo. O quantomeno di sorprendente rispetto al codice etico dell’opinione pubblica americana – così diverso dal nostro – che non ammette un tradimento sentimentale da parte di una carica pubblica, sulla base di un sillogismo un po’ puritano che reputa possibile un tradimento alla Nazione da parte di chi ha tradito la moglie.

Il buon Petraeus dunque non si è sottratto al canonico patibolo espiatorio, ha rassegnato pubbliche dimissioni e incassato un Oscar alla carriera da parte del neo-insediato Obama.

David Petraeus è stato infatti definito “il miglior comandante militare dopo Eisenhower” per le sue innovative capacità di leadership e per aver cambiato – con tanto di teorizzazione in appositi manuali adesso a disposizione delle forze armate USA – le tecniche di approccio al nuovo tipo di conflitto sul terreno.

Da non dimenticare, inoltre, che a Petraeus è stato affidato il comando delle operazioni USA e del coordinamento delle altre forze armate alleate in Irak che, secondo gli analisti americani, avrebbe fatto uscire da un pericoloso impasse l’operazione Iraqi Freedom. Nel 2011, poi, l’incarico al vertice della Central Intelligence Agency.

Tutto spazzato via a causa dell’invaghimento per un’altra donna.

E se non fosse tutto proprio così?

Man mano che le ore dalle dimissioni del generale passano, la cronaca rosa sembra lasciare spazio a qualcosa di diverso. Voci, indiscrezioni, particolari, piccole tessere che stanno componendo un mosaico diverso.

Innanzitutto, Paula Broadwell: quella che era stata dipinta come un’ex allieva di West Point infatuata del grande generale, diventa adesso un’osservata speciale del FBI – i servizi colleghi, ma anche concorrenti, della CIA – che ne aveva monitorato i movimenti sospetti, tra cui degli accessi non consentiti all’e-mail riservatissima di Petraeus. Questioni di sicurezza nazionale, secondo i “federali”, piuttosto che affari di cuore.

Di sicuro, però, c’è anche una dinamica tutta da chiarire di “controllo” da parte del FBI del capo della CIA. Faccenda che comunque denota una sorta di sfiducia del Federal Bureau of Investigation circa la capacità dei colleghi di Langley di garantire un sistema di sicurezza impermeabile.

Una fitta nebbia avvolge, inoltre, l’ultima missione di Petraeus, avvenuta in Libia per chiarire circostanze e responsabilità dell’assalto al Consolato USA di Bengasi dove ha perso la vita l’ambasciatore americano. Che sia stato proprio il generale a dover pagare il conto?

Infine, l’indiscrezione che riporta una possibile candidatura di Petraeus a vice di Mitt Romney nelle recenti elezioni presidenziali: uno schieramento di parte che la riconfermata Amministrazione Obama potrebbe aver mal digerito.

Falle nel sistema di sicurezza, ricattabilità, incompetenza, spoil-system: elementi che forse hanno pesato più dell’amore clandestino.

 

 

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