ROMA – La Corte Costituzionale è composta da 15 giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrativa. Così recita l’art 135 Cost.
Un sistema che crea perfetto equilibrio tra sensibilità politica e capacità tecnico giuridica.
Ma cosa accade se, per ben quattordici volte, le Camere riunite non riescono a raggiungere il quorum richiesto per l’elezione, che dopo la terza votazione da 2/3 passa a 3/5 dei componenti? Cosa accade se in Parlamento salta l’intesa, siglata dalle maggiori forze politiche in campo, sui nomi dei due candidati alla Consulta? Accade che le istituzioni non possono svolgere le proprie funzioni. Accade che la Democrazia si ferma. Crollano i delicati equilibri su cui si fonda la politica. Diviene sempre più difficile trovare, di fumata nera in fumata nera, quella manciata di voti che mancano per l’elezione.
E allora, se FI da un lato insiste sul nome di Bruno e i democratici dall’altro non ammettono che tra i candidati vi sia un indagato, si vota scheda bianca. Quel che si tenta di salvare, oltre il nome di Violante che cadrebbe con quello di Bruno per il principio “simul stabunt, simul cadunt”, è soprattutto il patto che lega il Pd agli azzurri, sia che si tratti di riforme, sia che si tratti dell’elezione dei giudici della Corte Costituzionale. Nessun avanzamento in queste settimane: l’avversione per le “toghe rosse” di Fi e la scelta di Bruno, indagato per corruzione negli atti di un fallimento, come candidato, hanno in queste elezioni un ruolo fondamentale. Ciò che scoraggia di più in questa “situazione amara”, come l’ha definita il Presidente della Consulta Giuseppe Tesauro, è che ancora una volta sono le logiche partitiche a mettere in stallo le istituzioni, che l’interesse politico sia anteposto al bene del Paese. Sono questi giochi di palazzo tanto cari alla Prima Repubblica che logorano la fiducia dei cittadini nell’operato di un Governo che, di mese in mese, va avanti a tentoni fondando la sua (r)esistenza sull’intesa con la Destra. Per l’Esecutivo non è possibile manifestare alcun dissenso se non con il rischio di rompere i fragili equilibri istituiti dal Patto del Nazareno. Ed è per questo che si andrà avanti ad oltranza con il ticket Violante-Bruno. Ancora non è fissata la data della prossima seduta. Sarà dato dai Presidenti di Camera e Senato il tempo necessario per nuove consultazioni. L’Italia resta, così, ancora sospesa.