“Vacanze romane” ha 70 anni. Quando Audrey Hepburn incantò Gregory Peck

Metti una sera d’estate, a cena, quando la canicola ha perso vigore. Un vecchio film in tv sembra la logica conclusione di una giornata molto fiacca. 

Il film che è anche un compleanno: Vacanze romane ha appena compiuto settant’anni, un bianco e nero luminoso, una favola deliziosa, personaggi commoventi, tre interpreti d’eccezione Audrey Hepburn, Gregory Peck e, a far da eccezionale Cupido, la Roma degli anni Settanta. Lo ha diretto nel 1953 l’americano William Wyler, che sei anni dopo sempre a Roma avrebbe girato Ben Hur. 

Ma questo non è un “peplum” di quelli che avrebbero fatto la fortuna di Cinecittà, la Hollywood sul Tevere, ma una autentica favola. E’ la storia d’amore senza futuro del giornalista americano che s’innamora, ricambiato, della principessa mitteleuropea volata a Roma in incognito per una conferenza internazionale. 

In attesa dell’evento la principessa, giovane e sventata, si perde nella Roma di cui ha solo sentito parlare, lui la ritrova sbronza come una cucuzza sullo sfondo del Pantheon, e   non può far altro che portarla in taxi a casa sua, in una deliziosa mansarda sui tetti di via Margutta.  Ma la ragion di Stato occhieggia da lontano. Sarebbero una coppia perfetta, ma qui non siamo ad Hollywood. 

Vediamo i due piccioncini: californiano del 1916, Gregory Peck ha qui poco meno di quarant’anni, ed è più che seducente con quel sorriso sornione che ha incantato le platee ad ogni latitudine. E’ morto vent’anni fa. Audrey Hepburn, nata in Belgio nel 1929, ha interpretato Vacanze romane a soli 22 anni.  E’morta trent’anni fa, parlava bene italiano. 

A far da sfondo all’amore impossibile della coppia c’è la Roma degli anni Settanta vista nei suoi angoli di centro storico più belli: via Veneto, un lungotevere, piazza Venezia, largo Argentina, piazza del Gesù, il Quirinale, il Colosseo, il Campidoglio, il Portico d’Ottavia, il Tevere, Castel sant’Angelo.Un’agenzia turistica intelligente potrebbe ancora oggi mettere in un suo filmato promozionale proprio quelle immagini e i suoi potenziali clienti accorrerebbero da ogni angolo di mondo. 

Ed è la stessa Roma di oggi, almeno il suo traffico appare inalterato, ma i suoi taxi sono verdi e non bianchi, gli autobus sono già elettrici ma perché sono filobus, hanno il trolley sul tetto e non le batterie, i vigili urbani hanno la divisa nera, i modelli delle automobili sono tutti di produzione nazionale, perché allora gli italiani compravano solo Fiat, Lancia e Alfa Romeo: fa una certa impressione veder scorrere  tanti Millecento, Topolino,  Giuliette e Ardea sulle stesse strade dove oggi a farla da padrone sono le più assortite marche straniere.

Era una Roma che giustamente incantò Audrey Hepburn al punto che decise di restare anche dopo il film e di sposarsi un italiano, Andrea Dotti, ricercatissimo medico scapolo e a prenderselo (come ha fatto?) è stata proprio lei, che mentre furoreggiavano i film di James Bond, i fotografi non ancora paparazzi avevano ribattezzato “Zero Zero Tette”, lei che comunque anche in pieno boom   delle maggiorate con la sua silhouette non sfigurava affatto, anzi era fra le attrici più ambite.

Il finale dolceamaro della storia d’amore ribalta la famosa battuta di Humphrey Bogart in L’ultima minaccia uscito l’anno prima “E’ la stampa, bellezza, e tu non puoi farci niente”. Qui invece la stampa, nella persona del reporter innamorato, cede alle ragioni del cuore, e il servizio fotografico sulla notte brava romana della principessa non andrà in stampa.  Stavolta Roma non ha fatto la stupida, stasera.  

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