TARANTO – Ieri il consiglio di amministrazione dell’Ilva ha deciso di dimettersi in blocco, una scelta che arriva dopo due giorni dal sequestro disposto dal gip di Taranto. Insomma trema il più grande stabilimento siderurgico italiano e tremano anche i 24mila lavoratori occupati nelle varie sede dell’Ilva, nonchè gli oltre 40 mila che rappresentano l’indotto.
Insomma una situazione davvero pericolosa.
“Vista la gravità della situazione – si legge in una nota diffusa dalla dirigenza – e incidendo il provvedimento di sequestro anche sulla partecipazione di controllo di Ilva detenuta detenuta da Riva Fire, i consiglieri Bruno Ferrante, Enrico Bondi e Giuseppe De Iure hanno presentato le dimissioni dalle rispettive cariche con effetto la data dell’assemblea dei soci”,(ovvero il giorno 5 giugno). Nella nota si fa poi un chiaro riferimento al recente sequestro degli 8 miliardi di beni della famiglia Riva: “L’ordinanza colpisce i beni di pertinenza di Riva Fire e in via residuale gli immobili di Ilva che non siano strettamente indispensabili all’esercizio dell’attività produttiva nello stabilimento di Taranto. Per tali motivi il provvedimento ha effetti oggettivamente negativi per Ilva, i cui beni sono tutti strettamente indispensabili all’attività industriale e per questo tutelati dalla legge n. 231 del 2012, dichiarata legittima dalla Corte costituzionale”.
Sulla questione oggi è intervenuto il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato: “Se si ferma un’azienda come questa possiamo dire addio a tutta la parte siderurgica e avremmo una situazione difficilissima per la meccanica”. Secondo il ministro “l’acciaio deve rimanere italiano e dovremo fare di tutto per farlo rimanere italiano: è una questione strategica dall’acciaio e dalla siderurgia dipende la meccanica, sarebbe un errore se tutto questo mondo dove siamo stati leader venisse perso”. Infime Zanonato precisa che non ci sarebbero le condizioni per il commissariamento. “Domani e poi nell’incontro con Letta martedì – ha aggiunto il ministro – discuteremo a fondo tutti gli aspetti della faccenda e prenderemo in mano la situazione perchè non vogliamo che chiuda questa attività”. Intanto la politica chiede al governo la massima priorità a questa vicenda che potrebbe assumere dei contorni drammatici per l’occupazione italiana.
Il governo tenta di evitare la chiusura
Insomma come già accaduto a luglio e dicembre, il dossier Ilva tornerà da domani all’attenzione del Governo con l’incontro tra il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, e l’amministratore delegato (dimissionario) dell’Ilva, Enrico Bondi. E un confronto tra lo stesso Zanonato e il premier Enrico Letta è previsto per martedì. Come nei mesi scorsi, anche stavolta l’esecutivo deve
cercare di evitare che la più grande acciaieria europea si avvi alla chiusura. Se l’Ilva infatti chiudesse, l’impatto sull’economia nazionale sarebbe pesante visto che Taranto alimenta gli stabilimenti Ilva di Novi Ligure e Racconigi, gran parte della filiera dell’acciaio italiana e tutte le aziende che utilizzano l’acciaio per le loro attività manifatturiere. I numeri danno l’ampiezza del fenomeno: 24mila posti diretti, 40mila con l’indotto, che ora sono a rischio. Il Governo – presidente Mario Monti – era già intervenuto tra fine luglio e agosto, cioè all’indomani del provvedimento
del gip Patrizia Todisco che metteva sotto sequestro, senza facoltà d’uso, gli impianti dell’area a caldo (cokerie, altiforni, acciaierie), e poi, di nuovo, ai primi di dicembre, quando ha proposto il decreto 171 poi convertito dal Parlamento nella legge 231, meglio nota come legge «Salva Ilva» perchè assicura la continuità produttiva del sito di Taranto. Legge che il 9 aprile è stata ritenuta costituzionale dalla Consulta.
