Lampedusa. I migranti che nessuno vuole

ROMA – C’è chi ringrazia il governo per aver liberato l’isola di Lampedusa della presenza scomoda dei migranti con l’intento di ricostruire la propria immagine turistica e chi,  come un giovane ivoriano, sopravvissuto miracolosamente al naufragio nel Canale di Sicilia, lancia tra le lacrime un “grazie” all’Italia, al paese che lo ha salvato da  morte sicura e che adesso non vorrebbe più lasciare.

Tuttavia dramma nel dramma il problema dell’esodo rimane, ovvero come risolvere la tragica situazione a tutti questi disperati, che dall’inizio dell’anno hanno raggiunto quota 25.867. Ma di questi migranti,  ironia della sorte,  molti non li vogliono nemmeno nominare, come alcuni esponenti leghisti, e altri, anche se parliamo di una piccola parte della società civile,  auspicano per una soluzione a breve termine, che però tenga conto – quando sussistono le condizioni – della dichiarazione universale dei diritti umani e  della Convenzione di Ginevra del 1951,che esprime concettualmente la condizione di rifugiato e per questo vale la pena ricordare: “Chiunque sia fuggito dal proprio paese e non può o non vuole ritornarvi, temendo a giusto titolo di poter essere perseguitato a causa della sua razza, della sua religione, della sua nazionalità, delle sue opinioni politiche o della sua appartenenza ad un particolare gruppo sociale”. Diritti che troppo spesso anche i governi “democratici” fanno precipitare nell’oblio.

Indubbio che l’impresa è assai ardua, visto  che attorno a questo fenomeno orbitano anche le politiche in tema di immigrazione, le quali attraverso le scelte personali dei futuri candidati influenzeranno l’elettorato alle prossime elezioni amministrative che si svolgeranno tra qualche settimana. Non è cosa da poco, tant’è che sono pochissimi i disperati  sbarcati a Lampedusa negli ultimi giorni e arrivati nel nord Italia. Per molti amministratori del Carroccio, infatti,  fare un gesto di solidarietà potrebbe mettere in discussione la credibilità del leghista doc, quello del “fora dai ball” per intenderci.
Ma l’emergenza per porre rimedio all’esodo non finisce qui.
Oggi il ministro dell’Interno Roberto Maroni  ha lanciato addirittura il permesso di soggiorno temporaneo per i migranti che hanno espresso l’intenzione di raggiungere un altro paese della UE. D’altra parte, per fortuna della Lega,  la maggior parte delle persone giunte dal mare sulle coste italiane desiderano andarsene dalla penisola, ma non sarà una cosa semplice.

A partire dall’accordo palliativo sul rimpatrio  che il governo italiano ha siglato con quello tunisino e che sinceramente lascia il tempo che trova. Se non si creano, infatti, delle condizioni stabili nel paese d’origine le persone continueranno a fuggire comunque dai loro problemi esistenziali. Inutile nasconderci dietro a false promesse o strategie definitive, perchè le cose  potrebbero anche peggiorare. Non serviranno neppure gli incentivi economici, almeno in questo particolare frangente che sta attraversando la Tunisia senza un governo autorevole che abbia la capacità di gestire  efficacemente  problematiche di questa entità. E poi c’è una delle mete più ambite dai migranti: la Francia, il cui governo ha già varato una circolare ministeriale in cui viene bloccato  l’arrivo dei clandestini proprio dall’Italia. Un modo come un altro per lavarsene le mani, o meglio per ricordare al governo italiano che si deve arrangiare. Del tipo: “Sono venuti da te e allora sono affari tuoi”.

Un particolare che fa innervosire il ministro Maroni, il quale giustamente precisa che “non può continuare un sistema che vede i Paesi rivieraschi lasciati soli a gestire con i singoli Stati della sponda Sud del Mediterraneo un tema così importante come l’immigrazione”. E poi aggiunge: “la scelta di lasciare la competenza ai singoli Paesi membri,  contraddice il principio di libera circolazione all’interno dell’area Schengen. Ora è opportuno che la Ue colga questa occasione per trasformare un sistema di 27 singole politiche nazionali sull’immigrazione in un unico sistema europeo, non solo di asilo ma anche per la gestione del rapporto con i Paesi extra-europei e in particolare con i Paesi del Nord Africa, per prevenire i fenomeni migratori”.

Il discorso non fa una piega, ma la soluzione non è a portata di mano. D’altra parte la rivolta nel Maghreb  è solo una concausa scatenante, intesa come fenomeno migratorio,  legato agli equilibri geopolitici di una vasta area in cui è in atto un mutamento  epocale. E di questo bisogna esserne consapevoli. Inutile far finta di niente o pensare che improvvisamente i flussi migratori, parliamo di quasi 300 milioni di persone in tutto il pianeta, si possano fermare con lo schiocco delle dita. Anzi la crisi economica che ha attraversato tutte le latitudini del globo ed ha contribuito a peggiorare  quel malessere sociale ed economico – senza dimenticare i regimi governati da sanguinarie dittature –  non potrà che amplificare questa situazione incontrollabile. Per questo la comunità internazionale, ora più che mai, dovrebbe assumersi seriamente degli impegni e dimostrare una responsabilità verso un problema che lo riguarda da vicino, tenendo ben presente che la  globalizzazione selvaggia ha determinato  un drammatico innalzamento della disuguaglianza tra paesi ricchi e paesi poveri, tra nord e sud, tra chi ha troppo e chi non ha più nulla, se non la speranza di fuggire il più lontano possibile.

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