Tremonti sotto attacco del Pdl. Ma non era il miglior ministro del mondo?

ROMA – Da mesi oramai “Il Giornale” e “Libero” dedicano molti dei titoli di apertura a violenti critiche del superministro dell’economia Giulio Tremonti. In confronto, quelle a Michele Santoro e a Pierluigi Bersani rischiano di diventare amichevoli reprimende. Oggi, a Via Bellerio, sede della Lega Nord, la riunione dei maggiorenti bossiani, per discutere principalmente della bozza di riforma fiscale allo studio di via XX settembre, si è chiusa con il solito nulla di fatto. Rispetto soltanto a dieci mesi fa, il ruolo di Tremonti nella compagine governativa, ha subito una torsione a 360 gradi. Allora, il superministro era sbandierato come il fiore all’occhiello del Pdl e della Lega. L’uomo che aveva salvato l’Italia dalla bancarotta. “Se non ci fosse Tremonti avremmo fatto la fine della Grecia” dicevano Berlusconi, all’unisono con i suoi gerarchi. Reazioni stizzite si susseguivano verso tutti coloro che, nel centro-sinistra, mettevano in forse tale considerazione delle virtù del titolare dell’economia, criticando in particolare la sua dottrina dei tagli lineari.

ORA TREMONTI È IL PEGGIORE. A rileggere oggi quelle dichiarazioni si ha un quadro preciso della schizofrenia della destra italiana e della sua totale incapacità di perseguire obiettivi razionali ed efficienti, oltre che dell’impasse, oramai drammatico, in cui si dibatte il governo di Silvio Berlusconi. Giulio Tremonti è oramai considerato come il “sabotatore” della stessa maggioranza che lo sostiene; non solo, ma si recepiscono le peggiori critiche che, da anni, sono state formulate al superministro. Guido Crosetto, sottosegretario alla difesa, è stato forse uno dei tanti singolari personaggi della destra a farsi carico di questa nuova visione della realtà. «Per predisporre tagli lineari alla spesa pubblica è sufficiente un ragioniere, non serve un ministro dell’economia» ha dichiarato ieri. Sì, avete compreso bene. Tremonti è accusato di avere fino ad ora predisposto una politica di bilancio facilissima, tutta tagli (8,5 miliardi soltanto al comparto dell’istruzione pubblica), senza guardare a settori fondamentali per la crescita, senza i quali il contenimento delle uscite statali rischia di tradursi in una disfatta dell’economia.

CERVELLI INCONSISTENTI. Si tratta della dimostrazione più lampante non solo dell’inadeguatezza della destra berlusconiana a governare un Paese complesso come l’Italia (che è ancora la sesta economia del mondo, ma non si sa ancora per quanto) ma della sua pressoché totale mancanza di cervello. Che i tagli lineari di Tremonti fossero la cosa più semplice che un essere umano, chiamato ad un posto di così autorevole predominio, potesse escogitare lo avevano capito anche le matricole delle facoltà di economia. Come se, in una famiglia che spende troppo e si è indebitata, si decidesse di tagliare tutte le spese, anche quelle per i farmaci essenziali o per l’istruzione dei figli o per l’affitto di casa. Così come risultava la decisione più facile del mondo rimediare un po’ di soldi perdonando gli esportatori di capitali (puliti o sporchi), regalandogli l’impunità a condizione che versino un piccolo obolo alle casse dello Stato.

UN GOVERNO DA MANDARE A CASA. Mentre gli altri cervelli, quelli padani, sono ancora indecisi su come procedere, in attesa che il loro capo supremo abbia finito la scorta di sigari toscani, il Pdl in queste ore sta decidendo che cosa fare del suo superministro, così tanto amato prima di comprendere, dopo dieci anni, la sua inconsistenza funzionale. Forse qualcuno, fra i geniali strateghi di Arcore, sta pensando anche al possibile sostituto, ritenendo che peggio del “tributarista di Sondrio” non ci possa essere. A leggere i nomi che si fanno la pelle si accappona. Renato Brunetta sarebbe in grado senz’altro di mandare all’aria il Paese e i suoi conti pubblici, così come Antonio Martino e le sue inveterate convinzioni che togliendo le tasse vivremmo tutti in un Eden festoso ed eterno. La soluzione, al contrario di quanto asserivano i nostri padri latini, non sta nel mezzo ma nelle estremità: mandare a casa Tremonti, con tutta la banda degli inetti, prima che l’Italia affondi nel marasma greco.

Fulvio Lo Cicero

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