Il Museo civico di Zoologia di Roma, cultura scientifica e fanalini di coda (prima parte)

ROMA – dopo un decennio di discussioni infruttuose sulla Città della Scienza, l’emaciato sistema  che se ne occupava è impietosamente naufragato tra gli scogli dell’amministrazione capitolina. L’elenco delle vittime al 2021 comprendono le chiusure del Planetario, del Museo della Matematica e del Museo delle Arti Sanitarie; tra quelli agonizzanti il Museo Civico di Zoologia. Nato nel 1932, affiancò il giardino zoologico fino al 2000 col quale fu parte integrante e forse preponderante anche se meno conosciuto.

Collezioni malacologiche, collezioni entomologiche, collezioni teriologiche, collezioni ornitologiche, tra queste quella laziale di Chigi della Rovere e quella di Ettore Arrigoni degli Oddi ornitologo di fama mondiale. Questi sono solo alcuni esempi della infinita quantità dei materiali presenti; non un ultima una biblioteca specialistica comprendente pubblicazioni del XVII secolo. Collezioni provenienti da aree che spesso hanno subito profonde trasformazioni antropiche o climatiche; materiali che oggi contribuiscono concretamente a valutare gli effetti delle attività umane. Come comprendere i cambiamenti di oggi se non abbiamo le informazioni di ieri? Per citare un esempio eclatante proprio con esemplari provenienti dai musei, una ventina di anni fa, fu possibile ridefinire lo status di una lepre endemica in Italia (lepre italica o appenninica)(Palacios F., 1996. Systematics of the indigenous hares of Italy traditionally identified asLepus europaeus). Questo permise tra l’altro di evidenziare le differenze tra la distribuzione storica e la distribuzione attuale, oltre ad avviare progetti specifici di conservazione. Ma di casi analoghi dove i musei hanno fornito un contributo concreto, in Italia e nel mondo ce ne sono moltissimi. 

È bene sottolineare che tra gli obiettivi dei musei naturalistici e del Museo di Zoologia vi sono in primo luogo la conservazione e lo studio delle collezioni, oltre alla divulgazione attraverso le sale espositive e le iniziative finalizzate. Lo staff del museo cura, raccoglie, studia e mette a disposizione della comunità scientifica nazionale e internazionale i reperti per studi e approfondimenti. Il museo di zoologia oltre a rappresentare un contributo scientifico e morale, rappresenta anche un contributo culturale, aperto alla divulgazione per i fruitori e non solo per i romani. Funzioni spesso sottovalutate o confuse da amministratori e politici. Rispetto all’enfasi data al dibattito sulla  “transizione ecologica”, ci chiediamo se il significato sia stato pienamente compreso.

Come in parte anticipato, la storia del Museo di Zoologia di Roma ha visto sin dalla sua nascita la raccolta e la conservazione delle collezioni provenienti da spedizioni, da importanti studiosi e dalle università. I pezzi seicenteschi del museo Kicheriano i materiali ottocenteschi e tutte le collezioni anche le più recenti, soffrono l’assenza di un tassidermista preparatore. L’ultimo, pensionato ormai da tempo non è stato sostituito. Di queste figure specializzate ne servirebbero almeno tre, senza le quali qualsiasi intervento conservativo su materiali e collezioni è impensabile. Lo strumento della donazione e dell’acquisizione, associato ad una complessa procedura burocratica più che scientifica, viene messo in crisi dalla mancanza di spazi, di personale ed d’interesse. Come conservare ad esempio i materiali in comodato d’uso dell’Istituto di Zoologia della Sapienza di Roma, la monumentale la collezione di molluschi Monterosato, la stessa collezione Arrigoni degli Oddi senza un tassidermista? Come si pensa in futuro di assicurarne l’accesso a studiosi italiani e stranieri?

Forse è giunto il momento che amministratori e Comune di Roma considerino tra gli obiettivi culturali uno spazio per le scienze naturali. Innalzare il vessillo della conservazione della natura  depotenziandone gli strumenti scientifici, non rappresenta solo una contraddizione. Citando l’ex direttore dei musei scientifici di Roma “ … il fortissimo deficit di cultura naturalistica di base impedisce alle persone, anche a quelle di livello culturale più elevato, di rendersi pienamente conto di come si sia giunti al drammatico livello attuale di crisi ambientale.” (Vincenzo Vomero, 2021; Lettera al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio sul recovery found). A questo si aggiunga che termini come “biodiversità” (stricto sensu) o “processo ecologico” (non ecologista) in Italia entrano a stento nella formazione scolastica. Il Museo di Zoologia di Roma è una di quelle strutture scientifiche che rappresentano quella miniera di informazioni indispensabili per i confronti con la natura e la faune del passato e non solo per l’Italia. Ma quante scelte discutibili o poco avvedute hanno condotto alla situazione attuale? È solo un problema legato alla carenza di personale?

(Prima parte) Ha contribuito all’articolo Spartaco Gippoliti

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