Istat, scomparsi un milione di italiani. Si rischia il caos dei collegi elettorali

ROMA – Ci risiamo. Con la diffusione da parte dell’Istat dei dati definitivi del Censimento del 2011 si riaccendono le polemiche.

Se nel 2005 fu un   dossier del sindacato Usi-Ricerca a denunciare che l’Istat si era perso per strada quasi 200 mila romani e 30 mila abitazioni, ora è l’autorevole Corriere della Sera a dare fuoco alle polveri.
In un   articolo di venerdì 4 gennaio il quotidiano milanese paventa addirittura un giallo sulla scomparsa di 800 mila immigrati registrati in anagrafe ma non censiti. All’Istat minimizzano affermando che in molti casi gli immigrati rientrano temporaneamente o definitivamente in patria senza cancellarsi dagli uffici delle anagrafi comunali. Non si sa mai.
Una spiegazione che potrebbe anche apparire plausibile se fossero scomparsi solo gli stranieri, ma così non è. In totale all’appello mancano   1 milione e 800 mila persone, il 3% degli iscritti all’anagrafe. Quindi, un milione di italiani sono svaniti nel nulla, perché è difficile ipotizzare per essi un fenomeno di emigrazione clandestina di massa.

Ora si tratterà di vedere com’è distribuito rispetto alle diverse caratteristiche il milione di desaparecidos. Fossero, ad esempio, tutti in età avanzata, ci sarebbe un enorme risparmio per le casse previdenziali, che stavano evidentemente erogando pensioni fantasma. Così come, se fossero tutti lavoratori a termine, si ridurrebbe di molto la piaga del precariato. Almeno sulla carta.
La buona notizia è che i residenti in Italia, senza essersene accorti, sono un po’ più ricchi. Difatti, visto che sono molti di meno di quanto si pensasse, il Pil pro capite è automaticamente aumentato per tutti. Sicuramente inferiore è anche il numero complessivo dei disoccupati. Da rivedere, insomma, tutte le statistiche che tenevano conto dell’ammontare totale della popolazione.
Ma a giudicare dai numeri, si potrebbe pensare che qualcosa non è andato per il giusto verso. Per l’Istat, infatti, nel 1991 la differenza tra la popolazione iscritta all’anagrafe all’inizio dell’anno e quella censita era di 1 milione e 335 mila, se si fa riferimento al dato provvisorio del Censimento, e di 968 mila rispetto a quello definitivo. Ancora meglio andò nel 2001, nonostante il caso di Roma, in quanto la differenza iniziale di 1 milione e 538 mila fu poi ridotta a 848 mila. Nel 2011, invece, il dato provvisorio ha fornito uno scarto di 1 milione e 162 mila, ma quello finale è salito addirittura a 1 milione e 193 mila.
Un netto peggioramento rispetto alle edizioni precedenti, forse imputabile al black out iniziale del sito per la compilazione on line dei questionari e che potrebbe aver indotto più di qualcuno a consegnare anche il modello cartaceo.

E dire che i   costi sono quasi raddoppiati rispetto a 10 anni prima. Anche il costo di 10 euro per cittadino preventivamente stimato non basta più e deve essere rivisto al rialzo.
E non si escludono, infine, anche gravi ripercussioni a carattere istituzionale. La suddivisione dei seggi per collegio elettorale, infatti, è effettuata sulla base della popolazione legale, che coincide con il dato censuario. Ma le liste elettorali attingono ai dati anagrafici, che però saranno aggiornati solo alla fine del 2013, d’intesa con il Viminale, come precisato dall’Istat. Non si può escludere, quindi, che buona parte del milione di italiani “sfuggiti” alla conta censuaria 2011, si rechi con la propria scheda elettorale a votare, alterando, così, la suddivisione dei seggi. 

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