ROMA – Il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha proposto un’altra versione della riforma del Senato e ha posto una questione di grande peso. Il problema non è racchiuso in un altro modello di Senato, cosa in sé già importante, quanto nell’equilibrio complessivo del sistema istituzionale che deriverebbe dal combinato delle modifiche costituzionali e della legge elettorale, se prevalesse l’impostazione di Renzi. Si tratta quindi della natura democratica dell’assetto istituzionale.
Infatti l’assetto istituzionale previsto dalla Costituzione, fondato su due Camere con le stesse funzioni, ha una sua razionalità, naturalmente discutibile e probabilmente invecchiata. Tuttavia sottrarre all’edificio costituzionale del nostro paese una architrave come quella del ruolo del Senato rischia di sfociare nell’instabilità dell’intero edificio, se non si provvede a colmare in modo adeguato il vuoto creato.
Perché il premier concentra l’attacco sul Senato
Come la pensa Renzi è scritto a chiare lettere nel suo libro. Il modello elettorale ed istituzionale a cui pensa è il Sindaco d’Italia. Modello discutibile, non solo perché in realtà l’elezione diretta del Sindaco mostra non pochi difetti e meriterebbe correzioni, ma soprattutto perché se adottato a livello nazionale è il modello più vicino al presidenzialismo, senza grande attenzione alla conseguenza che a livello dello Stato questo modello esplicherebbe un ruolo ben diverso da quello per eleggere i sindaci.
Poiché ancora oggi il modello presidenzialista incontrerebbe notevoli resistenze nel nostro paese e per di più equivarrebbe a dare lo sfratto anticipato a Napolitano, la furbizia politica ha consigliato di concentrare l’attacco sul Senato, con il corollario di poteri più estesi per il Presidente del Consiglio.
Il modello istituzionale che traspare dalle proposte del Governo non riguarda solo l’abolizione del Senato come lo conosciamo, ma prevede una sola Camera che dà la fiducia al Governo, con corsie preferenziali e tempi prefissati per l’approvazione dei provvedimenti del governo. Quindi la Camera dei deputati, unico vero ramo superstite del parlamento, perderebbe di fatto la possibilità di andare al di là dell’approvazione dei provvedimenti del governo. Viene aggiunto poi al diritto di proporre i Ministri da parte del Presidente del Consiglio quello della loro revoca, con la contraddizione che essendo proposti dal Presidente della Repubblica questi potrebbe decidere legittimamente sulla base della Costituzione vigente di non nominarli o di non revocarli; con questo meccanismo Padoan probabilmente oggi non sarebbe all’Economia.
La proposta di legge elettorale approvata dalla Camera perpetua la nomina dei deputati da parte dei capi partito, contiene un meccanismo ipermaggioritario ed è escludente verso le forze minori. Va aggiunto che ritorna la proposta di mettere il nome del candidato Presidente del Consiglio nella scheda elettorale; che non se ne parli per le elezioni europee è ovvio, non è in ballo il governo, ma alle prossime elezioni politiche ritornerà e potrebbe convenire ad altri, sia pure per ragioni diverse, insistere sul nome del “capo” nel simbolo elettorale.
Verso un presidenzialismo strisciante
In conclusione l’assetto istituzionale del nostro paese diventerebbe un presidenzialismo non dichiarato, invadendo le prerogative e il ruolo del Presidente della Repubblica, che diventerebbe poco più che simbolico. Per questo il problema del ruolo del Senato non può essere affrontato partendo dalla demagogica affermazione che con la proposta del governo si risparmierebbe il costo dei senatori. E’ un tentativo di distrarre l’attenzione dal problema centrale: a cosa deve servire il Senato ? Il problema dei costi della politica, nella misura in cui esiste, si può risolvere anche in altro modo, come del resto il Presidente Grasso ha proposto, riducendo il numero complessivo dei parlamentari.
Ricordo che negli Usa il Presidenzialismo ha contrappesi che funzionano da più di 200 anni e l’assetto istituzionale prevede anche un Senato che ha una funzione importante di tenuta dell’assetto della federazione degli stati, in equilibrio con la Camera dei rappresentanti. Entrambe le Camere sono elette, sia pure con sistemi diversi calibrati sui compiti, infatti possono dare vita a maggioranze diverse e lo stesso Presidente Usa può essere condizionato fortemente dall’assenza di una sua maggioranza parlamentare.
Se Obama dicesse come Renzi o va a casa il Senato o vado a casa io temo dovrebbe prenotare il volo di ritorno.
Non è vero che solo in Italia esistono due Camere
Questo solo per ricordare che la situazione è più complessa di come viene presentata, con posizioni demagogiche e forzature culturali prima che istituzionali, arrivando ad affermare che solo in Italia ci sono due Camere, cosa palesemente non vera.
Il governo Renzi farebbe bene a prestare attenzione ai suggerimenti che vengono dal presidente Grasso e non solo da lui. La critica alle forzature di sinistra e di destra che in passato hanno modificato l’assetto istituzionale a maggioranza non può giustificare solo la riabilitazione di Berlusconi per le modifiche istituzionali e la legge elettorale, ma deve essere tenuta presente anche in questo caso, perché potrebbe verificarsi una nuova forzatura, più grave di quelle precedenti.
La strana assonanza tra alcune idee del premier e Berlusconi
La proposta di differenziare i ruoli delle Camere è ragionevole, purché ciascuna mantenga un ambito di intervento non posticcio. Così il mantenimento di compiti comuni per le due Camere non può essere una finzione se, ad esempio, entrambe debbono eleggere il Presidente della Repubblica e i giudici costituzionali, decidere sulle modifiche costituzionali.
Per questo la proposta di fare eleggere dai cittadini entrambe le Camere, sia pure con sistemi elettorali diversi, non è affatto peregrina perché la differenziazione dei compiti non mette a rischio la funzionalità del governo in quanto solo la Camera voterebbe la fiducia al governo. Altrimenti le contraddizioni presenti nel paese, i contrasti sociali, territoriali, perfino politici, che la crisi ha così gravemente amplificato, verrebbero soffocati da una centralizzazione autoritaria ammantata di efficientismo nelle mani esclusive del Presidente del Consiglio e in questo c’è veramente una strana assonanza tra alcune idee di Renzi e di Berlusconi.
Pd a rischio approssimazione e avventurismo. I senatori possono riaprire la discussione
Il Pd è tuttora sotto l’influenza dell’esito delle primarie e la discussione interna sembra ridotta in larga misura alla presa d’atto della volontà del capo della sua maggioranza. Tuttavia è difficile credere che tutto il maggiore partito italiano possa seriamente pensare di affrontare questo passaggio epocale, di dimensione costituzionale, con approssimazione e anche un po’ di avventurismo che lo porterebbero a caricarsi la responsabilità di un risultato sbilenco e inquinato da una impostazione con un alto tasso di demagogia, tutta motivata dalla riduzione di costi.
Gli assetti istituzionali non si possono fondare sulle convenienze contingenti e sulla demagogia. E’ sperabile che i senatori, i soli che hanno oggi la possibilità effettiva di riaprire la discussione, si comportino di conseguenza. Perfino il governo ne trarrebbe vantaggio, mettendolo in condizione di evitare forzature.