Con la Fiom Cgil la classe operaia torna a Piazza San Giovanni

ROMA – Il corteo avanza verso Piazza San Giovanni. Bandiere rosse, giubbetti rossi, operai e operaie fianco a fianco.

Una fila serrata, immagini già viste. Immagini che sembrano tratte dal ”Quarto Stato”, il celebre quadro di Pellizza da Volpedo che celebra uno sciopero dei lavoratori. Un quadro antico, un simbolo delle lotte del mondo del lavoro. Ma in questo corteo non c’è niente di antico, i metalmeccanici portano  nelle strade  della capitale obiettivi che vengono da lontano ma conservano ancor oggi grande attualità. Nella società globalizzata, che vive una crisi  economica e sociale di drammatiche dimensioni,  di sistema, quel capitalismo che ha fatto fallimento, il neoliberismo che ha prodotto solo disoccupazione, bassi salari, nuovo sfruttamento, prendere in mano la bandiera della democrazia, a partire dai luoghi di lavoro, leggi Fiat, delle libertà sindacali, ritrovare un nesso stretto fra democrazia e sviluppo è quanto di più moderno ci possa essere.  Le decine di migliaia di metalmeccanici che hanno aderito alla sciopero generale proclamato dalla Fiom, che sono venuti a Roma ricostruiscono anche con gli interventi dal palco, quasi tre ore, una immagine di classe operaia, classe appunto e non solo persone, individui. Classe  perché si fa carico  dei problemi del lavoro, centrali nella vita di un paese moderno,  perché  indica e si batte  per far uscire l’Italia dalla crisi e indica una alternativa alle attuali politiche  del governo.  Parla all’esecutivo, alle forze politiche, a chi è presente e a chi ha preferito rimanere a casa. Il Pd è il grande assente, qualche fischio, qualche contestazione,  “amarezza “ dicono i lavoratori con tessera Pd, in piazza ce ne sono fortunatamente,per l’assenza del maggior partito del centrosinistra. Colpiscono le parole di Sandro Piano, presidente della Comunità montana, il “reo”, il “responsabile” della assenza dei dirigenti del Pd, salvo i parlamentari Vincenzo Vita, Furio Colombo, Paolo Nerozzi, il segretario della Federazione romana dei Democratici  Marco Miccoli ,Pippo Civati, consigliere regionale della Lombardia.

Il Pd  ufficialmente assente perde una straordinaria occasione

“Fra tante bandiere non vedo quelle del mio partito, il Pd, mi dispiace- afferma- perché  la democrazia significa anche dissenso, libertà di battersi contro scelte che riteniamo sbagliate”. Poi illustra le ragioni dei No –Tav. Commenta Civati: “Dopo il ragionevole  e articolato intervento No-tav è ancora più difficile giustificare l’assenza del Pd alla manifestazione”. E Landini dirà, concludendo, la manifestazione che “Democrazia al lavoro” lo slogan di questa giornata di lotta significa rapportarsi con forze sociali, movimenti, associazioni, che vogliono dire la loro, ricorda i referendum sull’acqua, contro il nucleare. Riafferma che la non violenza fa parte della storia della Fiom, ne è fondamento. L’assenza del Pd? Ognuno è responsabile delle proprie scelte, non va più in là, non affonda il coltello nella piaga. Ma Bersani e la sua segreteria avranno molto da riflettere. Non basta partecipare a qualche dibattito, magari in diretta, nella sede  di qualche tv. La manifestazione, nei tanti interventi dal palco racconta storie del lavoro, della scuola, del mondo della cultura. Operai e operaie si alternano al microfono intervengono studenti, esponenti di associazioni, il movimento per l’acqua bene pubblico,di personalità della cultura.

Chiari segnali al governo e alle forze politiche: così non va
Si avverte un clima nuovo, di speranza, una combattività che trova alimento anche nella caduta del governo Berlusconi. E’ come si tirasse un sospiro di sollievo perché Berlusconi e stato costretto ad andarsene ma al governo Monti si chiede un cambio di passo. Di rigore non si vive, redistribuzione del reddito, occupazione e piani di investimenti pubblici e privati, una strategia  di politica industriale, ne parlano il segretario generale della Fiom Maurizio Landini, il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere.

La manifestazione  manda chiari segnali al governo, alle forze politiche. Come la Cgil, la Fiom, riferendosi al tavolo di trattativa fra governo e parti sociali, vuole raggiungere un accordo sulla riforma del lavoro, sugli ammortizzatori sociali, misure per riassorbire la precarietà, occupazione per i giovani, le donne. Ma, è stato ormai ripetuto in tutte le salse, dal tavolo di trattativa deve scomparire l’articolo 18. Non solo è una conquista valida per  ieri. Vale anche oggi, anzi, vale di più nel momento in cui troppi sono i segnali di tentativi di deregulation nei rapporti sindacali, tanto sono gli attacchi ai diritti dei lavoratori, alla contrattazione. Marchionne e Fiat insegnano.  E la Fiom vuole rientrare in Fiat dalla porta e non da qualche finestra. Allora una manifestazione contro il governo?  Certo non se ne sono intessute le lodi. Le pensioni per esempio sono un prezzo altissimo pagato dai lavoratori. La vicenda non finisce qui.  Segni di equità non se ne vedono, misure per la crescita sono al di là dal venire. Al governo si chiede di fare, di ascoltare i sindacati, di trattare.

Iniziative e mobilitazione fino allo sciopero generale

Per esempio intanto si dovrebbe eliminare quell’articolo 8 voluto da Berlusconi che  autorizza deroghe non solo ai contratti, ma anche alle leggi. Si potrebbe predisporre una legge sulla rappresentanza dei sindacati e votare da subito per  eleggere le Rsu, si potrebbe intervenire per far tornare la Fiom nelle fabbriche della Fiat. C’è un “contenzioso” con il governo. Il sindacato pone problemi, rivendicazioni, difende diritti, usa tutti gli strumenti di lotta, fino allo sciopero generale.  Su questa linea la Fiom sollecita la Cgil, “offre” una grande piazza combattiva, unitaria. Qualche fischio, isolato, vola verso il segretario confederale, qualche appunto, ma la manifestazione parla di una sintonia fra la Confederazione  Cgil di Camusso e il sindacato Cgil di Landini.  I fischi al governo: poca cosa, rispetto a contestazioni del passato, anche recente.  Ma  i primi resoconti che leggiamo sui quotidiani on line e in particolare su televideo della Rai fanno di questi episodi l’epicentro di una straordinaria manifestazione che ha restituito ai romani e agli italiani una piazza che era stata deturpata da episodi violenza, quelli del 15 ottobre che avevano dato il destro al sindaco  Alemanno di impedire cortei nella capitale. Una piazza “piena di sole, riconquistata alla democrazia,  le lotte sono dure,  gli scioperi costano- dice una giovane operaia intervenendo dal palco – ma la democrazia è anche allegria, festa, voglia di stare insieme”. Ma ottusi giornalisti, purtroppo non lo capiscono. E, peggio per loro, non saranno mai allegri.

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