Senza stipendi la situazione rischia di diventare esplosiva
Intanto Cgil, Cisl e Uil di Taranto, d’intesa con Fim, Fiom e Uilm provinciali, si stanno muovendo sui rispettivi vertici nazionali per arrivare a un confronto col Governo. «Per ora non c’è nessuna manifestazione e nessuna protesta all’orizzonte. Non abbiamo deciso nulla – dice Panarelli -. Vogliamo aspettare, vedere anzitutto che succede domani nell’incontro tra il ministro Zanonato e Bondi, e poi nell’assemblea del 5 giugno quando è previsto che si nomini il nuovo cda dell’Ilva. Pensiamo che questo lasso di tempo debba essere usato bene per costruire una soluzione. Non è possibile che dopo dieci mesi di tensione, si sia tornati al punto di partenza. C’è una legge, la 231 di dicembre, che dice che l’Ilva deve produrre e nel contempo fare i lavori di risanamento. È una legge che è costata fatica, sofferenza, la si applichi, adesso, punto per punto». «La cosa che più ci preoccupa è non sapere chi comanda oggi in Ilva – prosegue Panarelli -. Sì, il cda resta in carica sino al 5 giugno, ma è evidente che una situazione di vuoto si è aperta già con le dimissioni di ieri. Via Ferrante, via Bondi, non pensiamo che le responsabilità ora siano in capo al direttore dello stabilimento, Lupoli, o al direttore delle relazioni industriali, Martino. Non vogliamo fare allarmismi, ma è chiaro che tra i lavoratori corre già una domanda: ma il 10 giugno gli stipendi saranno pagati? Perchè è ovvio che se saltano le retribuzioni, qui si comincia di nuovo a »ballare« e di brutto anche, nel senso che la tensione non la controlleresti più».
«Una situazione così complicata – spiega Antonio Talò, segretario Uilm Taranto – richiede necessariamente il coinvolgimento dell’esecutivo a partire dal premier Letta. Forse non ci sono i margini per pensare ad un’Ilva di Stato come lo era l’Italsider di anni fa, ma un commissariamento che tenga insieme ambientalizzazione, continuità produttiva e tutela del lavoro è probabilmente possibile. D’altra parte anche la legge 231 prevede che l’azienda sia sottratta all’attuale proprietà a fronte di inadempienze accertate». Per la Fiom Cgil di Taranto, «lo Stato, più che mai ora, deve svolgere la sua funzione di garanzia adottando quei provvedimenti necessari per l’utilizzo delle risorse sequestrate finalizzandole al risanamento ambientale e garantire così la salute e l’occupazione, evitando che ai ritardi già accumulati sinora se ne aggiungano altri». Ad avviso della Fiom, «il contratto di solidarietà sottoscritto il 14 marzo al ministero del Lavoro fra azienda e sindacati è la risposta a qualsiasi nuovo ricatto occupazionale. Esso – prosegue la Fiom – va rispettato in tutto e per tutto. I nuovi sequestri non intaccano la capacità produttiva dello stabilimento nè la possibilità di commercializzare i prodotti, per cui rigettiamo le dichiarazioni che vedono »a rischio 40.000 posti di lavoro tra diretti e indotto«. Infine, domattina gli avvocati dell’Ilva presenteranno al Tribunale del Riesame a Taranto ricorso contro l’atto del gip che dispone, ai fini della confisca, il sequestro preventivo dei beni di Riva Fire per 8 miliardi e 100 milioni di euro, l’equivalente della somma che i periti della Procura ritengono sia il costo da sostenere per effettuare tutte le opere di bonifica dall’inquinamento che l’Ilva non ha effettuato in questi anni. La decisione di ricorrere al Riesame è stata formalizzata dal cda dell’Ilva ieri a Milano.
Bonelli: “L’Ilva non vuole investire sull’inquinamento”
Per Angelo Bonelli, presidente dei Verdi le dimissioni rappresentano il segnale che l’azienda non voglia investire contro l’inquinamento.
“Le dimissioni del Consiglio d’amministrazione dell’Ilva – precisa Bonelli – dimostrano che non c’è mai stata la reale volontà di investire le risorse adeguate per affrontare uno dei maggiori disastri ambientali del Paese e d’Europa”.
E poi: “E’ indecente e incomprensibile che qualcuno, in Italia, possa volere l’impunità per chi ha inquinato provocando, come si legge nell’indagine epidemiologica della procura di Taranto, malattia e morte. Per anni la politica e i sindacati sono stati in silenzio mentre il disastro ambientale di Taranto si consumava. Nel 2005 Regione, Provincia e Comune di Taranto addirittura ritirarono al costituzione di parte civile in un altro processo per reati ambientali contro Ilva”.
