Piazza Fontana 43 anni dopo. Sofri attacca il libro di Paolo Cucchiarelli

 

Impazza la polemica dopo l’uscita di “Romanzo di una strage”, il film che Marco Tullio Giordana ha girato sulla bomba del 12 dicembre 1969. Al centro delle contumelie le tesi del libro di Paolo Cucchiarelli, simili, secondo Sofri, a quelle di un ubriaco

Ma chi l’avrebbe mai detto che quarantatre anni dopo il primo atto della strategia della tensione, sarebbe montata una polemica così violenta sugli autori di quella strage, mai individuati dalla magistratura e dai numerosi processi che si sono compiuti? Eppure è quello che sta succedendo, dopo l’uscita del film di Marco Tullio Giordana “Il romanzo di una strage” e il pamphlet pubblicato su web di Adriano Sofri «43 anni, un libro, un  film», molto critico.

 

IL LIBRO DI PAOLO CUCCHIARELLI. Ma partiamo dall’inizio e cioè da un libro-inchiesta del giornalista dell’Ansa Paolo Chucchiarelli, pubblicato per la prima volta nel 2009 e intitolato “Il segreto di piazza Fontana” (Ponte alle Grazie, pp. 700, Euro 19,80). È una voluminosa inchiesta giornalistica che ritiene di aver fatto finalmente luce su uno dei misteri più fitti della storia criminale italiana; in pratica, là dove decine di magistrati e centinaia di investigatori non sono stati in grado di dipanare la fitta nebbia di quella drammatica strage, è intervenuto Cucchiarelli fornendo una versione che si vorrebbe conclusiva e clamorosa. Già, perché la cosa che più stupisce nella sua versione è che Pietro Valpreda e gli anarchici non furono affatto estranei alla strage, tutt’altro. Essi vi parteciparono, Valpreda portando materialmente una borsa di pelle nera dentro la banca con un ordigno che – gli fu fatto credere – sarebbe scoppiato solamente quando nell’ampio salone della Banca nazionale dell’agricoltura oramai non ci sarebbe stato più alcun cliente. Per convincerlo, i veri mandanti, cioè i fascisti di Ordine nuovo in combutta con i servizi segreti deviati, manomisero il timer facendolo apparire tarato sulle due ore successive (l’ordigno sarebbe scoppiato dunque alle diciotto) e convincendo in questo modo il ballerino anarchico, la cui volontà era quella di non uccidere alcuno. Nello stesso tempo, secondo Cucchiarelli, i veri mandanti avrebbero collocato un’altra bomba, portata sempre in taxi da un sosia di Valpreda, in modo tale da ingarbugliare le testimonianze successive dei tassisti e farle convergere comunque su un’unica figura. Il responsabile della strage, cioè colui che mise concretamente la seconda valigetta con l’esplosivo innescato nella banca fu, secondo Cucchiarelli, Claudio Orsi, il sosia di Valpreda. Questi era nipote di Italo Balbo e militava in un gruppo nazi-maoista (gli anni ’70 diedero vita anche a questo genere di ircocervi) denominato “Lotta di popolo”. Fu collaboratore di Franco Freda, l’editore nazista processato e assolto per la strage, che risultò comunque essere l’acquirente dei timer utilizzati dagli attentatori. La foto di Orsi pubblicata da Cucchiarelli effettivamente mostra una incredibile somiglianza con Valpreda.

 

 

IL FILM DI MARCO TULLIO GIORDANA. Il libro di Cucchiarelli viene ristampato in un’edizione riveduta nel gennaio del 2012 ed appare nelle librerie con una fascetta che lo indica come l’ispiratore del film di Marco Tullio Giordana “Romanzo di una strage”. «Ma neanche un po’» ha ribattuto polemicamente il regista in una recente intervista, negando quindi che la sceneggiatura, scritta da lui insieme a Rulli e Petraglia, si sia ispirata a Cucchiarelli. Al contrario, il film, dichiara Giordana, rigetta le tesi del libro in almeno tre punti: 1) non furono gli anarchici a mettere le bombe, come prospetta il giornalista; essi non parteciparono affatto né al progetto, né all’esecuzione materiale; 2) Giuseppe Pinelli era contrario a qualsiasi forma di violenza e non è possibile individuare in lui un anarchico comunque implicato negli attentanti, anche quelli precedenti al 12 dicembre; 3) Luigi Calabresi non era presente nella sua stanza quando fu condotto l’interrogatorio di Pinelli e quindi non poté essere minimamente responsabile del suo “suicidio”.

 

LE CRITICHE DI ADRIANO SOFRI. Sulla vicenda è intervenuto Adriano Sofri con un testo di 143 pagine, che smonta punto per punto, con l’ausilio di documentazione ufficiale, la ricostruzione di Cucchiarelli. Sofri è molto critico, in alcuni casi perfino sprezzante. Secondo l’ex leader di “Lotta continua”, che ha scontato per intero la condanna per essere il mandante dell’omicidio di Calabresi, la tesi della “doppia bomba” del giornalista dell’Ansa sta alla verità storica come potrebbe esserlo la versione di una persona che ha alzato troppo il gomito. Scrive Sofri: «Si poteva fare di meglio. Si poteva trovare una verità ancora più vera. Triplicare: tre di tutto. Tre attentatori, uno anarchico, uno fascista, uno dei servizi, tre taxi, tre borse, tre bombe. Bum, bum, bum!». Fra le altre cose, l’accusa di Sofri a Cucchiarelli è molto netta: non avrebbe letto o non avrebbe tenuto conto di atti ufficiali, dai quali, ad esempio, avrebbe tratto il fatto che su uno dei famosi taxi presi per andare a piazza Fontana poco prima della strage viaggiava una avvenente fotomodella norvegese, di nome Gunhild Svenning, che aveva chiamato l’auto dallo studio fotografico sito in via Cappuccio 21 per recarsi nell’agenzia della Banca dell’agricoltura a cambiare l’assegno di 35 mila lire con cui era stata retribuita per un servizio. In particolare, dalla pagina 28 in poi del suo testo (che i nostri lettori possono leggere nel link che riportiamo alla fine dell’articolo), Sofri segnala gli errori più marchiani compiuti da Cucchiarelli, fra i quali uno dei più importanti resta quello di citare fonti del neo-fascismo, da lui escusse personalmente, che gli avrebbero riferito la verità storica su piazza Fontana. Le fonti anonime, riferisce Sofri, già impossibili da utilizzare in sede processuale, lo sono ancora di più ai fini di una ricostruzione giornalistico-storica, proprio perché nessuno può essere certo della loro esistenza. Sulle ipotesi del libro di Cucchiarelli si dichiara molto critico anche Gerardo D’Ambrosio, titolare delle indagini condotte sul “suicidio” di Pinelli. «Il libro di Cucchiarelli – afferma D’Ambrosio –  è pieno di balle enormi, ripropone e cuce insieme elementi e ipotesi che noi avevamo già escluso dopo le nostre indagini».

Piazza Fontana e quella data rimasta scolpita nella nostra storia, insomma, continuano a proiettare la loro ombra funesta a distanza di quasi mezzo secolo. Un “mistero” con alcune certezze: il ruolo dei fascisti e dei servizi segreti, sui quali nessuno ha il coraggio di controbattere.

 

LEGGI IL PAMPHLET DI ADRIANO SOFRI

LA VERITA’ SU PIAZZA FONTANA

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