“La decisione di oggi del Consiglio di amministrazione dell’Ilva è il segnale chiaro che l’azienda non avrebbe mai voluto investire le risorse adeguate nemmeno per la cosiddetta ‘ambientalizzazione’ come dimostrano tutte le prescrizioni non rispettate dell’Aia: queste dimissioni sono semplicemente una reazione al sequestro dei beni dei Riva – continua il leader ecologista -. Sbaglia chi oggi chiede allo Stato di assumersi l’onere del risanamento: ossia l’Ilva inquina e lo Stato (i cittadini) paga. Le risorse sequestrate ai Riva sono la garanzia per le bonifiche ed il risanamento: quelle risorse devono essere utilizzate per risarcire e ricostruire dal punto di vista ambientale una città che è stata sfruttata, depredata e abbandonata”.
“A Taranto bisogna avviare una conversione industriale radicale – conclude Bonelli -. Se il governo dichiarasse Taranto un’area No Tax si attiverebbe un volano economico notevole pari a nuove 300 medie imprese, come deiriva da un’analisi già fatta nel 2008. Attraverso l’utilizzo del Fondo sociale europeo, l’avvio delle bonifiche Bonifiche, l’Area no Tax possono non solo sarebbe possibile rilanciare l’economia ma si potrebbe arrivare a più di 20 mila nuovi posti di lavoro”.
Le prescrizioni non rispettate dell’Aia
PRESCRIZIONI NON ATTIVATE ENTRO LA SCADENZA PREVISTA DALL’AIA SU STABILIMENTO ILVA
SCADENZA numero cosa prevede
27.01.2013 5 copertura scarico porto
27.01.2013 6 copertura nastri trasportatori
27.01.2013 11 rete idranti per bagnare i cumuli di minerale
27.10.2012 12 acqua nebulizzata per abbattere polveri
27.10.2012 16/a rifacimento refrattari cokeria batteria 3-4-5-6
27.10.2012 16/b installazione sistema proven cokeria 3-4-5-6
27/10/2012 16/c realizzazione doccia in cokeria 1-3
27/10.2012 16/d rifacimento refrattari cokeria batterie 9-10
27.10.2012 16/e realizzazione doccia 5 in cokeria
27.10.2012 16/f realizzazione sistema proven cokeria 9-10
27.10.2012 16/g raffredamento rotanti ( agglomerazione )
27.10.2012 16/h copertura area scarico paiole
27/10/2012 16/i chiusura nastri e confinamento area gestione polveri
27.10.2012 22 uso di sottoprodotti nella combustione solo se approvati e autorizzati
27.10.2012 23 uso di rottami e rifiuti nella combustione solo se approvati e autorizzati
27.10.2012 36 minimizzazione emissione gassose fuggitive da impianti di trattamento del gas ( area GRF)
27.10.2012 60 captazione e captazione emissioni diffuse impianto sinterizzazione
27.10.2012 70 /a impianto desolforazione ghisa
27.10.2012 70/b nebulizzazione area svuotamento scoria liquida dalle paiole
31.12.2012 78 misurazione di flusso in continuo delle torce per limitazioni emssioni
27.04.2013 85 installazione 6 centraline perimetrali monitoraggio ottico spettrale e monitoraggio IPA
27.10.2012 88 attuazione integrale del piano di monitoraggio e controllo
27.10.2012 89/a monitoraggio delle emissioni fuggitive
27.10.2012 89/b monitoraggio in continuo dei 32 camini dei seguenti impianti: agglomerato,altiforni, cokeria e acciaieria.
27/04/2013 91 monitoraggio in continuo del benzene e dei cov
27.10.2012 92 trasmissione dei dati di monitoraggio on line ad ARPA Puglia
27.04.2013 93 biomonitoraggio e rete controlli su terreni , animali, pesci, sangue, latte materno, tessuti adiposi su richiesta sindaci
27.10.2012 94 pulizia strade pubbliche quartieri Tamburi e Statte, su richiesta sindaci
PRESCRIZIONI NON RISPETTATE PER EVITARE LA DISPERSIONE DELLE POLVERI
REALIZZAZIONE DI AMBIENTI CONFINATI
27.10.2012 40 preparatore miscela
27.10.2012 51 cokefazione
27.10.2012 58 agglomerazione
27.10.2012 67 impianto di macinazione
27.10.2012 65 altoforno